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1,7 miliardi di euro per il funzionamento degli enti pubblici di ricerca vigilati dal MIUR

Comunicato stampa della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.

31/07/2018
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Con la firma del decreto di riparto del Fondo Ordinario degli enti pubblici di ricerca vigilati dal MIUR, vengono destinati circa 1,7 miliardi di euro per il loro funzionamento.

Il fondo, pur registrando una lieve crescita, conferma le dimensioni degli ultimi anni. Il nostro giudizio, quindi, non cambia: il fondo non garantisce il funzionamento complessivo degli Enti, che invece viene assicurato con i fondi esterni, di provenienza pubblica, privata e comunitaria, frutto della capacità attrattiva dei ricercatori.
Importante invece che la parte già destinata ai progetti premiali di circa 68 milioni per il 2017 sia, per il 2018, interamente finalizzata alle stabilizzazioni.

Questo atto rafforza il percorso iniziato con il decreto 75/17 passato attraverso la legge di stabilità 2018 e che oggi compie un ulteriore passo in avanti.

Grazie alla mobilitazione dei lavoratori della ricerca si sono prodotti due successi importanti: rimettere in gioco le risorse cosiddette “premiali” sottratte ai bilanci degli enti già strangolati dai tagli e destinare una parte di tali risorse al finanziamento delle stabilizzazioni, punto sul quale il decreto di riparto dovrebbe introdurre questa novità rilevante.

Il passo successivo è atteso nella prossima Legge di bilancio, se si deciderà di aumentare progressivamente i fondi ordinari degli enti di ricerca così da recuperare subito le risorse tagliate negli ultimi dieci anni pari a circa il 20% dei bilanci, per puntare in tempi brevi ad un aumento della quota di Pil investita in ricerca di almeno un 1%, arrivando così all’1,8%, ancora però al di sotto della media europea e Ocse.

Non può più attendere, pertanto, l’elaborazione di un programma pluriennale di maggiori risorse che garantiscano la conclusione dei percorsi di stabilizzazione, la messa a regime di un sistema di reclutamento che eviti il riprodursi infinito della precarizzazione della ricerca e il rilancio degli investimenti nelle attività di ricerca, nell’adeguamento delle strutture e della strumentazione troppo spesso obsoleta. Non solo per portare l’Italia in linea coi parametri internazionali, ma anche per evitare il paradosso per il quale il personale finalmente assunto a tempo indeterminato si trovi senza le minime risorse per pagare la bolletta elettrica dei propri laboratori.