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Vertenza sulle progressioni: il venerdì nero dell'ISTAT

Prosegue lo stato di agitazione in tutte le sedi

25/04/2015
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La mobilitazione in corso ormai da diversi mesi, sempre più capillare e partecipata, ha raggiunto durante questa settimana alcuni momenti di tensione molto forti.

Mercoledì 22, dopo il comunicato a firma del direttore generale diffuso sulla Intranet la sera prima, per tutto il pomeriggio, il presidente Alleva e il direttore generale Antonucci hanno interloquito con centinaia di lavoratori sulla scalinata di via Balbo.

I briefing di mercoledì e giovedì sono stati annullati per paura di eventuali blitz dei lavoratori davanti ai giornalisti.

Nelle sedi di viale Liegi, via Tuscolana e Viale Oceano Pacifico, ma anche a via Balbo e nelle sedi limitrofe si sono susseguiti cortei interni e incontri con i dirigenti.

Si sono parallelamente via via moltiplicati gli attestati di solidarietà alla lotta dei lavoratori di livello IV-VIII da parte di ricercatori e tecnologi, capi unità e dirigenti.

A viale Oceano Pacifico, l'assemblea ha coinvolto per tutta la settimana il servizio di forze lavoro, rallentando sensibilmente il lavoro preparatorio del comunicato mensile. La preoccupazione dei dirigenti del servizio, della direzione e del dipartimento ha dato luogo – nei giorni – a un crescente atteggiamento di minaccia verso i lavoratori. Anche per questo giovedì 23 FLC CGIL e UIL RUA hanno inviato una nota, diffidando l'amministrazione dall’attuare o anche solo minacciare provvedimenti disciplinari di qualsiasi natura nei confronti del personale.

La dirigenza contro i lavoratori: il venerdì nero dell'Istat

La totale incapacità di gestire la vertenza sulle rivendicazioni economiche del personale dell'Istat ha raggiunto nella giornata di venerdì 24 aprile un picco, a dir poco, drammatico.

Dopo aver lasciato passare settimane senza dare il ben che minimo segno di un concreto avvio del percorso per l’applicazione delle progressioni economiche e dei passaggi di livello, a fronte del rischio concreto, a causa della legittima protesta dei lavoratori, di un differimento della diffusione dei dati, il Direttore generale ha deciso di rompere il legame alla base di ogni rapporto: IL RISPETTO. Il rispetto per la protesta dei colleghi in agitazione e il rispetto di coloro che stavano continuando a lavorare.

Determinare il “trasloco coatto” dei lavoratori del Fol in altra sede, davanti a centinaia di lavoratori increduli e indignati, per assicurarsi comunque il rilascio dei dati, oltre ad essere un atto di palese debolezza, è soprattutto un'inaudita violenza nei confronti dei colleghi coinvolti, cui esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà e dei quali possiamo solo immaginare il livello di pressione emotiva che hanno testimoniato solo in parte le scene a cui si è assistito.

Colleghi prelevati in ufficio e scortati dal proprio direttore e dal capo servizio nella sede centrale, entrati di nascosto e chiusi nella stanza del Presidente: scene che nessuno avrebbe voluto vedere. Con quale serenità e in quale clima questi lavoratori hanno maneggiato dati fondamentali per il Paese?

L’Istat è un ente di ricerca: l’eccesso di potere direttivo ha per definizione conseguenze immediate sull’affidabilità di ciò che viene prodotto, perché mina l’architrave del sistema della ricerca, ovvero il principio di libertà dei singoli ricercatori nello svolgimento dei propri compiti che il diritto ad un rilevante grado di autonomia garantisce.

La FLC CGIL, anche attraverso i propri RLS, sta peraltro già verificando la corretta applicazione delle norme sulla sicurezza nella giornata di ieri.

Sia chiaro che non ci sfugge affatto che in questo momento il governo in carica, ancora nella serata di venerdì con le parole del primo ministro Renzi che ricalcano peraltro quelle pronunciate nel 2009 da Tremonti (l'Istat farebbe solo “sondaggi”), per fini propagandistici tenta di delegittimare l’Istituto proprio sui dati relativi all’andamento del mercato del lavoro, e che quello che è accaduto ieri è esattamente ciò che non sarebbe mai dovuto accadere.

