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Carrozza, prima donna alla guida del Cnr "Vincono le ragazze"

La scienziata al timone dopo quasi un secolo di uomini "A scegliermi è stata una ministra: è l’inizio di una nuova era"

13/04/2021
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la Repubblica

Ilaria Venturi

Dicono che sia un poco infastidita dalla retorica di genere, però non può fare a meno di osservare che «una donna che nomina un’altra donna è il passaggio a una nuova era, un simbolo dell’empowerment femminile e di quello che le ragazze possono ottenere, un modello nella loro carriera». Maria Chiara Carrozza è la nuova presidente del Cnr, la prima donna, appunto, che arriva dopo 98 anni e la guida di 22 uomini, tra cui Gugliemo Marconi.

L’ha nominata la ministra all’università Maria Cristina Messa, che quando divenne rettrice alla Bicocca di Milano ruppe il soffitto di cristallo nel suo ateneo ed è già stata alla vicepresidenza del Cnr. Insomma, fa rumore questa staffetta al femminile in un ente paralizzato da febbraio scorso, dopo che ha lasciato la presidenza il fisico Massimo Inguscio. Le congratulazioni, che arrivano bipartisan e dal Pd in forze, riconoscono che un altro muro è stato picconato. La ministra Messa ha scelto Maria Chiara Carrozza, 56 anni, pisana, da una cinquina che non ha reso pubblica: «Con questa nomina — dichiara — il Cnr torna a essere nel pieno delle sue funzioni organizzative e gestionali, oltre che scientifiche ». Quello di Maria Chiara Carrozza, è un curriculum accademico di tutto rispetto: laurea in Fisica, Phd in Ingegneria, docente ordinario di Bioingegneria industriale, allieva di Paolo Dario, super esperto di sperimentazione robotica, scienziata di rango (è nella rosa internazionale delle 25 donne della robotica), è stata la più giovane rettrice italiana, eletta alla guida della Scuola superiore Sant’Anna, direttore scientifico dell’Ircss Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus.

Autrice di numerose pubblicazioni e brevetti, responsabile di progetti europei, Carrozza ha insegnato e condotto ricerche in centri e università anche negli Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud, Cina. Il suo profilo scientifico è già stato messo alla prova dalla politica: è stata ministra all’Istruzione e all’Università nei 300 giorni nel governo Letta e in quella veste fece la guerra agli atenei telematici, istituì la prova unica e nazionale per l’accesso alle scuole di specializzazione di Medicina, tentò di intervenire sui concorsi accademici («vanno moralizzati », disse). Nel suo nuovo incarico commenta: «Sono felice di essere la prima donna a ricoprire un ruolo così prestigioso e impegnativo». Promette ascolto, per «capire che cosa si aspetta il Paese e che cosa ci si aspetta all’interno dell’ente», intende «essere primus inter pares tra ricercatrici e ricercatori, perché «insieme dobbiamo riportare al centro dell’attenzione sociale, economica e politica la ricerca unico volano per la ricostruzione del Paese e il futuro dei giovani ». I nodi che dovrà affrontare al Cnr sono annosi, compreso quello delle assunzioni da completare, del rilancio e di investimenti nella ricerca. Il primo obiettivo a caldo lo indica pensando alla pandemia: «Se una cosa abbiamo imparato è che la scienza, in riferimento ai vaccini, è la salvezza e può rappresentare uno strumento importante per uscire da questa crisi». E aggiunge: «Lavorando con il ministero della Ricerca e con quello della Salute, quindi secondo una prospettiva più teorica e una più clinica il mio obiettivo è fare ponte fra questi due ambiti: non è solo una questione di organizzazione della ricerca, ma di cultura. Abbiamo imparato che dall’800 bisogna portarsi dietro questo approccio culturale». Sarà, spiega la «grande occasione per risollevare la ricerca». Meta ambiziosa, rimarrà in carica per i prossimi quattro anni.