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"Addio scrittura tra test a crocette e temi su Google"

Gianni Oliva, preside dell'Istituto Majorana di Moncalieri e instancabile storico

03/09/2019
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La Stampa

Maria Teresa Martinengo


Due mesi ancora e Gianni Oliva, preside dell'Istituto Majorana di Moncalieri e instancabile storico, andrà in pensione. Ha iniziato ad insegnare nel 1975, ha diretto grandi e complessi istituti, prestigiosi licei classici. «Nella scuola - afferma Oliva, che è stato anche assessore regionale alla Cultura - troppe cose sono rimaste come quando ero studente io».
Il report di Tuttoscuola vede nel calo demografico un'opportunità per restituire efficacia alla scuola. È d'accordo?
«D'accordo. È indispensabile mantenere l'investimento arrivando verso il 5% del Pil, la media europea».
Basterà per recuperare i disastri raccontati dall'Invalsi?
«La scuola continua a proporre il modello costruito negli Anni 70, immobile. Quando ero studente gli insegnanti erano formati per trasmettere un sapere erudito. Noi contestavamo, volevamo un sapere critico. Loro ci consideravano ignoranti, noi rifiutavamo le poesie a memoria. Volevamo saper usare criticamente quanto imparavamo».
E oggi si tende ad ignorare chi c'è nei banchi...
«Oggi continuiamo a proporre quel tipo di scuola a studenti che hanno la forma mentis del saper fare. Quando io compero un cellulare nuovo cerco le istruzioni, uno studente impara provando. Oggi in una fabbrica trovi tecnologia e tute bianche, non il grasso e la polvere degli anni 70. A scuola invece il modello anni 70 è andato avanti sempre più impoverito. Magari c'è la Lim, ma l'insegnante la usa nello stesso modo dell'ardesia. Dove il modello è vecchio mancano stimoli».
Così siamo arrivati a quel 35% che in terza media non è in grado di comprendere un testo in italiano?
«La scuola è il riflesso della società. Se c'è decadimento della cultura questo si riflette anche su chi insegna. Chi comincia a insegnare adesso si è diplomato più o meno dieci anni fa. La scuola è alle fondamenta della società...».
Ma per recuperare alla comprensione della lingua?
«Nella scuola gran parte delle interrogazioni sono scritte, a crocette. Si scrive meno e si parla poco. Un tempo si facevano temi e riassunti. Il riassunto oggi è su Google. Poi però ti chiedono di scrivere una tesi di laurea... Con le risorse recuperate dal calo demografico si dovrebbe creare una scuola a tempo pieno fino alle superiori che dedichi tempo a parlare, a leggere, a scrivere. Così si combatte l'analfabetismo. Poi bisogna insegnare a lavorare in gruppo. La banca che ha assunto mio figlio, laurea in Economia, al colloquio ha verificato la sua capacità di lavorare in team, non le sue conoscenze di finanza. Si lavora in gruppo alle elementari, poi basta».
Quali altre speranze per migliorare le cose?
«Mi piacerebbe si formassero "gruppi di livello". Se uno va male in matematica e latino e viene bocciato, perché deve ripetere inglese in cui va bene? Poi, lo studio della storia dovrebbe iniziare dalla Rivoluzione francese. Bisogna conoscere la storia contemporanea. Non serve un'ora di educazione civica: la Costituzione è un pezzo della storia. Ma bisogna abituare a ragionare».
Cos'altro manca alla scuola per essere efficace?
«Gli insegnanti devono sapere come si muove la società intorno a loro. Serve alternanza scuola lavoro soprattutto per i docenti. Una delle ultime cose che farò nel mio liceo, la prossima settimana, sarà di trascorrere con i miei docenti una giornata alla Unipol Sai: ascolteremo cosa chiedono a un giovane che si presenta per assumerlo». —