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“Prevenire e combattere la violenza a scuola”. Conferenza conclusiva della ricerca realizzata dall’ETUCE/CSEE

Nella Conferenza, svoltasi a Sofia il 9 e 10 giugno 2008, docenti, psicologi e sindacalisti del settore educativo di 24 paesi europei hanno affrontato i temi dello stress e della violenza nei luoghi di lavoro e nella scuola. Nel dibattito emerge l’importanza di un ruolo propositivo del sindacato.

16/06/2008
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La Conferenza ha iniziato i propri lavori con la presentazione di una ricerca svolta in 31 paesi europei per monitorare il fenomeno delle violenze sul lavoro (verbali, fisiche, molestie sessuali), analizzare e confrontare gli interventi legislativi, valutarne le conseguenze per l'individuo ma anche per la società. Mobbing, molestie e bullismo riguardano il 10% dei lavoratori, più nel settore pubblico che in quello privato (se si considera anche la violenza esercitata da terzi ) e la scuola, in particolare, ha un alto livello di esposizione alla violenza: gli insegnanti sono in modo crescente esposti alla violenza da parte di studenti e genitori. La soluzione a tale problema non può, però, essere affrontata al solo livello individuale, ma di tutta l'organizzazione del lavoro, anche perché le conseguenze sono collettive, ad es. a scuola l'aumento della violenza sta portando al pensionamento precoce dei docenti e all'assenteismo. Se non esistono soluzioni univoche e sempre valide, l'importante è non eludere il problema attraverso la prevenzione, l'individuazione e valutazione del rischio e la verifica dell'efficacia di quanto fatto. Importante anche la formazione dei docenti e dei capi di istituto a gestire i conflitti, e non lasciare sola la vittima, non dare come soluzione l'abbandono della scuola.

Il contributo del paese ospitante, la Bulgaria, ha poi messo in evidenza un quadro comune a molti paesi dell'Est Europeo, paesi in transizione in cui l'educazione fa da specchio e collettore alle contraddizioni di una società in cui aggressività e violenza sono in aumento e dove i giovani pagano l'implosione della famiglia, uno sviluppo economico selvaggio, l'aumento della competitività. I gruppi di approfondimento hanno ripreso e concretizzato in proposte le problematiche emerse:

  1. occorre investire di più nella formazione dei docenti, in particolare corsi che formino a gestire i conflitti;

  2. occorre aumentare la collaborazione, l'interazione fra genitori e docenti, continua e non limitata ai momenti di crisi, che incida nelle scelte pratiche;

  3. occorre premere sui governi che spesso negano il problema, lo sottovalutano, tendono a nasconderlo, a ridurlo a casi eclatanti e sporadici, principalmente perché non vogliono spendere;

  4. la legislazione deve essere adeguata ai cambiamenti sociali e ai nuovi problemi, il docente deve potersi difendere dagli studenti e dai genitori violenti.

Un secondo aspetto affrontato nella conferenza è stato l'accordo quadro sullo stress sul posto di lavoro dell'ottobre 2004 e dell'accordo quadro su molestie e violenza sul lavoro firmato il 26 aprile 2007 da sindacati e datori di lavoro, dopo un negoziato durato 10 mesi.

Roland Gaulthy, ETUI-REHS (Salute e sicurezza), ha ricordato come sia stato faticoso coinvolgere i datori di lavoro e come un punto forte dell'accordo sia proprio la loro firma, l'aver ottenuto che riconoscessero che è anche responsabilità dei datori di lavoro cercare di limitare il fenomeno. Violenze e molestie devono essere viste come un problema collettivo e non individuale, legate anche al contesto, e quindi all'organizzazione del lavoro. E' importante l'aver messo in calce un richiamo alle principali fonti legislative europee, sia pure non esaustivo, aver allargato la visione a violenze esercitate da persone estranee al luogo di lavoro (clienti, consumatori), l'aver ottenuto la tolleranza zero, l'obbligo di assumere uno psicologo e un esperto esterno per gestire i problemi. La lista delle azioni da reprimere non è esaustiva, ancora molto resta da fare, e il testo dell'accordo deve tradursi in accordi specifici di settore, in modo che sia concretamente applicabile (è un accordo, non una legge, ciò significa che non è immediatamente esigibile, è una guida per l'azione, ma anche un punto di non ritorno). Martin Rømer, segretario generale dell'ETUCE/CSEE ha, infine, illustrato il Piano d'azione dell'Etuce per prevenire e ostacolare la violenza nella scuola, che si concluderà nel 2010. Nel 2000 il 4% dei lavoratori della scuola ha subito violenza, il 12% ha subito intimidazioni (bullying o mobbing), l'11% ha subito attacchi fisici negli ultimi 12 mesi. Ribadisce che l'accordo europeo è una opportunità, ma deve essere calata nelle varie realtà nazionali e territoriali per diventare pratica di lavoro e di intervento, per salvaguardare alunni e docenti. Il prossimo passo devono essere negoziati dei sindacati (nazionali ma anche regionali) coi datori di lavoro, la creazione di Comitati settoriali di dialogo sociale. Occorre soprattutto battere la pratica tipica delle scuole di rimuovere il problema, di allontanare dalla scuola la vittima; spesso l'autorità reagisce con fastidio, preferiscono non sapere, invece occorre informarle, costringerle a prendersi le loro responsabilità, informare le vittime dei loro diritti. Le scuole devono essere rese sicure, il problema va affrontato, non rimosso. Fondamentale il coinvolgimento dei capi di istituto, coinvolgerli nella prevenzione, sviluppare in ciascuna scuola la capacità di intervenire autonomamente nella prevenzione, che significa informare, formare e coinvolgere nelle scelte l'intera comunità, studenti, docenti o altro personale, genitori ma anche autorità locali, perché il problema non è mai solo ristretto alla scuola. I gruppi di lavoro sull'argomento hanno posto alcuni suggerimenti pratici:

  1. occorre un approfondimento sul tema della violenza ai docenti, visto che siamo sindacato, anche degli aspetti legali, ma anche della possibilità di coinvolgere servizi sociali, genitori ecc., la polizia;

  2. il docente deve avere l'autorità non solo di difendere se stesso ma anche i bambini dalla violenza nella famiglia e da parte dei coetanei;

  3. il fatto che tutti i tipi di famiglia sono a rischio deve portarci a rivedere l'analisi delle cause (non solo ambienti familiari degradati);

  4. deve passare il concetto di responsabilità del capo di istituto e del supporto alla vittima dopo la violenza;

  5. quanto incide il precariato sulla scarsa presa sugli studenti?

  6. il sindacato deve farsi maggiormente carico di proporre soluzioni;

  7. anche le famiglie devono essere aiutate;

  8. occorre definire standard europei per tutti i problemi e tendere a raggiungerli.

Roma, 16 giugno 2008