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Mettere in sicurezza l'Italia. A cominciare dalle scuole

È del 1996 la legge quadro sull'edilizia scolastica. In 16 anni si è fatto poco o niente. Invertire questa sciagurata tendenza è possibile.

31/05/2012
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Un grande piano per l'edilizia scolastica che renda sicuri oltre che accoglienti i luoghi della formazione e dello studio è urgente, è possibile, è un fattore di sviluppo e occupazione. La FLC CGIL lo chiede da sempre.

Sono necessarie almeno 3 condizioni:

  1. svincolare le opere di edilizia scolastica degli enti locali dal patto di stabilità;
  2. rendere più snelle le procedure di assegnazione dei finanziamenti ai comuni e alle province;
  3. avviare una spending review tesa a razionalizzare le spese a cominciare da quelle sostenute dagli enti locali per gli affitti degli immobili a uso scolastico.

Riproponiamo un articolo, pubblicato da "Rassegna Sindacale" il 1° maggio scorso, nel quale si chiede al Governo di avviare finalmente il Piano nazionale per l'edilizia scolastica ma non solo sulla carta (legge sulle semplificazioni) anche con adeguate risorse.
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Sicurezza nelle scuole: passare dalle parole ai fatti!

di Massimo Mari, centro nazionale FLC CGIL

L'Italia è il Paese delle emergenze irrisolte. A quelle tradizionali, ormai endemiche, se ne aggiungono in continuazione delle nuove, dovute a ragioni ed eventi contingenti cosicché il fenomeno tende ad allargarsi in maniera esponenziale anche per via dell' intreccio tra vecchie e nuove contraddizioni che ne ostacolano una normale e positiva esplicazione. Sotto questo aspetto il caso della messa in sicurezza degli edifici scolastici è quanto mai eclatante. Annoverato tra le emergenze storiche, sintetizza un paradosso tutto italiano dove l'incompiutezza e il provvisorio tendono a divenire permanenti anche per scelta politica. Lo stesso governo Monti sembra orientarsi verso un approccio continuista del problema piuttosto che intervenire alla radice della vexata quaestio, in quanto esclude l'individuazione delle risorse rinviando a un domani, più o meno prossimo, la definizione di un "Piano nazionale di edilizia scolastica". Il progetto di "modernizzazione del patrimonio immobiliare scolastico e riduzione dei consumi e miglioramento dell'efficienza degli usi finali di energia" contenuto nella legge semplificazioni e crescita, recentemente approvata dal Parlamento, salvo alcune marginali specificazioni, è decisamente carente sotto questo punto di vista proprio perché non affronta la questione delle risorse e della loro reperibilità. Si ha, piuttosto, l'impressione che ancora una volta ci si limiti solo alle enunciazione rinunciando all'individuazione di strategie risolutive dei problemi. Tant'è che la stessa Camera ha ritenuto opportuno ricordare, in un ordine del giorno, che nel decennio passato i vari stanziamenti per la messa in sicurezza degli edifici hanno seguito tre linee di intervento, oggi praticamente asciugate, che, comunque, vanno tenute in considerazione.

L'importante è cominciare

Un monito politico che richiama la necessità di programmare e allocare precise risorse da assegnare alla titanica impresa. A gennaio di quest'anno il Cipe ha sbloccato gli ultimi 456 milioni di euro del famoso miliardo, stornato dai Fondi FAS e messo a disposizione nel 2009 dal governo Berlusconi per far fronte all'emergenza. Si tratta di una provvisoria boccata d'ossigeno dopo la quale non rimane più niente! Ben poca cosa se si pensa che l'attuale fabbisogno per una bonifica completa del nostro patrimonio edilizio a uso scolastico è di tutt'altra entità. All'indomani dei fatti luttuosi di Rivoli (1), l'allora responsabile della Protezione Civile, il sottosegretario Guido Bertolaso, stimò che sarebbero serviti almeno 13 miliardi di euro per mettere a norma le nostre scuole. Per la prima volta vennero valutate la quantità delle risorse indispensabili per fronteggiare l'annoso problema che, sebbene "difficilmente sostenibile'' nel breve termine, avrebbe dovuto rappresentare l'orizzonte entro cui impostare le successive politiche di bilancio. Tendenza questa largamente disattesa, per non dire osteggiata, tant'è che ancora oggi il problema viene riproposto in tutta la sua drammaticità.

Eppure, già nel 1996 (16 anni fa) si cominciò a parlare dell'edilizia scolastica come urgente questione da affrontare con il varo della legge quadro n. 23, nota come legge Masini (Norme per l'edilizia scolastica). Cosciente di ciò il legislatore, oltre che riordinare il sistema attribuendo a Province e Comuni competenze e responsabilità in materia di costruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, previde una partecipazione diretta dello Stato con l'assegnazione alle Regioni di appositi finanziamenti, sotto forma di mutui a totale ammortamento, attribuiti attraverso piani triennali di programmazione. Vennero, così, poste le premesse politiche, giuridiche ed economiche che, con l'ausilio di un'anagrafe aggiornata del patrimonio immobiliare, avrebbero portato alla progressiva messa a norma degli edifici.

Un new deal per la sicurezza

La storia ci consegna, invece, una realtà totalmente diversa e per certi versi ancor più inquietante sul piano delle scelte politiche come quella perseguita dai governi di centrodestra di abbandonare l'attività di programmazione degli interventi e di sostituirla con stanziamenti economici una tantum largamente inadeguati e costellati da rinvii, ritardi, ostacoli burocratici e procedure infinite nell'assegnazione delle risorse. Basti pensare che complessivamente lo Stato ha stanziato complessivamente in 16 anni, ossia dalla legge Masini in poi, solo un quarto delle risorse necessarie stimate da Bertolaso. Il mondo della scuola e la società civile chiedono da anni una piena e diretta assunzione di responsabilità da parte dell'esecutivo e quindi dello Stato in maniera tale da invertire radicalmente la tendenza fino a oggi praticata cominciando, in una logica di programmazione pluriennale, a investire seriamente e con risorse adeguate sulla messa a norma delle scuole anche per via del contributo che questi interventi possono produrre per il rilancio dello sviluppo del nostro Paese. Tali interventi devono essere contestualmente accompagnati, per lo meno, da tre azioni politiche ben precise che possono innescare processi positivi. In primo luogo è necessario svincolare le opere di edilizia scolastica degli enti locali dal patto di stabilità; in secondo luogo vanno rese più snelle le procedure di assegnazione dei finanziamenti ai comuni e alle province; infine è indispensabile avviare una spending review tesa a razionalizzare le spese a cominciare da quelle sostenute dagli enti locali per gli affitti degli immobili a uso scolastico. Oggi non è più rinviabile l'avvio di un new deal in materia di sicurezza e messa a norma degli edifici scolastici che nel medio termine riesca ad assicurare ai nostri figli e a quanti ci lavorano un ambiente sicuro, sano e qualitativamente valido degno di uno Stato civile.

(1) Il 22 novembre del 2008 crolla un liceo a Rivoli, vicino Torino, e muore un ragazzo di 17 anni. Sei anni prima, nel 2002, a S. Giuliano di Puglia un leggero terremoto provoca un solo danno: il crollo di una scuola elementare. Muoiono 27 bambini e una maestra.