Convegno “Le prospettive dell'istruzione professionale in Italia”. Seconda giornata.

  • 16:25

    I saluti ed i ringraziamenti finali sono di Maria Brigida, della Segreteria Nazionale della CGIL Scuola, che traccia il bilancio quanto mai positivo della manifestazione. Una manifestazione che non chiude qui il discorso, ma che anzi è servita a tracciare non poche ipotesi di lavoro per il prossimo futuro.

    La sala si svuota. Si salutano i numerosi rappresentanti delle 15 regioni presenti in questa due giorni barese.

  • 15:50

    E' il momento delle conclusioni, affidate a Dario Missaglia della Federazione Formazione Ricerca CGIL.

    Avremo molto da lavorare e con impegno per raccogliere gli spunti emersi in queste due giornate di lavoro, qui a Bari.
    Ai due canali dell’istruzione e della formazione, cui si aggiunge il terzo canale dell’alternanza scuola-lavoro è difficilmente interpretabile nel suo significato e nella sua praticabilità.
    Nella Finanziaria leggiamo il lento declino della scuola pubblica, mentre si legge la crisi del lavoro (vedi art.18) e la crisi della formazione, quale riduzione dei diritti complessivi.
    L’istruzione tecnico-professionale vive in pieno questa crisi perché vive ai margini del sistema di istruzione.
    Ma il futuro del lavoro, della grande impresa, quello dell’istruzione e della formazione è questione di rilevanza nazionale.
    Perché occorre tenere insieme un sistema nazionale con le autonomie locali ed i contesti territoriali e l’autonomia scolastica può dare un contributo attraverso la costruzione di reti. Per leggere meglio il territorio assumendo una responsabilità collettiva, integrandosi (entrando in relazione) con la formazione professionale. Anche quest’ultima è questione di carattere nazionale e così fu affrontata dal precedente Governo attraverso gli interventi legislativi innovativi. Ora si avverte una deriva che rischia di portare la formazione professionale rinchiusa in un proprio sistema) a svolgere una funzione di supplenza laddove la scuola espelle i suoi ragazzi.
    E la scuola non riesce ad attivare meccanismi di mobilità sociale, riproducendo le divisioni sociali, per cui bisogna assumere il problema dei ragazzi che abbandonano come problema centrale. Ripartendo da una riflessione complessiva che va dalla scuola dell’infanzia, attraverso la scuola dell’obbligo (in cui la scuola media rappresenta un grande problema in cui vi è un oggettivo elemento di rottura, di discontinuità), fino alla secondaria superiore.
    Nel disegno di Legge di riforma Moratti si accentua la rottura, la separazione tra scuola di base e scuola superiore, non a caso è previsto un esame di stato (come sogli selettiva tra i percorsi formativi) che comporterà un aumento della selezione fin dalle elementari.
    Tornando agli istituti tecnici e professionali e ai livelli di abbandono e selezione non possiamo accettare quello che è, come se fosse ineluttabile. Occorre spingere con forza per l’attuazione della Legge dell’obbligo formativo, portando la formazione nel lavoro.
    Là dove ci sono le condizioni, nelle Regioni dove meglio si esercita il decentramento e l’autonomia locale, dobbiamo lavorare per dare soluzioni di carattere innovativo sul piano metodologico, didattico, organizzativo.
    Dobbiamo abbandonare l’idea che c’è solo la forma di apprendimento scolastica, magari quella centrata sulla trasmissione delle conoscenze e sullo studio a casa. Si può ritenere che esistano altre forme di apprendimento che partano dal vissuto, dall’esperienza dello studente per arrivare anche altrove. L’istruzione professionale può diventare interessante ed importante per tutto il sistema dell’istruzione per rendere possibile il passaggio dai curricolo alle competenze, perché mentre i curricoli appartengono alle istituzioni, le competenze appartengono alle persone.
    La proposta della Devolution va contrastata fino in fondo, per ragioni profonde. La scuola è la prima istituzione chi i giovani incontrano nella loro vita, ricostruendo lì la loro storia individuale, del proprio territorio, fino a dimensioni nazionali ed europee, dove si apprendono i diritti e i principi di democrazia.
    La Devolution ci condanna al localismo, alla chiusura nel particolare. La scuola al contrario di quello che richiama la Devolution, ha affermato una sua identità pubblica e nazionale che va difesa e rivalutata.
    La scuola ha un dovere di responsabilità: quello di rendere visibile il risultato del suo operare, non essendo sufficiente una mera enunciazione.
    La bassa cultura di questo Governo spinge invece sulle basse leve dell’individualismo, con un’aggressione al ruolo di ciò che è pubblico in questo Paese. Ma emerge una nuova domanda di eticità, di ‘pubblico’ che funzioni, di istituzioni, di valori di unità del Paese. Vi è una nuova sensibilità che riemerge dopo tante aggressioni a questi valori.
    Ora dobbiamo pensare a un nuovo progetto di riforma, lavorando anche per soluzioni parziali e locali, per contrastare una politica che non ci convince.

