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Voto politico per cambiare la convenzione

di Nadia Urbinati

06/05/2013
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la Repubblica



Il referendum consultivo sul finanziamento pubblico alle scuole private parificate che si terrà nella nostra città tra poche settimane è di grande rilevanza se il presidente della CEI, cardinale Bagnasco, ha deciso di scendere in campo. A sfidare i cittadini bolognesi è la potenza delle corazzate vaticane; sproporzione di mezzi; segno che la lotta è sui principi e simbolica, anche se Bagnasco come i sostenitori dell’opzione B afferma che di “oneri per lo stato” qui ce ne sono davvero pochi e quindi è fuori luogo l’appello dei referendari all’Art. 33 della Costituzione. Tuttavia se l’Art. 33 parla di “senza oneri per lo stato” è perchè ragiona in termini non di soldi ma di principi: il punto non è lo spicciolo o la portata dell’onere. Il punto è che siccome la Costituzione proclama diritti eguali per tutti, quell’eguaglianza verebbe eo ispo violata se i soldi pubblici (anche pochi spiccioli) fossero destinati a enti legati ad una fede religiosa, quale che essa sia. La questione dell’Art. 33 è la laicità, la clausola dell’eguale trattamento.
Tuttavia questo referendum non ha per oggetto l’Art. 33 ma l’opportunità che l’amministrazione comunale destini quei soldi alle scuole private. Si tratta di una questione politica dunque, e questo rende i due fronti altrettanto partigiani benchè le ragioni dell’opzione A siano più eque. Chi difende i finanziamenti alle private parificate sostiene che queste scuole sono “pubbliche” a tutti gli effeti e quindi il problema del finanziamento non esiste. Ma l’argomento non è convicente. Con la “parificazione” la legge 62/2000 raggirò l’ostacolo dell’Art. 33. Ma lo fece non rendendo pubblico il privato – il quale del resto vuole (giustamente) mantenere la propria indipendenza e libertà (sarebbe un obbrobrio che uno stato dichiarasse pubbliche le scuole private!). La legge dice che le scuole private che raggiungono determinati requisiti (stabiliti dallo stato) possono richiedere il finanziamento pubblico. La “parificazione” ci mostra una gerarchia di status tra le scuole. E inoltre, non trasforma la natura delle scuole private, ma stabilisce che queste, pur restando private, possono adeguarsi a criteri che le pubbliche hanno costitutivamente. Quindi il privato resta tale anche se “riconosciuto” dal potere pubblico. Se non che appunto, il referendum consultivo non riguarda questo aspetto. Riguarda una scelta politica vera e propria. Perchè?
I cittadini sono chiamati a dare un’indicazione all’amministrazione su quale scelta politica sia desiderabile in questo momento critico. La coperta non basta a coprire tutti. La convenzione tra il comune di Bologna e le scuole materne private parificate venne messa in essere quando c’erano più disponibilità finanziarie. Ma oggi quella convenzione è un problema perchè non riesce a gestire la penuria della risorse in maniera equa. Ma tant’è, qui siamo. Dal problema non si scappa: o la potenzialità delle risorse ritorna alle scuole materne comunali oppure queste ultime non avranno risorse a sufficienza. E’ vero che il milione di Euro non risolverebbe questa penuria. Ma in situazione di emergenza anche il poco è molto. Che fare?
Si dice che comunque sia alcune famiglie sarebbero penalizzare, per esempio quelle che ora iscrivono i figli alle scuole private parificate. Ma questa penalizzazione non sarebbe una ingiustizia come lo sarebbe se ad essere penalizzati fossero quei genitori che vogliono iscrivere i figli alla scuola pubblica ma la loro domanda resta inevasa. Infatti la libera scelta non richiede il sostegno del finanziamento pubblico se non opta per un servizio pubblico. Ma se opta per il servizio pubblico e resta non soddisfatta per la pochezza delle risorse, allora il pubblico ha il dovere di reperire le risorse. E in questi tempi di grande crisi, il reperimento passa per la strata della ridiscussione della convenzione. E’ una scelta tutta politica, quindi: cambiare una decisione per rispondere a una situazione che rispetto al passato è cambiata. Questo è il tema del contendere con questo referendum.