Borse di studio negli atenei solo uno su dieci ce la fa l’Italia lontana dall’Europa
Siamo 29esimi su 42 Paesi. Ma migliora il dato dei vincitori senza assegno: sono 7.400, il 4,3% del totale
Corrado Zunino
In Italia solo uno studente su dieci riceve una borsa di studio, per merito e necessità. Se è vero, come dice l’ultima Conferenza Stato-Regioni, che è praticamente scomparsa la figura dell’universitario “ senza borsa”, il superamento dello scandalo tutto italiano degli “ aventi diritto non beneficiari” lascia insoluta una questione strutturale: in una classifica europea sul numero degli studenti che ricevono un’assegnazione a sussidio, l’Italia è solo ventinovesima. Su quarantadue Paesi (in alcuni casi “nazioni linguistiche”) presi in considerazione.
Il dossier elaborato sui dati 2015-2016 da Eurydice, la rete europea di informazione sull’istruzione, illustra una realtà da retroguardia. In Italia prende il grant il 9,4 per cento degli iscritti a un ateneo. Lasciando fuori dalla comparazione piccole realtà come Malta e Lussemburgo, che offrono borse di studio alla totalità dei loro studenti, basta alzare lo sguardo al Nord Europa per sentirsi schiacciati: Svezia e Danimarca sono sopra l’ 85 per cento degli studenti sostenuti, la Finlandia dà borse a due iscritti su tre. C’è una tradizione di sussidi importanti in tutto il Regno Unito, anche nella Scozia dall’economia depressa. I nostri naturali competitor ( nell’università, nella ricerca) hanno standard più alti anche sui
grants: in Francia il 39 per cento riceve borse, in Spagna il 30, in Germania il 25. Siamo dietro la Slovenia, la Turchia ( presa in esame in questo lavoro), l’Estonia, il Portogallo, la Slovacchia, tutti Paesi che per profilo industriale e Pil sono inferiori all’Italia. Dietro di noi, quasi tutte gli stati a Est. Questi dati, ecco, confermano — nonostante i recenti sforzi istituzionali — il concetto per cui il nostro Paese non riesce a fare propria l’importanza dell’investimento sullo studio superiore.
Come racconta National student fee and support systems, le borse di studio sono una delle sfide chiave per sviluppare un sistema di massa e di qualità dell’alta educazione. Di massa e di qualità, insieme. E a questo fine è necessario capire non solo quanti ragazzi vengono finanziati, ma anche in quale misura. Su questo fronte l’Italia è nelle posizioni alte. Solo in Germania, Svizzera e Galles l’ammontare della borsa è superiore a 5.000 euro. Nei sei Paesi successivi — tra cui il nostro — il sussidio medio si colloca tra 3 e 5mila euro l’anno (le altre nazioni sono Austria, Olanda, Svezia e le due Irlanda).
Le politiche sulle borse di studio, nei vari Paesi, sono diverse. L’Olanda è passata da una copertura universale — garantita invece in Scandinavia — a un’altra basata sui bisogni. L’Islanda soltanto adesso, dopo lunga discussione, ha realizzato una riforma introduttiva. In Gran Bretagna si sta passando dal living cost grant a un prestito di mantenimento. In Italia c’è un sistema misto basato su “ bisogno e merito”: crediti ottenuti, puntualità degli esami e reddito familiare.
Il documento, infine, mette in evidenza come ci sia un rapporto tra borse di studio e tasse pagate (e per tasse si intendono tutti i costi a carico degli studenti). L’Italia è al 26° posto nel ranking per la spesa degli studenti. In Germania, Norvegia, Svezia, Danimarca, Finlandia, Scozia — sulla carta — nessun iscritto paga. Da noi, la tassazione ha riguardato — anno accademico 2017- 2018 — il 90,2 per cento degli studenti. Se si sommano le quote di chi paga le tasse e chi ottiene la borsa si arriva, praticamente, al cento per cento. Chi non versa le rette, è la conclusione, è in condizioni di reddito tali da poter prendere il sussidio. E lo prende. Chiude il lavoro: « Le tasse che gli studenti devono pagare e il supporto finanziario a loro disposizione sono dirimenti per incoraggiare o scoraggiare l’accesso a questo livello di istruzione».
Dicevamo le buone notizie sul fronte “aventi diritto”, rese pubbliche dagli studenti di Link e Udu. Nel 2016-2017 in Italia sono cresciuti a 173.600, più 27.500. Con la ripresa dei finanziamenti in Legge di bilancio ( 50 milioni di euro), il forte investimento delle Regioni del Sud ( Puglia, Calabria, Sardegna, la Sicilia ha raddoppiato i fondi passando da 12,5 milioni a 25,7) e di alcuni atenei (in Lombardia), gli studenti che non sono riusciti a prendere la borsa pur avendone diritto a fine 2017 sono stati 7.411. Su una platea di 173.600, il 4,3 per cento. Nella stagione precedente erano stati 35mila, cinque volte tanto.