Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Agenzia per la Ricerca: opportunità o minaccia?

Agenzia per la Ricerca: opportunità o minaccia?

Nella Legge di bilancio in discussione al Senato, il Governo ha previsto all’articolo 28 la creazione di una nuova Agenzia Nazionale della Ricerca (ANR).

13/11/2019
Decrease text size Increase text size
ROARS

 Alberto Baccini e Giuseppe De Nicolao

Nella Legge di bilancio in discussione al Senato, il Governo ha previsto all’articolo 28 la creazione di una nuova Agenzia Nazionale della Ricerca (ANR). Chi potrebbe mai opporsi alla creazione di una Agenzia che promuove efficienza, eccellenza, sinergia, cooperazione, innovazione, produttività e competitività? Tanto più che l’Agenzia, a regime, distribuirà 300 milioni annui di finanziamenti alla ricerca? In realtà, la notizia della creazione dell’Agenzia ha creato un serio allarme nel mondo della ricerca. Infatti, il Presidente dell’ANR è scelto e nominato direttamente dal Presidente del Consiglio e ben 5 membri su 8 del direttivo sono sotto il controllo politico diretto del governo poiché nominati da vari ministri. Non è la prima volta che i finanziamenti alla ricerca coprono, nemmeno tanto velatamente, il tentativo di mettere i professori e i ricercatori sotto il controllo dell’esecutivo. Tra coloro che hanno raccolto l’allarme c’è stato lo stesso Ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti. Per quanto possa sembrare incredibile, l’articolo di legge sarebbe stato “approntato da un paio burocrati in un fine settimana”, “senza che [il Ministro] sia stato neppure coinvolto”. “Basta manine!” ha twittato Fioramonti. In attesa dell’esame delle impronte digitali, toccherà al Parlamento fermare l’ennesimo attacco all’Articolo 33 della Costituzione.

Nella Legge di bilancio in discussione al Senato, il Governo ha previsto all’articolo 28 la creazione di una nuova Agenzia Nazionale della Ricerca (ANR). La misura era stata annunciata dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte qualche settimana fa in un discorso tenuto al CNR. Prima di lui l’aveva annunciata il precedente ministro leghista del MIUR Bussetti. Era stata prevista nel contratto di governo gialloverde. Figurava nel programma elettorale 2018 del PD. Ne aveva auspicato l’istituzione perfino l’ANAC di Cantone.

Ma che cosa è e quali sono i compiti dell’Agenzia Nazionale della Ricerca che riesce a mettere d’accordo quasi tutte le forze politiche presenti in parlamento?  Si tratta di una agenzia che “promuove il coordinamento e indirizza le attività di ricerca di università, enti e istituti di ricerca pubblici verso obiettivi di eccellenza, incrementando la sinergia e la cooperazione tra di essi e con il sistema economico-produttivo, pubblico e privato, in relazione agli obiettivi strategici della ricerca e dell’innovazione nonché obiettivi di politica economica del Governo funzionali alla produttività e alla competitività del Paese”. Chi potrebbe mai opporsi alla creazione di una Agenzia che promuove efficienza, eccellenza, sinergia, cooperazione, innovazione, produttività e competitività? Tanto più che l’Agenzia, a regime, distribuirà 300 milioni annui di finanziamenti alla ricerca e, inoltre, si presenta come una struttura “agile”, composta da 1 Direttore e 8 membri del Comitato direttivo che con le loro decisioni saranno in grado di evitare sprechi di risorse, mancanza di coordinamento, consentendo la centralizzazione delle decisioni in tema di finanziamento alla ricerca.

In realtà, la notizia della creazione dell’Agenzia ha creato un serio allarme nel mondo della ricerca. Infatti, leggendo l’articolo della legge di bilancio, si scopre che il Presidente dell’ANR è scelto e nominato direttamente dal Presidente del Consiglio e ben 5 membri su 8 del direttivo sono sotto il controllo politico diretto del governo poiché nominati da vari ministri. Con ogni evidenza, l’ANR realizza il sogno bi-partisan di porre sotto il controllo diretto del governo la ricerca e le università.

Ma c’è davvero da temere che il Presidente del Consiglio e i suoi ministri non sappiano scegliere “persone di elevata qualificazione scientifica, con una profonda conoscenza del sistema della ricerca”? Per rispondere a questa domanda, è bene ricordare che Donald Trump ha chiesto agli scienziati che lavorano per il governo di omettere l’espressione “cambiamento climatico” dai loro report. Il parere degli scienziati è merce preziosa per chi governa, che non ama essere contraddetto da pareri autorevoli, che possono essere amplificati dai media e dagli avversari politici. I temi di ricerca scottanti per le ricadute politiche spaziano da quelli socio-economici, come le politiche economiche e il diritto del lavoro, a quelli che toccano la salute delle persone, come gli studi sugli inquinanti, sui vaccini e sui farmaci in generale. Ad essere in gioco non sono i privilegi di una casta di topi di biblioteca o di laboratorio, ma il diritto dei cittadini a ottenere pareri autonomi su temi da cui dipendono benessere e salute, ma anche la capacità di esercitare un voto libero e informato, in un’epoca sommersa da un diluvio di fake news e messaggi di parte. Quando la lotta politica è senza esclusione di colpi, la legislazione dovrebbe mettere in sicurezza l’autonomia della ricerca scientifica piuttosto che consegnarla nelle mani del governo in carica, di qualsiasi colore esso sia.

Non è la prima volta che i finanziamenti alla ricerca coprono, nemmeno tanto velatamente, il tentativo di mettere i professori e i ricercatori sotto il controllo dell’esecutivo. Dopo anni di organici calanti, le Cattedre Natta avrebbero inaugurato una nuova categoria di superprofessori, scelti direttamente dalla presidenza del Consiglio. Anche il progetto Human Technopole era stato contestato perché i beneficiari erano un Istituto di ricerca, l’IIT, e nuclei di esperti selezionati direttamente dal potere politico. Va anche detto che non mancano gli scienziati pronti a mettersi a disposizione in cambio di poltrone e finanziamenti.

Eppure, c’è anche un tessuto di professori e ricercatori che ha percepito immediatamente il rischio incombente quando il nostro blog Roars ha segnalato l’anomalia delle procedure di nomina dei vertici della nuova agenzia, nel segno di una centralizzazione senza adeguati contrappesi che non trova riscontro nelle vicine Francia e Germania. Paradossalmente, tra coloro che hanno raccolto l’allarme c’è stato lo stesso Ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, che, nemmeno fosse all’opposizione, in un post su Facebook dichiara: “faremo gioco di squadra col Parlamento per modificare queste norme”. Per quanto possa sembrare incredibile, l’articolo di legge sarebbe stato “approntato da un paio burocrati in un fine settimana”, “senza che [il Ministro] sia stato neppure coinvolto”. “Basta manine!” ha twittato Fioramonti. In attesa dell’esame delle impronte digitali, toccherà al Parlamento fermare l’ennesimo attacco all’Articolo 33 della Costituzione.

Pubblicato (con leggere modifiche) sul Fatto Quotidiano del 6 novembre 2019