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Messaggero-Umbria - Pragmatico riformismo quotidiano per la scuola

IL PRIMO incontro fra gli assessori regionali e il ministro Fioroni, a pochi giorni dal suo insediamento, ha testimoniato la volontà di riprendere un confronto

22/06/2006
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Il Messaggero

di MARIA PRODI

IL PRIMO incontro fra gli assessori regionali e il ministro Fioroni, a pochi giorni dal suo insediamento, ha testimoniato la volontà di riprendere un confronto sereno, vissuto con la consapevolezza di condividere responsabilità e speranze per la scuola e quindi per l’intelligenza del Paese. Il nuovo governo si è posto il compito di stupire gli italiani. Bene, credo che nulla sia più stupefacente allo stato attuale di un impegno di cura quotidiana, di attenzione, di ascolto, di buona manutenzione. Con la Moratti, velleitari disegni palingenetici calati dall’alto si accompagnavano alla sciatteria nell’amministrazione quotidiana, altisonanti principi seguiti da stridenti contraddizioni concrete. E mentre si componeva un disegno di devolution selvaggia si praticava un centralismo che estrometteva regioni ed enti locali dall’interlocuzione.
Oggi è l’ora di sostituire ai proclami una sana dinamica partecipata e attenta di crescita della scuola e dei suoi risultati, alle architetture astratte e impraticabili è ora di sostituire un pragmatico riformismo quotidiano. Gli assessori non sono andati dal ministro a chiedere di frantumare la scuola italiana assegnando alle Regioni i pezzi. Nella grandissima maggioranza condividiamo infatti la convinzione che le responsabilità delle Regioni per quanto importanti (e alcune ancora non attuate) non abbiano e non debbano avere la natura di uno spezzettamento del sistema scolastico italiano come la riforma costituzionale del centro destra vorrebbe produrre. La devolution chiude sui più elementari diritti di cittadinanza, su salute e scuola, il cerchio egoistico dei territori più prosperi lasciando allo sbando quelli più poveri.
Una scuola agiata per le regioni ricche e una scuola disastrata per quelle più fragili segnerebbero la definitiva deriva, renderebbero l’istruzione non opportunità di mobilità sociale, ma sanzione delle disuguaglianze dettate dalla nascita e dalla collocazione territoriale. Le Regioni chiedono di far crescere la scuola come sistema unitario. Unitario sia nel senso di fornire altrettante garanzie di buone occasioni formative al sud come al nord, sia nel senso di costruire un sistema della secondaria superiore in cui percorsi differenti siano di reale pari dignità e non segreganti. La vittoria del no al referendum sarà la garanzia da cui potrà partire un lavoro comune dei differenti soggetti istituzionali che devono concorrere ciascuno con le proprie responsabilità e nel segno della leale collaborazione al funzionamento del sistema educativo italiano.
A partire da una proroga dei tempi necessari a rivedere la decretazione sulla riforma del secondo ciclo, il ministro si è impegnato in un processo di ascolto, non solo delle Regioni, ma di chi nella scuola opera direttamente, per mettere mano ad un grande cambiamento. Occorre infatti realizzare tutte le modifiche necessarie non solo alle norme introdotte dalla Moratti, ma anche allo stato attuale della scuola che è tutt’altro che soddisfacente e che una pura e semplice abrogazione della legge lascerebbe in buona parte invariato. Spero che alla fine del percorso, guardando al lavoro di anni si possa dire che la scuola della repubblica italiana si è riformata, passo dopo passo, con il concorso di tutti.

Assessore regionale