  • 15:20

    Tocca a Pino Patroncini del Centro Nazionale CGIL Scuola che interviene su "Ripensare i curricoli e l'organizzazione del lavoro".

    Non occorrono due canali per fare una buona scuola. Lo dimostra le ricerche internazionali che rilevano che in Italia quanto in Germania i livelli di competenza disciplinare e la capacità proprio di trasformare in competenza le conoscenze sono molto bassi rispetto ad altri paesi.
    L’integrazione è, dunque, la strada da seguire per superare il gap.
    Se consideriamo che l’alternanza scuola-lavoro, dove si è consolidata, è nata da politiche del lavoro e non da politiche della scuola, affermare la dualità dei sistemi formativi è davvero un ritorno al passato.
    Anche perché il lavoro è cambiato profondamente: basti pensare alle tantissime figure professionali che prima non conoscevamo che hanno modificato i confronti tra lavoro manuale ed intellettuale.
    Il sistema di istruzione e formazione non può guardare a modelli del passato, anacronistica, ma deve rinnovarsi nel quadro e nel contesto mutato.
    Ne discende anche una riflessione sull’obbligo. Definire un anno (es. 16 anni) per la conclusione dell’obbligo va fatto pensando ad un "patto di civiltà" e non con riferimento esclusivo al mondo del lavoro (nel senso di età in cui si può entrare nel mondo del lavoro).
    Bisogna pensare ad un sistema curricolare, ripensando la relazione verticale ed orizzontale tra le discipline.
    Alcune risposte concrete ai bisogni posti sono l’autonomia scolastica, un organico funzionale di scuola più ampio della necessità del curricolo, una certezza delle risorse anche professionale.
    In questo senso l’istruzione professionale è e deve rimanere nell’ambito dell’istruzione, rifiutandosi di separare il ‘sapere’ dal saper fare’.

    Scarica l'ntervento integrale.

  • 15:00

    Comincia la parte finale dei lavori del Convegno.
    Interviene Antonio Valentino del Centro Nazionale della CGIL Scuola: "Autonomia ed integrazione nelle iniziative degli istituti.

    Per "difendere" l’istruzione professionale, non bisogna difendere lo status quo, ma pensare ad un processo di riforma che punti ad integrare due sistemi (quello dell’istruzione e quello della formazione professionale), che devono imparare a ‘parlarsi’.
    Questo può essere realizzato nell’ambito della riforma del titolo V della Costituzione.
    L’autonomia scolastica è il migliore argine alla tendenza controriformatrice del Ministro Moratti. La quale cerca di circoscrivere con la legge delega sulla scuola l’autonomia.
    Infatti, nella riforma Moratti gli spazi di autonomia curricolare delle scuole scompaiono del tutto e vengono affidati alle Regioni. L’arricchimento dell’offerta formativa viene limitata prevedendo una regolamentazione di carattere generale.
    La sperimentazione Moratti, inoltre, prevede una serie di raccomandazioni ‘spicciole’ di fatto vincolando fortemente la capacità progettuale autonoma delle scuole.
    Infine, i tre segmenti dell’istruzione previste dal progetto Bertagna frantumano l’unitarietà del sapere (scuola – scuola e famiglia – famiglia).
    Occorre dare una risposta tenendo conto di due aspetti:
    - le reti scolastiche;
    - un’offerta formativa basata sull’integrazione di sistema.
    Le reti, tra l’altro, rilanciano un’idea di collaborazione e di superamento dell’isolamento della singola unità scolastica. Bisogna lanciare una vera e propria campagna su questo tema. Anche perché le scuole possano rappresentare interlocutori forti e credibili rispetto agli altri soggetti istituzionali.
    L’autonomia si deve declinare su tre fattori: responsabilità, competenza e capacità di orientamento.
    Con particolare attenzione proprio ai percorsi di inclusione rivolti, in particolare, agli alunni e agli studenti che più sono a rischio di esclusione.

    Scarica l'intervento integrale.

