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Decreto semplificazioni: non si sviluppa la conoscenza a costo zero

Il decreto non rende facili le cose difficili. Bisognerà aspettare i decreti applicativi per capire l'esatto punto di approdo di questo provvedimento. Per la FLC CGIL un testo da emendare.

06/02/2012
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Presentiamo ai nostri navigatori un primo commento sul decreto semplificazioni e sviluppo approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 3 febbraio con l'avvertenza che si tratta un commento basato sulla lettura di un testo non ancora ufficiale.

Dopo molto annunci roboanti da parte dello stesso governo ci troviamo davanti ad un provvedimento sconfortante sotto molti punti di vista.

Per la scuola, le misure in esso contenute non semplificano il caos normativo prodotto dalla gestione Gelmini, ma al contrario confermano punto per punto i tagli fatti finora, come testimoniano i riferimenti ossessivi all'art. 64 della legge 133/08.
Non c'è nessuna certezza che le ricorse, poche, a disposizione della scuola dell'autonomia saranno certe e non tagliabili al primo settembre di ogni anno. Un provvedimento che porta ancora una volta il segno del decisionismo ministeriale, lontano, lontanissimo dalla cultura del lavoro a rete e progettuale dei nostri settori.
Molto negativo e poco coerente con il principio della semplificazione il fatto che il decreto faccia un continuo rinvio a decreti successivi che rendono impossibile una puntuale valutazione sull' esatto punto di approdo di questo provvedimento.
Si vuole mettere mano in profondità (organico funzionale, reti di scuola, sistema dei finanziamenti, valutazione) al sistema scolastico per decreto, senza dare voce alle scuole, senza coinvolgere le rappresentanze sindacali. Tutto si riduce ad un mero confronto amministrativo e istituzionale tra Miur, Mef e Conferenza Unificata.

Non mancano gli aspetti negativi anche su università e ricerca e qualche aspetto positivo.

Appena sarà pubblicato il testo definitivo ritorneremo con un commento puntuale, ma se le misure fin qui commentate saranno confermate prepareremo una serie di emendamenti al fine di ottenere dei cambiamenti significativi in sede di conversione in legge.

Abbiamo fatto al Ministro Profumo proposte precise su scuola, università, ricerca e AFAM chiedendo di discuterle con il sindacato. I nostri settori hanno bisogno di soluzioni utili per l'uso efficiente delle risorse, la semplificazione amministrativa e investimenti per migliorare la qualità dell'intera struttura formativa del Paese.

Di seguito il nostro primo commento argomento per argomento.

Scuola

Autonomia. È prevista l'istituzione dell'organico funzionale e delle reti di scuola ma si tratta di semplici dichiarazioni programmatiche, dal momento che per la loro realizzazione si fa rinvio ad un successivo D.I. e non c'è alcun riferimento a risorse aggiuntive. Ci sarà un organico di istituto per docenti, educatori e ATA assegnato sulla base di esigenze funzionali tali da garantire l'integrazione degli alunni diversamente abili, lo sviluppo delle eccellenze, il recupero e le supplenze, ma a condizione che non ci siamo costi aggiuntivi per lo Stato.
L'organico cosi attribuito avrà durata triennale, ma potrà essere rimodulato sulla base di esigenze annuali (?).
Le reti di scuola, peraltro già previste dal regolamento sull'autonomia, diventano obbligatorie per gestire risorse finanziarie, strumentali e umane. Poiché non è prevista nessuna risorsa aggiuntiva per la gestione della rete questa ricadrà, ancora una volta, su i soliti noti (dirigenti scolastici, DSGA e assistenti amministrativi) che subiscono un ulteriore aumento dei carichi di lavoro.

Risorse finanziarie. I criteri di assegnazione dei fondi alle scuole saranno rivisti, previo avvio di un progetto sperimentale, fermo restando le attuali regole di contabilità (?).

