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Coronavirus, Locatelli: «La scuola non apre per richiudere, ma le famiglie siano responsabili»

Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità: le lezioni in presenza devono ricominciare. Siamo ancora il Paese con la più bassa incidenza di casi e siamo ben attrezzati

14/09/2020
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Corriere della sera

Margherita De Bac
 

«Non apriamo per richiudere», sintetizza con uno slogan Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, fin dall’inizio dell’emergenza Covid-19 al lavoro nel Comitato tecnico-scientifico. «Le lezioni in presenza devono ricominciare. Tutto il Paese e lo Stato hanno profuso il massimo dello sforzo per garantire la sicurezza sia in termini di dotazioni (banchi separati, mascherine) sia per arrivare a protocolli condivisi per gestire al meglio eventuali casi di contagio. Senza contare l’attenzione massima per i trasporti che dovranno sostenere un numero elevatissimo di passeggeri tra studenti e operatori».

Quindi vi sentite a posto?
«Sì, ma teniamo conto che un problema così complesso richiede la partecipazione di tutti. Famiglie, studenti, docenti. Non si può pensare che la responsabilità sia demandata solo a chi decide. Sono certo che con l’impegno di tutti non solo la scuola riapre, ma si arriverà fino alla fine dell’anno».

Scommette?
«Qualche episodio di infezioni ci sarà, va messo in conto, se negassi non sarei realista».

I bambini vanno a scuola e poi dai nonni. Non è pericoloso?
«È poco sostenibile che i bambini non debbano avere contatti con i nonni, sarebbe una deprivazione di affetto. Gli alunni saranno resi consapevoli che essere responsabili nei comportamenti significa proteggere i loro amati nonni».

È vero che il ritorno in classe farà salire l’indice di contagio, l’Rt, dello 0,4 per cento?
«Le stime vanno lette nel contesto specifico. Un aumento di nuovi casi positivi ci sarà, ma contenuto e non dovremo spaventarci. Non siamo nella situazione dello scorso marzo. Ora siamo bene attrezzati e il quadro epidemiologico è migliore. Ogni giorno l’Italia può produrre 35 milioni di mascherine. Undici andranno alle scuole. Sono quelle chirurgiche, le più adatte e sicure. Come medico le ritengo preferibili a quelle di stoffa».

C’è il rischio di tornare indietro?
«No, non ci sono i presupposti per ripristinare chiusure. Siamo sempre il Paese con la più bassa incidenza di casi, 27 per 100.000 abitanti».

I bambini possono però passare il virus agli anziani. L’età media dei nuovi positivi è in salita, da 30 a 40.
«È l’effetto del dopo vacanze. La popolazione sopra i 70 anni contagiata è passata dal 6,4 per cento nella settimana dal 10 al 23 agosto al 7.2 del periodo 24 agosto-6 settembre. Abbiamo il dovere di non continuare lungo questa china. Un piccolo ma evidente incremento da non sottovalutare si nota nei ricoveri in terapia intensiva. A luglio i pazienti in rianimazione erano meno di 50, ora sono quasi 200. È evidente che il virus ha la stessa capacità di indurre problemi gravi e fatali. Ma la scuola, ripeto, è nelle condizioni di non contribuire a peggiorare la situazione».

Martedì il Cts esprimerà un parere sulla proposta di portare la quarantena da 14 a 7 giorni. Cosa prevede?
«Verrà fatta una riflessione in base all’evidenza scientifica per capire quale sarebbe l’impatto della riduzione. La Francia ha già deciso in questo senso, ritenendo che portare la quarantena a 7 giorni abbia un effetto limitato sul rischio di trasmissione, in quanto la massima contagiosità la si osserva nei primi 5 giorni dopo la positività del tampone. Noi saremo prudenti e scrupolosi valutando tutte le evidenze disponibili. Sarà una scelta esclusivamente scientifica che prescinde da valutazioni di tipo economico e sociale. Non spettano a noi».

Perché la febbre va misurata al bambino prima di uscire di casa?
«La misurazione direttamente a scuola si può fare in piccoli istituti, quando il numero degli alunni è alto si creano assembramenti. Inoltre il bambino che esce di casa con 38 di febbre è contagioso. C’è chi obietta, e se poi il genitore lo porta ugualmente a lezione anche con la febbre? Ho troppa stima dei genitori per sospettare che lo facciano».

La sperimentazione sul vaccino può ripartire. È un sospiro di sollievo?
«Ottima notizia. Il vaccino di AstraZeneca, messo a punto dall’università di Oxford e preparato dall’Irbm, è in fase avanzata. Questo episodio di stop temporaneo dimostra la serietà del processo di validazione dei vaccini e dovrebbe convincere chi li guarda con sospetto a fidarsi. La sicurezza è fondamentale anche quando si sarebbe portati a bruciare i tempi per rispondere all’emergenza».

Lei insegna pediatria alla Sapienza. È contento di ricominciare le lezioni dal vivo?
«Felice. Le lezioni in presenza sono un arricchimento per studenti e docenti. Niente può sostituirle sul piano dell’efficacia».