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Bussetti sferza le scuole del Sud, la Cgil pensa allo sciopero: vuole il regionalismo differenziato, una sciagura

A dichiararlo è la Flc-Cgil, nel giorno della manifestazione nazionale svolta a Roma

10/02/2019
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La Tecnica della Scuola

Alessandro Giuliani

Opporsi con tutti i mezzi possibili al piano di regionalizzazione che il Governo vuole imporre, anche proclamando lo sciopero generale: a dichiararlo è la Flc-Cgil, nel giorno della manifestazione nazionale svolta a Roma per volere dei sindacati Confederali e delle polemiche a raffica per via della ferma richiesta alle scuole del Sud di impegno e sacrificio, formulata dal ministro Marco Bussetti.

Le parole di Bussetti sono il prologo alla regionalizzazione

Per i lavoratori della Conoscenza, le parole del titolare del Miur “sono chiare e nette ed evidenziano un’idea del Mezzogiorno da un lato sbagliata e caricaturale, ma dall’altro, segnalano il tentativo finalmente scoperto, di dare corpo, senso e concretezza a quel progetto di regionalismo differenziato che tante sciagure porterà all’Italia intera, non solo alle regioni meridionali”.

Secondo la Flc-Cgil, “a quel progetto di secessione dei ricchi che non serve a risolvere i problemi delle scuole del nord, ma aggrava le difficoltà delle scuole del mezzogiorno, rompe l’unità del sistema di istruzione e introduce vere e proprie gabbie salariali, la piazza di San Giovanni oggi ha detto no. Perché di altro ha bisogno il sistema italiano dell’istruzione e della ricerca, e lo abbiamo ribadito con forza nella piattaforma di Cgil, Cisl e Uil e in piazza. Ed è solo il primo passo. Se il Governo andrà avanti deve sapere che la mobilitazione crescerà fino allo sciopero generale”.

Lavoratori sottopagati, maltrattati e vilipesi anche nella dignità professionale

Secondo il sindacato Confederale, “l’istruzione al sud ha bisogno di maggiori risorse, dalle materne, alle università, alle accademie di alta formazione, perché il tempo pieno non si fa col volontarismo, né il gap tra gli atenei si risolve con l’impegno dei singoli. L’istruzione e la ricerca al Sud, ma anche al Nord, hanno bisogno di stabilizzare tutti i precari, perché su di essi grava un lavoro già oneroso, e lo Stato non può permettersi il lusso di lavoratrici e lavoratori sottopagati, maltrattati, e vilipesi nella loro straordinaria dignità professionale. Altro che Sud che “deve impegnarsi forte”.

Per tutti i dipendenti, anche del Nord, il sindacato guidato da Francesco Sinopoli sostiene che il Governo gialloverde deve dare “maggiore impegno per i nostri settori. A cominciare dallo stanziare risorse per il rinnovo del contratto collettivo nazionale. Su questo – ha concluso la Flc-Cgil – attendiamo risposte dal Ministro”.

Gli stipendi piccoli possono passare, le etichette no

Le risposte, però, almeno  per il momento non potranno arrivare: per tutto il 2019, ha detto agli stessi sindacati la ministra per la Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, i finanziamenti per il rinnovo contrattuale si fermeranno a quelli già stanziati con la Legge di Bilancio di fine 2018: quindi, ad appena 8 euro lordi dal mese di aprile e a qualcosa di più in estate.

Insomma, pochi spiccioli: per gli stipendi europei, tanto decantati in campagna elettorale soprattutto dal Movimento 5 Stelle, come quelli della Germania dove si arriva a percepire 5 mila euro lordi al mese, c’è ancora da attendere.

I docenti, comunque, sono abituati: per vedersi assegnati in busta paga 85 euro lordi medi hanno atteso quasi dieci anni. Quello a cui non si abitueranno mai, invece, è l’essere etichettati come poco entusiasti del loro lavoro.