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...e poi dicono che siamo prevenuti!!

Alcune persone, anziché pronunciarsi nel merito delle nostre proposte e argomentazioni, si limitano a dire che la Cgil Scuola è pregiudizialmente contraria a questo Governo e che le posizioni che esprime sono di natura politica e non di natura sindacale

26/09/2001
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Alcune persone, anziché pronunciarsi nel merito delle nostre proposte e argomentazioni, si limitano a dire che la Cgil Scuola è pregiudizialmente contraria a questo Governo e che le posizioni che esprime sono di natura politica e non di natura sindacale.
Ogni volta che questo accade non possiamo fare a meno di notare che è molto più semplice buttarla in ....politica piuttosto che risponderci nel merito.
Non a caso ci picchiamo di ricordare, su molti argomenti, come posizioni sostenute ora siano uguali a posizioni sostenute con i precedenti governi perchè, per noi, gli obiettivi non cambiano a seconda dei governi.
Ma non è su questo che vogliamo intrattenere i nostri navigatori.
Piuttosto, nel pubblicare l'articolo del Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca apparso oggi su "Il Sole 24 ore", vogliamo augurare buona lettura a quanti ci accusano di essere prevenuti.
Infatti, il miglior testimonial che le nostre posizioni sono di merito è il Ministro stesso!
Riassumendo, dalla lettura dell'articolo riportato sotto apprendiamo:
a) che in un paese democratico (ndr:sic!) pubblico e privato devono collaborare;
b) che la nostra Costituzione sarebbe stata modificata di fatto con l'ingresso nella UE;
c) che la competizione è fra sistemi;
d) che la riforma dell'istruzione mirerà ad un sistema duale;
e) che si istituiranno, fra i tanti consorzi ipotizzati nell'articolo, anche consorzi di presidi e che aziende private potranno gestire le strutture scolastiche ed altro;
f) che le spese per il personale, nel bilancio del Ministero, devono essere ridotte del 15% in 5 anni (circa 10.000 miliardi in meno).
Noi abbiamo criticato e critichiamo il governo perchè vuol privatizzare l'istruzione e perchè non vuole investire nell'istruzione, come invece hanno convenuto i governi europei.
Dalla lettura dell'articolo traiamo conforto sulla fondatezza delle nostre critiche ed avvertiamo sempre più insistente l'esigenza di una forte e rapida risposta del sindacalismo democratico e di quanti vogliono UNA BUONA SCUOLA PER TUTTI.