Questo rende ancora forte la nostra indignazione per lo stupido autoritarismo con cui si è gestita la vicenda. Lo vogliamo sottolineare perché a nostra memoria è la prima volta che accade una cosa del genere all’Istituto e crediamo debba essere anche l’ultima.

Ribadiamo che l'indipendenza e l'autorevolezza dell'Istat non si basano sulla capacità autoritaria della propria dirigenza, ma sulla libertà e l'autonomia dei ricercatori e dei tecnici che lavorano alle elaborazioni e analisi dei dati.

Leggi il comunicato FLC CGIL

Venerdì pomeriggio il personale dell'Istituto ha dimostrato un alto livello di rigetto di quanto si era verificato la mattina e in aula magna c'erano, oltre ai lavoratori coinvolti direttamente nella vertenza, anche molti che finora erano rimasti nelle loro stanze.

Tutto il comitato di presidenza, su richiesta, si è trasferito in aula magna ed è iniziato un lungo confronto fra presidente e direttore generale da una parte e lavoratori dall'altra.

Nonostante tante parole di rassicurazione e richieste di “fiducia”, gli atti e le risposte che per ora hanno visto i lavoratori sono solo parole prive di concretezza e l'episodio di venerdì mattina.

Della vicenda ci sono echi anche sulla stampa, in un articolo di sabato 25 aprile sul Manifesto.

Riportiamo qui di seguito un comunicato di risposta a quello di martedì del direttore generale. Già a partire da lunedì verificheremo se ci saranno passi concreti, ma nel frattempo non si potrà fermare lo stato di agitazione. Segnaliamo che le indagini sperimentali per il censimento permanente hanno subito rallentamenti e problemi al numero verde e che dalla prossima settimana sono previste assemblee anche nelle sedi territoriali, a partire da mercoledì 29 a Torino.

Lo stato della vertenza: provocazioni e errori dell'amministrazione, comunicato di risposta al direttore generale

Nelle ultime settimane centinaia di lavoratori dell’Istat, di livello IV-VIII, hanno cominciato a protestare in modo determinato e capillare, denunciando il drammatico stallo delle loro carriere e salari. Il comunicato di martedì 21 aprile 2015 a firma del direttore generale, ad oggi la “risposta” scritta più aggiornata alle richieste del personale in agitazione, non dispone alcun passo in avanti per la trattativa.

Nonostante questo, la fitta trattazione del comunicato traccia un quadro del posizionamento dell’Istat rispetto alla vicenda. Significativi a questo proposito sono alcuni elementi dal gusto provocatorio e una interpretazione errata delle norme che ricade sull’unico dispositivo contrattuale in grado di offrire un aumento del fondo accessorio coerente con le richieste sindacali fin qui avanzate: l’art. 4 comma 3 del CCNL 2000-2001.

Il tono è stupidamente offensivo all’inizio, quando tenta di ridurre la mobilitazione in corso, la cui portata peraltro continua a crescere di giorno in giorno, a “iniziative” di “alcuni lavoratori”, e alla fine, quando lega alla prosecuzione dello stato di agitazione un possibile “deterioramento della dialettica tra le parti”. Come se l’assenza di qualsivoglia segno concreto e tangibile del fatto che l’Istat si muova per sostenere i salari e il diritto alla carriera del proprio personale non sia la causa della mobilitazione e del “deterioramento” delle relazioni sindacali.

Ma soprattutto, è evidente la provocazione quando si vorrebbe legare il piano di risparmio che chiediamo da anni al fine di finanziare il trattamento accessorio a “alimentare fondi per la nuova sede”. Cioè il piano di razionalizzazione ai sensi dell'art. 16 comma 4 del Dl 98/2011 finanzierebbe la nuova sede(!?): pensare che la Flc Cgil aveva chiesto di farla finita con le ambiguità! Peraltro sul tema della nuova sede non ci sono notizie ufficiali, se non quelle di corridoio, nonostante ripetute richieste di chiarimento.

