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Le proposte alternative dello PSOE in opposizione alla controriforma della scuola

Spagna, Giugno 2002

13/06/2002
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LE PROPOSTE ALTERNATIVE DELLO PSOE IN OPPOSIZIONE ALLA CONTRORIFORMA DELLA SCUOLA

Mentre il parlamento spagnolo si appresta a discutere la nuova legge di riforma del sistema scolastico (Ley de Calidad), il partito socialista spagnolo, che, insieme alle organizzazioni sindacali, all’associazione dei genitori laici e ad altre forze politiche, ha costituito un cartello d’opposizione alla legge in discussione, ha varato una serie di proposte alternative per il miglioramento della qualità della scuola spagnola.

Tra le diverse proposte si prevede la possibilità per tutte le scuole di gestire tre ore settimanali aggiuntive per gli alunni con difficoltà d’apprendimento, un’ora giornaliera di lettura, la riduzione delle materie nelle prime due classi dell’ESO (le due classi successive ai sei anni di scuola primaria) e l’offerta di curricoli diversificati per gli alunni con difficoltà.

Inoltre, il pacchetto di proposte dello PSOE prevede di ampliare i posti del primo ciclo di Scuola dell’Infanzia, di ridurre a 15 il numero d’alunni per classe nelle zone con forti problemi sociali ed aumentare il numero d’insegnanti per consentire la rottura del gruppo classe. Un’altra proposta è quella di dotare le scuole di maggiore autonomia organizzativa e didattica e nella gestione delle risorse economiche e del personale.

Per quanto riguarda le scuole private convenzionate, si vincolano le risorse pubbliche al rispetto delle norme in vigore nelle scuole statali, soprattutto per quanto riguarda la non discriminazione delle iscrizioni.

Sul fronte del personale lo PSOE propone il mantenimento dell’attuale normativa per l’elezione dei capi d’istituto (attualmente sono scelti dal consiglio di scuola) e il varo di uno Statuto della Funzione Docente, che stabilisca un sistema retributivo che includa incentivi professionali, piani di formazione del personale (inclusi periodi sabbatici), meccanismi di promozione dei docenti fino ai livelli universitari e rinnovo generazionale del corpo docente, generalizzando il pensionamento volontario a 60 anni.

Tale pacchetto di proposte verrebbe avallato attraverso una legge di finanziamento straordinario che ne garantisca l’applicazione in tutte le autonomie locali. Inoltre, lo PSOE si è espresso a favore di un aumento della spesa pubblica per l’istruzione, passando dall’attuale 4,44% del PIL al 5,12%, cioè la spesa media dei paesi dell’Unione Europea.

"Concorsone" in salsa iberica. Anche in Spagna l'idea di sfornare una categoria di "superprofessori" minaccia di sfociare in una contestazione generale come quella che da noi due anni fa riguardò il cosiddetto "concorsone". Questo è almeno quello che si desume da un articolo del quotidiano El Paìs di lunedì 24 giugno che annuncia l'uscita di un manifesto firmato da 900 docenti della capitale spagnola contro la creazione del nuovo corpo dei "catedraticos" previsto dalla riforma scolastica, che il governo Aznar si appresta a varare sotto la denominazione ambiziosa di Ley de Calidad ( legge di qualità).

Per la verità i "catedraticos" erano un corpo già esistente nella docenza spagnola, ma la loro presenza era puramente formale, una sorta di onorificenza finale ai docenti al massimo della carriera. Ora però il governo li vuole trasformare in figure superiori da assumere al 50% per concorso interno e al 50% per concorso esterno direttamente tra i neolaureati. A loro dovrebbero toccare una serie di compiti come la direzione dei dipartimenti, dei progetti, della formazione degli altri docenti ma soprattutto gli insegnamenti del "bachillerato" , vale a dire i due anni terminali liceo spagnolo (in Spagna la scuola secondaria è divisa in un quadriennio inferiore obbligatorio dai 12 a i 16 anni e in un biennio superiore dai 16 ai 18).

Il coordinamento madrileno (coordinamadrid@yahoo.es) contesta appunto il privilegio accordato a queste figure nell'impiego nel biennio superiore della secondaria o a capo dei dipartimenti, sostiene che la scelta introdurrà competizione nei collegi dei docenti, che non è chiaro come saranno distribuiti sul territorio nazionale, col rischio che ci siano scuole con più "catedraticos" di altre o che il passaggio nel nuovo corpo comporti la perdita delle sede, paventa un dimezzamento dei posti per i passaggi interni a favore dei neolaureati. Insomma anche nel caso spagnolo sembra di rivedere un film già visto.

L’ombra della “germanizzazione” . Il dibattito tedesco sull’inchiesta dell’O.C.S.E. denominata P.I.S.A. non poteva non avere immediate ripercussioni anche in Spagna, paese che, secondo l’inchiesta, starebbe un po’ meglio della Germania, ma comunque si colloca in un’area sotto media, insieme all’Italia. Se non che la Spagna, come la Germania, ha proceduto ad una piena regionalizzazione del sistema scolastico affidandone la gestione alle Comunità Autonome. E, sotto l’egida della cosiddetta Ley de Calidad, biglietto da visita del governo di destra, si appresta a introdurre percorsi di canalizzazione precoce per gli alunni della secondaria inferiore, sulla base dei risultati scolastici.

Ma mentre la media O.C.S.E. indica un 62% di persone tra i 25 e i 65 anni che hanno raggiunto un livello di studi secondario superiore, in Spagna sono solo il 25%. E se l’inchiesta ha stabilito che gli investimenti nell’educazione producono uno scarto del 17% nel rendimento degli alunni, la Spagna contempla un investimento al di sotto della media a cui si ha ragione di sospettare che corrisponda il differenziale di rendimento degli alunni.

Nello stesso tempo mentre la Germania ha una delle più alte variazioni di rendimento in relazione al contesto socioculturale di provenienza degli alunni, in Spagna si verifica su questo piano uno dei risultati più ridotti. La qual cosa è stata sufficiente per convalidare le denunce anti-segregazioniste dell’opposizione al governo di Aznar e a spingerla sostenere con più determinazione che la scuola spagnola ha bisogno non di percorsi separati tra gli studenti, ma di un maggior finanziamento, di una miglior formazione degli insegnanti, di una gestione degli istituti scolastici più autonoma e meno dipendente dalle amministrazioni regionali, di un tempo scuola più lungo.