"Il Sole 24 ore" di Mercoledì 26.09.2001

SCUOLA STATALE O PRIVATA, PURCHE' PRODUTTIVA
di Letizia Moratti

L'istruzione è il più prezioso "bene d'investimento" di cui disponiamo per realizzare politiche economiche e sociali in grado di sostenere la crescita e lo sviluppo futuri della società italiana. Le decisioni che prenderemo nei prossimi mesi sulle politiche dell'educazione hanno perciò una rilevanza strategica. Per poter assumere decisioni politiche di tale importanza, quali quelle che l'eccezionale gravità della situazione impone, occorre tuttavia formare un campo d'opinione concorde su alcuni principi di fondo. Il primo dei quali è che, in un Paese democratico, pubblico e privato devono collaborare nella realizzazione di un sistema educativo integrato. Una visione integrata e aperta del sistema dell'istruzione risponde ai principi di sussidiarietà.
Principi che il Parlamento italiano, aderendo al nuovo ordinamento della società europea, ha votato e reso principio di natura costituzionale.
Dal principio di sussidiarietà discende poi un altro fondamento teorico: mi riferisco al principio di competizione che deve ispirare l'intera macchina educativa nel raggiungimento di più elevati livelli di efficienza. Nessuna scuola è o sarà mai uguale all' altra; ma tutte le scuole, quelle statali e quelle private, posson9 migliorare sottu lo stimolo della competizione.
Vi è, tra i molti, un possibile punto di incontro tra scuola statale e non statale che merita di essere approfondito ed è quello della partecipazione a progetti europei, dell'accesso a finanziamenti del Fondo sociale europeo, dell'integrazione tra scuola e formazione professionale. Con l'autonomia scolastica (ma anche negli anni precedenti, nel filone tecnico e professionale) e con l'ampliamento delle competenze comunitarie in materia di istruzione si è creato un nuovo mercato della formazione che tende da tempo a sfumare i confini tra pubblico e privato, e tra sistemi regionali e nazionali d'offerta. Si pensi a tutti i percorsi integrati - nell'istruzione secondaria e in quella post secondaria che vedono lavorare insieme scuole pubbliche e private così come agenzie formative di natura privatistica (sindacale, confessionale...). Ebbene, occorre assumere iniziative che accelerino e consolidino questo processo per ora soltanto sperimentale.
Pensiamo a strutture pubbliche che possano partecipare, come già in numerosi casi avviene, a bandi di gara per reperire finanziamenti aggiuntivi; pensiamo all'adozione di forme organizzative diverse: scuole con certificazione di qualità, consorzi di 'scuole, consorzi di presidi, associazioni temporanee d'impresa per specifici, progetti. Si tratta di sperimentazioni già avviate da quasi dieci anni e che si sono diffuse nella pratica fino a delineare ormai un chiaro" distacco tra scuola 'formale" e scuola reale. La scuola italiana non è più soltanto quella che 'appare rappresentata nella proiezione istituzionale, politica e mediatica. Accanto a questa scuola c'è una scuola migliore, viva e dinamica. La scuola "reale" rappresenta una ricchezza sulla quale si può lavorare con pragmatismo prima di pensare a una nuova, l'ennesima, riforma del sistema.
Questo distacco tra scuola "formale" e scuola "reale", ci suggerisce l'opportunità di un intervento governativo che favorisca l'individuazione di un modello di "scuola-comunità produttiva", là dove ne esistono già i germi. Non si tratta evidentemente di adottare aprioristicamente forme di "aziendalizzazione" della scuola pubblica, ma di puntare su un modello aperto e integrato di scuola all'interno del quale strutture pubbliche e private possano collaborare e competere in base ai loro piani di offerta educativa e formativa, garantendo a tutti un'effettiva libertà di scelta.
Più privato per il pubblico, dunque. Se è vero che il sapere è una risorsa, forse la più importante risorsa nel mondo moderno, l'impresa privata deve trovare proficuo e vantaggioso investire nella scuola. L 'esperienza fatta in altri Paesi, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, può essere un utile indicazione. Per esempio, nel chiamare aziende private a gestire le strutture scolastiche pubbliche, i servizi di base, le attrezzature didattiche, gli apparati tecnologici. Oppure, per quanto riguarda le scuole professionali, chiamando le imprese, le aziende artigiane, le associazioni di categoria a partecipare alla gestione di istituti che hanno per scopo di preparare i lavoratori di cui esse hanno bisogno. E infine coinvolgendo le organizzazioni no profit e il volontariato che possono svolgere ruoli molto significativi.
Non è tuttavia facile migliorare una scuola, come non sarebbe facile migliorare un' azienda ove il 95% dei ricavi andasse a coprire i soli costi del lavoro e soltanto il 5% fosse destinato alla copertura delle spese per investimenti. E necessario dunque puntare sull'obiettivo di abbassare tale peso all' 50% nei prossimi cinque anni liberare risorse per investimenti sulle, strutture, sulla formazione dei docenti, sul miglioramento dell'offerta formativa. Occorre. infine, coordinare gli interventi, per esempio nei campi dell'edilizia scolastica, delle nuove tecnologie, del diritto allo studio, mettendo ordine nella pluralità delle competenze in materia di finanziamento del sistema scolastico oggi divise tra Regioni, Province, enti locali, e aprendo un flusso, informativo più efficace con ciascuna delle fonti di finanziamento.
Intendiamo con ciò, da un lato, favorire un processo di moltiplicazione di istituti scolastici che, anche attraverso strutture societarie, offrano servizi e catturino risorse e, dall'altro, individuare e verificare possibili nuove forme di collaborazione, non episodica, tra mondo della scuola e sistema privato. Una possibile strada è quella di aprire una riflessione per discutere modalità e finalità di una collaborazione organica e di lungo periodo con le ex Fondazioni bancarie. Nel quadro della manovra per il 2002, l'istruttoria è stata aperta dal Governo all'ipotesi di un impegno delle Fondazioni nel finanziamento delle grandi opere oppure in settori come la sanità già previsti dalle loro attività istituzionali. Si potrebbe ora pensare di allargare il quadro degli interventi possibili al campo dell'edilizia scolastica, un annoso problema che rischia di restare irrisolto, ove sarebbe più agevole ricercare con le Fondazioni formule di "project financing". L'edilizia scolastica è oggi l'infrastruttura più debole e obsoleta del nostro sistema educativo ed è difficile immaginare come reperire le ingenti risorse necessarie nell'ambito del bilancio pubblico.
In conclusione, lo scenario che abbiamo di fronte impone un orientamento del tutto nuovo nel modo di concepire il problema dell'istruzione e della formazione. Così come lo Stato non può più da tempo assicurare lo sviluppo e il benessere del Paese se non favorendo la crescita di forze private, allo stesso modo lo Stato dovrà ripensare al proprio ruolo nell'istruzione, nella formazione e nella ricerca che di una prospettiva di crescita economica e stabilità sociale sono la condizione indispensabile, favorendo I'affermarsi di una pluralità di energie e di offerte.

26 settembre 2001