Veniamo quindi all’“errore interpretativo” contenuto nel comunicato che è il punto più concreto per la vertenza, quindi il più grave. Si tratta del riferimento alla proposta avanzata dalla FLC CGIL, ovvero quella di applicare una norma contrattuale (l’art. 4 comma 3 del CCNL 1998-2001 secondo biennio economico), legando la riorganizzazione a un aumento del fondo per il trattamento accessorio.

Dal 1° gennaio 2015 è possibile, dopo un blocco durato 4 anni, riattivare la contrattazione integrativa. Non sono stati infatti prorogati alcuni dei blocchi imposti dall’art. 9 comma 2 bis del DL 78/2010:

  • Non c’è più il tetto al salario del singolo dipendente pubblico a quello del 2010

  • Non c’è più il tetto al salario accessorio complessivo rispetto al 2010

  • Si possono attuare progressioni di fascia (gradoni) e di livello con effetti economici e non solo giuridici

Rimangono ovviamente altri numerosi vincoli, sia di legge che di “interpretazione” della norma attraverso circolari dei nostri ministeri vigilanti.

In particolare è tuttora in vita la legge 133/2008, all’articolo 67 che stabilisce, cambiando il comma 189 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266, che:

A decorrere dall'anno 2009, l'ammontare complessivo dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa delle amministrazioni dello Stato […] inclusi gli enti di ricerca […] determinato ai sensi delle rispettive normative contrattuali, non può eccedere quello previsto per l'anno 2004 come certificato dagli organi di controllo di cui all'articolo 48, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e, ove previsto, all'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ridotto del 10 per cento

All’ISTAT il fondo nel 2004 era pari a 11.051.424,14 euro.

La legge 133, contestata in ogni modo nell’autunno 2008 da movimenti studenteschi e dalla CGIL in modo solitario nel panorama confederale, che contiene gran parte dei tagli ai nostri salari e diritti, ha trovato poi applicazione nel caso specifico, dopo una “guerra sui fondi” che ha coinvolto sindacati, amministrazioni e organi vigilanti per 2 anni negli enti di ricerca, con un taglio che ha riguardato “solo” la parte variabile del fondo, pari all’Istat – dopo due annullamenti del MEF di accordi che decurtavano cifre “troppo basse” secondo la Ragioneria – a 736.173,41 euro1.

Il fondo del 2010, dopo la decurtazione, è stato quantificato alla fine in 11.850.836,60 euro, cifra che non solo è superiore a quella del 2004 decurtata del 10% (10.315.250,73 euro), ma anche al fondo del 2004 precedente alla decurtazione. Il fondo è rimasto più alto di questo presunto “tetto” che a quanto si evince dalle parole esplicative fornite dal Direttore generale ai lavoratori durante l’assemblea di mercoledì pomeriggio sarebbe l'unico ostacolo all’applicazione del CCNL articolo 4 comma 3.

Questo perché la stessa legge 23 dicembre 2005 n. 266, dopo aver sancito il tetto 2004 meno il 10 % al comma 189, esplica subito dopo, con il comma 191, le modalità con le quali il fondo accessorio può continuare ad essere incrementato:

191. L'ammontare complessivo dei fondi può essere incrementato degli importi fissi previsti dai contratti collettivi nazionali, che non risultino già confluiti nei fondi dell'anno 2004.

E’ così che – nonostante i tagli – il fondo è stato incrementato con le risorse dei CCNL 2002-2005 e 2006-2009, nonché con i risparmi RIA anno per anno, come si evince dalla tabella qui riportata. Chiunque può riuscire a capire che se al comma 189 della finanziaria 2006 non fosse seguito il comma 191 ad oggi negli enti pubblici avremmo fondi incapienti che non riescono a garantire il pagamento degli stipendi. Qui, in altri termini, non siamo in un ambito di dialettica interpretativa, ma di ovvietà certificata negli anni dagli stessi organi di vigilanza. I fondi (e quindi il “tetto”) sono stati tutti incrementati degli importi fissi previsti dai contratti collettivi nazionali, e l’articolo 4 comma 3 del CCNL 2000-2001 è esattamente uno di tali importi. Quindi è acclarato che non esiste nessun tetto se si applica questa specifica norma contrattuale.

