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Manovra: pensioni, l'equità che non c'è

Si interviene sui diritti acquisiti, bloccato l'adeguamento all'inflazione delle pensioni medio basse, nessuna idea di prospettiva per i giovani, penalizzate le donne. In una tabella il riepilogo dei provvedimenti così come riportati nel testo dell'attuale decreto Monti.

08/12/2011
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Ancora una volta si fa cassa con le pensioni.
Ancora una volta si interviene sui diritti acquisiti in materia pensionistica e sul potere d'acquisto delle pensioni medio basse.
Ancora una volta nessuna prospettiva per le pensioni delle generazioni future.
Ancora una volta sono le donne a pagare il prezzo più alto.

La CGIL e la FLC CGIL avevano chiesto al Governo Monti di non utilizzare il sistema delle pensioni pubbliche come un salvadanaio col quale risanare le casse dello Stato. Così purtroppo è stato e al di là di quelle che potranno essere le correzioni apportate dal dibattito parlamentare, ciò che pesa è aver considerato ancora una volta le pensioni pubbliche tra i responsabili del deficit del bilancio dello Stato, insieme alle altri componenti dello stato sociale, come la Sanità e l'Istruzione.

In allegato una tabella riassuntiva dei provvedimenti pensionistici così come riportati nel testo dell'attuale decreto Monti.

Il blocco dell'adeguamento all'inflazione delle pensioni medio basse è contrario a ogni principio di equità e non tiene in conto che quelle pensioni oggi rappresentano anche l'ammortizzatore sociale per i figli, impossibilitati dalla mancanza di lavoro a costruirsi una vita autonoma.
L'Ocse ha evidenziato in Italia una forbice di diseguaglianza sociale molto accentuata, quindi soltanto una patrimoniale e un evidente segnale di lotta all'evasione fiscale sarebbero stati tra gli strumenti adeguati per ridimensionare quel gap, indegno di un Paese civile e democratico.

Nella riforma delle pensioni del Ministro Fornero, non si è tenuta in nessun conto un'idea di prospettiva per i nostri giovani, spesso disoccupati o precari, con versamenti contributivi assenti o discontinui.
Peraltro ritardare il pensionamento in una situazione in cui cresce la disoccupazione significa rendere più difficile per le nuove generazioni entrare nel mercato del lavoro.
Come non si è tenuto in nessun conto che in Italia è ancora considerevole il numero di lavoratori che precocemente si sono avviati al lavoro e che ora se vogliono andare in pensione, pur avendo un alto numero di anni di contribuzione, devono subire le penalizzazioni previste dal paletto dell'età.

Ancora una volta la situazione della donna Italiana nel contesto dello stato sociale che caratterizza il nostro Paese esce penalizzata da un intervento sulle pensioni: l'avvio tardivo al lavoro, la discontinuità dei contributi, spesso dovuta al lavoro di cura, la disparità di salario con l'uomo, impediscono alla donna di poter concorrere a una pensione dignitosa, in età dignitosa.

Ancora una volta diciamo al Ministro Monti che operare con equità significa porsi in discontinuità col precedente governo Berlusconi sul piano delle politiche del lavoro e dello stato sociale di cui la previdenza è parte fondamentale.