  • 13:30

    Pausa pranzo! Hanno curato il servizio gli studenti dell'IPSIA "De Gemmis" di Terlizzi, l'IPSSCTP "Gorjux" di Bari e dell'Istituto Alberghiero "Perotti" di Bari.

    A più tardi!

  • 13:00

    L'ultimo intervento della mattinata: Giancarlo Cerrutti del Direttivo Nazionale FFR CGIL.

    Il sistema di istruzione e formazione ha bisogno di un ripensamento che intervenga sul segmento della scuola media, elevi l'obbligo a 16 anni e miri all'unitarietà e all'integrazione dei percorsi formativi. A proposito di introduzione di un doppio canale dopo i 16 anni va detto che un canale ha pari dignità se consente di conseguire competenze con pari ricadute future lavorative, altrimenti crea disuguaglianze e rigidità. Per conseguire una vera integrazione, occorre agire sul sistema dei crediti che deve essere unitario e sulla certificazione che deve essere riconosciuta a livello nazionale. Il mercato del lavoro è poco trasparente per la mancanza di certificazioni riconosciute in modo univoco, ciò porta le imprese ad adottare soluzioni diverse e problematiche.
    Poiché il ciclo di vita delle competenze oscilla fino ai 6/7 anni, e dopo muore, si ingenera insicurezza profonda se non si eleva il livello medio di istruzione e si mira ad una formazione permanente qualificata.
    Alcune proposte concrete per una formazione in questo senso sono:
    - riconoscere il diritto di formazione ai lavoratori
    - inserire nella contrattazione l'esigibilità di tale diritto nell'orario di lavoro
    - riconoscere i crediti e le competenze certificabili
    - riorganizzare i livelli di qualificazione occupazionale.
    Tutto questo, purtroppo, è poco presente nella Riforma Moratti.

  • 12:55

    Si chiude la tavola rotonda. I vari interventi si sono soffermati sul ruolo della Formazione e dell’integrazione dei sistemi, ciascuno ribadendo il proprio punto di vista in riferimento alla Riforma Moratti. Sembra emergere la convinzione che il sistema integrato di istruzione e formazione sia una necessità cui la Riforma Moratti intende dare una risposta. Giuseppe Casadio, per la CGIL, ha invece sottolineato come l’attuale politica del Governo vada in direzione opposta, al di là delle buone intenzioni dichiarate.
    L’integrazione è una parola chiave, ma deve diventare fatto concreto e non solo dichiarazione d’intenti. Infatti, l’andamento della dinamica occupazionale negli anni 90 è stata positiva grazie anche ai processi di innovazione nei campi dell’istruzione e della formazione. Certamente andavano corrette alcune scelte, invece, si procede in una direzione opposta di frammentazione del mercato del lavoro e dei percorsi di istruzione e formazione, di cui le deleghe in discussione in Parlamento sono testimonianza. La scelta della canalizzazione precoce, infatti, nn c’entra nulla con l’integrazione, come non c’è alcuna prospettiva di integrazione nelle concrete politiche del Governo riguardo l’uso e la gestione delle risorse. E’ vero che siamo in una fase di difficoltà economica, ma sono evidenti le contraddizioni tra la Devolution (estrema frammentazione) e la centralizzazione voluta dal Decreto tagliaspese, come testimoniato anche da provvedimenti di questo giorni. A noi interessa giudicare gli atti legislativi (i fatti) e non le intenzioni (le parole) che possono anche sembrare buone.

    Scarica l'intervento integrale di Gianni Carlini.

    Scarica l'intervento integrale di Raffaele Ciuffreda.

  • 12:27

    Finito il primo giro di interventi. Nel frattempo la sala si è completamente riempita ... solo posti in piedi!

  • 11:30

    E' il momento della tavola rotonda coordinata da Gianni Milici.

    Discutono di "Formazione integrata e governi locali:
    - Alfredo Tamborlini del Coordinamento Regioni
    - Carmine Civitano, per l'assessorato alla Pubblica Istruzione Regione Puglia
    - Nicola Biscotti di Confindustria
    - Antonio Merito, MIUR
    - Giuseppe Casadio, Segreteria Nazionale CGIL

  • 10:40

    Un piccolo cambio di programma! Il dibattito viene anticipato rispetto alla tavola rotonda.
    Intervengono: Serravalli per il Friuli, Franco Lombardo per l'Emilia Romagna, Teresa Loiacono per la Puglia e Adolfo Carrari per la Toscana.
    Nel frattempo c'è grande fermento nella sala attigua... si prepara il buffet!