Fondo del trattamento accessorio ISTAT 2004-2015

Anno

Importo del fondo del trattamento accessorio IV-VIII*

2004

11.051.424,14

2005

11.180.111,87

2006

11.604.241,08

2007

11.604.241,08

2008

11.710.182,50

2009

11.779.456,92

2010

11.850.836,60

2011

11.225.708,38

2012

10.972.996,93

2013

10.733.302,80

2014

10.538.510,59

2015

10.580.318,73

* I fondi del 2014 e 2015 non sono certificati e quindi sono da considerare provvisori, per il calcolo si è fatto riferimento ai documenti forniti nelle ultime settimane dall’amministrazione.

Inoltre facendo un calcolo del fondo “lordo” ipotetico con la “sola” decurtazione prevista dalla legge 133/2008, il “tetto” attuale sarebbe pari a 12.104.000,41, ben al di sopra del fondo ipotetico attuale.

Fondo del 2004

11.051.424,14

Decurtazione legge 133/2008

-736173,41

Aumenti CCNL

997.903,75

Risparmi RIA cumulati

790.846,03

Totale “tetto” da comma 189 art. 1 legge 2006 n. 266

12.104.000,51

C’è dunque in ogni caso uno “spazio” per incrementi del fondo, rispetto a quello ad ora ipotizzato (10.580.318,73) per 1.523.681,78 euro. Anche se, ripetiamo, il tetto non ha nulla a che vedere con gli importi determinati dall’eventuale utilizzo del dispositivo contrattuale ex articolo 4 comma 3 del CCNL 2000-2001.

Rinviando alla nota inoltrata al Presidente e al Direttore generale il 30 marzo per il quadro delle azioni da intraprendere subito per dare risposte convincenti ai lavoratori, ribadite con la nota del 20 aprile, ci soffermiamo qui su di un aspetto tralasciato nella nota. Osserviamo infatti l’assenza, pressoché totale nella sostanza, di risposte o di risposte sufficientemente ragionate, come nel caso qui esposto, alle richieste della Flc Cgil. Non vorremmo che tutta l’attenzione dell’amministrazione per l'attività di risposta alle varie teorizzazioni sui modi di costruire la composizione del fondo, costituisse un alibi per evitare di mettersi sulla strada corretta e di dimostrare la volontà di risolvere il problema nei modi e nei tempi più adeguati.

Ci troviamo ancora davanti a una convocazione per un tavolo tecnico privi di materiale e documentazione richiesti da settimane. La confusione che si è creata nella trattativa è utile solo a chi vuole sfuggire dalle proprie responsabilità: ora deve essere un imperativo fare chiarezza. La FLC CGIL pretende risposte adeguate sulle questioni sollevate nelle molteplici note inviate.

Leggi tutto il comunicato FLC CGIL

1 La prima decurtazione fu di 1.105.142,41 euro (il 10%), poi fu firmata un’ipotesi di accordo con un taglio di 300.000 euro (escludendo dal taglio indennità di ente annuale, indennità di ente mensile e articolo 53), quindi l’accordo tornò indietro dal MEF (che scrisse a tutti gli enti che anche l’indennità di ente mensile andava tagliata), per firmare quindi un secondo accordo (a dicembre 2010) con un taglio di 711.000 euro, anch’esso annullato dal MEF dopo oltre un anno, portando il taglio certificato a 736mila euro (i 25 mila euro di taglio aggiuntivo corrispondono alla differenza tra Indennità di ente annuale stanziata e effettivamente erogata). Il 2009 è passato “in cavalleria” con un taglio minore di 25mila euro, ma il fondo definitivo e certificato del 2010 è pari a 11.850.836,60.

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