Sistema nazionale di valutazione e Invalsi. Ennesimo intervento sul sistema nazionale di valutazione: Invalsi dovrà assicurarne il coordinamento funzionale (?). Ci pare che la bozza di decreto confermi l'approccio confuso sul tema della valutazione di sistema, che sicuramente non può essere affidato ad interventi estemporanei e frammentari, effettuati tra l'altro a costo zero.
Ancora: si stabilisce la partecipazione delle scuole, come attività ordinaria d'istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti, con la precisazione che essa avviene nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.
Questo punto evidenzia un atteggiamento fortemente autoritario che non ci trova assolutamente d'accordo: in tal modo si vuole depotenziare il ruolo del collegio dei docenti e la stessa autonomia scolastica. Resta inoltre l'altro aspetto che noi avevamo fortemente criticato: continuare a chiedere alle scuole di aumentare i carichi di lavoro per il personale senza alcun passaggio attraverso la contrattazione e senza risorse aggiuntive.

Istruzione tecnico-professionale e ITS. Si rimandano ad un successivo decreto ministeriale le misure per coordinare l'offerta territoriale dei tecnici, professionali e IeFP e per la costituzione dei poli tecnico-professionali. Stesso rinvio per le misure finalizzate a coordinare i percorsi degli istituti tecnici superiori (ITS) e per semplificare i loro organismi. Registriamo forti perplessità sulle misure finalizzate alla promozione dei percorsi in apprendistato: condividiamo l'obiettivo di far rientrare in formazione i giovani, ma la norma, se sarà confermata nel testo definitivo, è una promozione tout court di tali percorsi e a tal proposito la FLC Cgil ha più volte affermato la propria netta contrarietà all'adempimento dell'obbligo di istruzione in apprendistato.

Edilizia scolastica. Stanziati 100 milioni di euro per la modernizzazione dell'edilizia scolastica. Le finalità delle misure sembrano positive, anche se molti richiami contenuti nel decreto esistevano già sotto la competenza degli Enti Locali che decidono attraverso i propri piani regolatori. Anche in questo caso per capirne di più bisognerà aspettare che il Cipe approvi un Piano Nazionale di edilizia scolastica dopo averlo trasmesso alla Conferenza unificata. Tempi previsti per 90 giorni dalla data di pubblicazione del decreto.

Università e ricerca

Il decreto introduce alcune correzioni alla legge 240/10 di riforma dell'università. Si tratta per lo più di interventi, la maggior parte scarsamente rilevanti, che confermano comunque l'impianto negativo della legge. In particolare vengono nuovamente liberalizzate le docenze a contratto che, ferma restando l'alta qualificazione, possono essere concesse a tutti. Quindi, in sostanza, si prende atto dell'impossibilità di mantenere in piedi i corsi senza ricorrere ai contratti di collaborazione (a proposito di contratto unico…).

Si impedisce, inspiegabilmente, la mobilità per i ricercatori a costo zero tra le sedi e si rende più difficile quella che nasce da ragioni oggettive adesso ammissibile solo in caso di soppressione della sede e non più di un corso.

Positivo invece che anche il personale tecnico amministrativo a tempo determinato possa partecipare ai progetti di ricerca.

Assolutamente incredibile la modalità di introduzione della figura del tecnologo già presente negli enti di ricerca. Per prima cosa non si comprende la ragione per cui sia prevista solo a tempo determinato. La durata minima è 18 mesi, non esiste una durata massima (ma si presume in linea con la normativa sui contratti a termine) e può essere prorogato per una sola volta per non più di 3 anni.
La cosa però che sconcerta è l'attribuzione della potestà regolativa su questa fattispecie ai regolamenti di ateneo mentre nel contempo si utilizza come riferimento il contratto collettivo nazionale per la definizione della retribuzione.
Questa è la prova definitiva che la legge 240/10 ha cancellato la tutela della legge per sostituirla con la deregolamentazione più assoluta.

Positive le norme in materia di ricerca industriale nella misura in cui consentono di facilitare i rapporti istruttori e la gestione dei progetti con la individuazione di un capofila. Anche la parte sulla variazione e rimodulazione del progetto rappresenta certamente una flessibilità utile.
La norma rafforza la capacità di finanziamento e di garanzia su progetti in vista del VII programma quadro cercando di favorire le reti tra imprese ed enti.

La semplificazione della normativa sulla valutazione dei progetti per ricerca di base è anche essa prevalentemente positiva. Viene favorita la valutazione ex post ma il problema resta quello dello risorse. il vero punto debole.