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Riordino degli istituti tecnici: il rinvio al nuovo anno non ferma l'iter normativo

Il rinvio al 2010/2011 delle iscrizioni ai nuovi istituti tecnici non ferma l'Amministrazione nell’iter normativo inerente le norme di riordino degli istituti tecnici senza prevedere alcun ulteriore confronto con le parti sindacali.

15/01/2009
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Il nuovo impianto presentato dal Ministro Gelmini riconferma l’identità degli istituti tecnici all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale d’istruzione ma con una configurazione separata, settaria senza nessuna unitarietà neanche all’interno dei settori stessi.

Si ipotizzano due settori:

  1. economico;

  2. tecnologico.

Nel settore economico vengono definiti solo due indirizzi:

  1. amministrazione, finanza e marketing;

  2. turismo.

Mentre per il settore tecnologico sono previsti nove indirizzi:

  1. meccanica, meccatronica ed energia;

  2. trasporti e logistica;

  3. elettronica ed elettrotecnica;

  4. informatica e telecomunicazioni;

  5. grafica e comunicazione;

  6. chimica, materiali e biotecnologie;

  7. tessile abbigliamento e moda;

  8. agraria e agroindustria;

  9. costruzioni, ambiente e territorio.

La riduzione degli indirizzi a 11 comporta che difficilmente molti degli indirizzi attuali e corrispettive sperimentazioni potranno essere riconducibili nei nuovi indirizzi.

La riduzione degli indirizzi è stata definita in riferimento a settori produttivi di rilevanza nazionale lasciando completamente escluse le specializzazioni “di nicchia” di cui è ricco il nostro Paese ( un esempio sono gli istituti d’arte orafa che non hanno uno sbocco plausibile nei licei artistici o negli istituti tecnici tessili abbigliamento e moda!).

Il profilo professionale di settore è finalizzato non solo alla prosecuzione degli studi universitari ma principalmente per l’acquisizione di adeguate competenze professionali idonee per la prosecuzione degli studi a livello di istruzione e formazione superiore con particolare riferimento all’esercizio delle professioni tecniche.

Il carico orario annuale è ridotto a 1.056 ore corrispondente a 32 ore settimanali; viene ipotizzata una quota di flessibilità curricolare del 20% nei primi due anni e del 30% nei successivi due anni per arrivare al 35% al quinto anno.

Questa quota oraria di flessibilità potrà essere usata sia per inserire insegnamenti diversi sia per essere utilizzata per attività di stage e alternanza scuola lavoro.

La riduzione oraria comporta una riduzione di circa il 25% delle attività di laboratorio rispetto a quelle attuali e contemporaneamente sarà possibile ricorrere ad esperti esterni presi a contratto d’opera dalle aziende per le materie tecniche e tecnico pratiche.

Le scuole saranno organizzate in dipartimenti, è previsto un comitato tecnico-scientifico a cui parteciperanno in maniera paritetica docenti, rappresentanti delle aziende e delle professioni con funzioni di proposte per l’organizzazione delle aree di indirizzo e l’utilizzazione degli spazi di flessibilità oraria. È prevista la presenza di esperti del mondo del lavoro anche nelle commissioni d’esame.

Osservazioni

  • La presenza di un comitato tecnico, la quota di flessibilità vincolata alle risorse di cui potranno disporre le scuole, nell’ottica del ddl Aprea con le scuole- fondazioni, costituiranno le condizioni per veri sconvolgimenti di questi istituti. Anche senza finanziamenti extra, il ridurre le ore di laboratorio e contemporaneamente prevedere contratti d’opera per esperti del mondo del lavoro vuol dire esplicitamente piegare alle esigenze delle aziende (solo alcune) il ruolo educativo e formativo delle istituzioni scolastiche. Si creeranno così forti disparità in questo settore condizionati dalla presenza di aziende e dagli interessi formativi di queste.

  • La percentuale oraria di flessibilità, che al quinto anno può raggiungere il 35%, e la quota riservata alle regioni creano uno spazio di flessibilità così ampio che difficilmente potremo dire che il sistema formativo così definito assuma un profilo nazionale.

  • Nonostante il testo istitutivo parli spesso di aree comuni si riferisce ad aree comuni per ogni settore: non c’è cioè unitarietà tra i due settori neppure nel biennio iniziale. Anche il termine competenze spesso usato si riferisce pressoché esclusivamente alle competenze professionali. Non sono previsti in alcun caso scivolamenti da un percorso all’altro, creando così ampi spazi per la dispersione principalmente in un biennio che dovrebbe essere di orientamento.

  • Viene istituita una nuova disciplina denominata scienze integrate, che riguarda le classi 60 A (scienze), 38 A (fisica) e 13 A (chimica) nel settore tecnologico e 60 A e 13 A in quello economico con effetti dubbi dal punto di vista didattico, da quello professionale, da quello gestionale.

  • Vengono praticamente assorbiti e portati via ai professionali gli indirizzi di Abbigliamento e moda, Grafica e Chimico-biologico.

  • Le discipline che vanno in sofferenza nei tecnici sono molte, spesso non tutte individuabili perché mancano (soprattutto per le materie tecniche) i nuovi riferimenti alle classi di concorso (e manca ancora la nuova tabella che il Ministero ha promesso su nuove classi di concorso accorpate). A titolo di esempio citiamo alcune classi di concorso sicuramente sofferenti:- Trattamento Testi: scompare- Geografia: -25%- Scienze (scienze, chimica e fisica tutte insieme): -60% nel settore economico, - 20% in quello tecnologico- Economia aziendale: - 16%- 47 A: - 5% nel settore tecnologico- Tecnologia e disegno: -33%- Discipline giuridiche ed economiche: dimezzata nel settore tecnologico- Discipline tecniche in generale: - 25%- ITP: - 25%

Roma, 15 gennaio 2009