Elezioni CSPI, si vota il 7 maggio 2024

Home » Attualità » Precari: la Corte di Giustizia Europea rafforza la via della stabilizzazione

Precari: la Corte di Giustizia Europea rafforza la via della stabilizzazione

Ora è necessario rilanciare l’iniziativa politica al fine di ottenere risposte legislative. Il testo dell’ordinanza del 12 dicembre 2013.

31/01/2014
Decrease text size Increase  text size

La Corte di Giustizia Europea si è recentemente pronunciata con ordinanza su un caso italiano (Papalia vs Comune di Aosta che rimette in discussione una consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione. Quest'ultima ha spesso respinto il ricorso dei lavoratori pubblici contro l'abuso dei contratti a termine, negando sia la stabilizzazione come sanzione nei confronti del datore di lavoro che il risarcimento del danno in quanto graverebbe sul lavoratore stesso l'onere di provarne la sussistenza.

La domanda del giudice del rinvio - il tribunale di Aosta appunto - alla Corte di Giustizia è limitata alla verifica se la normativa italiana così interpretata dalla Cassazione sia conforme alla direttiva europea sui contratti a tempo determinato nella parte in cui prescrive adeguate sanzioni contro gli abusi.

La Corte di Giustizia, confermando una lunga giurisprudenza in materia, precisa che la direttiva non stabilisce un obbligo generale per stati membri di prevedere la trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, lasciando quindi un elevato margine di discrezionalità.

Tuttavia, una normativa nazionale che vieti la trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, come quella italiana, per essere conforme all'ordinamento comunitario deve prevedere un'altra misura adeguata a sanzionare l'utilizzo distorto di queste fattispecie contrattuali.
Infatti, se l'ordinamento comunitario non prevede sanzioni queste devono essere adottate dal diritto nazionale ed essere adeguate e proporzionate al fine di fungere anche da deterrente nei confronti dell'abuso.

Nell'ordinanza ​Papalia il punto su cui insiste la Corte di Giustizia è quello della prova del danno il cui onere, secondo l'interpretazione della nostra Corte di Cassazione, graverebbe in capo al lavoratore pubblico: si dovrebbe in sostanza dimostrare che la successione di contratti a termine ha precluso migliori opportunità di lavoro.

La novità dell'ordinanza sta nel fatto di contestare proprio questa impostazione sostenendo che si tratterebbe di una probatio diabolica che nessun lavoratore può in sostanza produrre o quasi. In più la Corte di Giustizia afferma che esiste un contrasto tra la normativa interna e quella comunitaria nella parte in cui, sempre secondo la nostra Corte di Cassazione, la prima subordinerebbe il diritto alla trasformazione a tempo indeterminato del contratto a tempo indeterminato nei settori pubblici all'obbligo di fornire la prova di aver perso migliori opportunità di impiego.

Tuttavia la Corte di Giustizia subito dopo questa affermazione, in modo pilatesco come già avvenuto in passato per vertenze di altri stati membri, rinvia la decisione su questo eventuale contrasto al giudice del rinvio e quindi alla giurisprudenza italiana.

Un punto importante emerge in questa vertenza su cui la CGIL sta rilanciando a livello confederale l'iniziativa politica fondandola su nuovi elementi di diritto: si conferma definitivamente l'illegittimità della normativa italiana e si rafforza la via che la Commissione Europea sta intraprendendo di sanzionare il nostro governo. L'ordinanza sembra infatti favorire denunce già pendenti presso la commissione come quella dei precari scuola. Nel procedimento avviato dalla commissione, di cui si attende tra pochi mesi (entro l'estate) la definizione, sono confluite tutte le denunce dei precari del pubblico impiego e della ricerca rispetto alla stabilizzazione. La commissione ha infatti deciso di unificare le diverse procedure attivate, da ultimo una specifica sollevata per INGV, quindi la decisione avrà effetto per tutto il pubblico impiego.

L'ordinanza consolida inoltre la nostra tesi per cui la legge 125/13 non risolve i problemi al governo perché la normativa italiana si conferma illegittima necessitando di modifiche. A questo punto l'unica possibile risposta che lo Stato italiano può dare per evitare le sanzioni comunitarie è la ripresa di vere stabilizzazioni.

Sul piano delle vertenze individuali, già da tempo avviate dalla FLC CGIL l'ordinanza non comporta alcun effetto automatico, rinviando comunque al giudice interno la decisione di come sciogliere il nodo del tipo di sanzione da applicare per gli abusi. Avrà comunque una rilevanza misurabile già nelle cause pendenti proposte dai lavoratori certamente sul risarcimento del danno spesso negato sulla base della citata giurisprudenza della cassazione mentre da verificare rispetto alla richiesta di stabilizzazione proprio per il margine di discrezionalità lasciato dall'ordinanza.

Con le prime pronunce si capirà l'orientamento della nostra giurisprudenza.
I nostri uffici legali sono sempre a disposizione come del resto avvenuto in questi anni in cui moltissime vertenze sono state avviate.
Per quanto riguarda eventuali termini per la tutela dei propri diritti, il legislatore nazionale è intervenuto con la legge 183/2010 ed in particolare con l'art. 32 comma 4 lett. b) stabilendo che il lavoratore avrebbe dovuto impugnare i contratti già scaduti in via stragiudiziale entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge (23 gennaio 2011) ed un successivo termine di 270 giorni per intraprendere l’azione giudiziale.
A seguito di alcune modifiche, pur in presenza di diverse interpretazioni, è stato prorogato il termine di 60 giorni portando la decorrenza dal 31 dicembre 2011.

Con riferimento ai contratti sottoscritti successivamente all’entrata in vigore della suddetta legge, bisognerà rispettare il termine sopra indicato (60 giorni) al fine di poter avanzare qualunque pretesa derivante dai contratti a termine.

La recente giurisprudenza ha confermato che i termini previsti dalla legge Fornero trovano applicazione anche nei confronti del personale del pubblico impiego e, pertanto, salvo interventi successivi di rimessione della questione alla Corte Costituzionale ovvero interventi della Corte di Giustizia, la situazione attuale rende opportuno procedere nel senso sopra indicato.