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Corriere-ROMA - I ricercatori e gli impiegati dell'Istat protestano ...

ROMA - I ricercatori e gli impiegati dell'Istat protestano ... ROMA - I ricercatori e gli impiegati dell'Istat protestano davanti al gran portone del Parlamento e poi vanno a occupare i loro u...

22/12/2004
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Corriere della sera

ROMA - I ricercatori e gli impiegati dell'Istat protestano ...

ROMA - I ricercatori e gli impiegati dell'Istat protestano davanti al gran portone del Parlamento e poi vanno a occupare i loro uffici, nella sede di via Balbo, sul dorso del colle Viminale: dove, per una volta, forniscono numeri che non riguardano il Paese intero ma solo loro, il piccolo esercito di studiosi che - periodicamente, nel bene e nel male - fotografa l'Italia. Lo sguardo scorre sui ranghi dei manifestanti: ci sono striscioni e cartelli contro la Finanziaria. Ci sono facce desolate e altre nervose. Ma, soprattutto, sullo sfondo c'è la curiosità dei romani che rallentano il già complicato assalto natalizio. Negozianti fuori dalle boutique. "Nooo... Protestano pure quelli dell'Istat? Proprio quelli che...".
Proprio noi, dicono loro rassegnati. Stato d'agitazione proclamato da Uil e Cgil. "Il governo ci vuol tagliare 20 milioni di euro", spiegano i sindacalisti. "Quasi il 10% delle risorse necessarie alle nostre ricerche per il 2005". Fanno calcoli, spiegano.
E, dove non arrivano con i numeri, ci mettono le parole. Dure. "Se lo Stato decide di rinunciare a noi, automaticamente decide di rinunciare a capire come sta, dove va, a come può vivere o morire": Carlo De Gregorio ha 42 anni, ricercatore, terzo livello, 1500 euro al mese. Lavora sui prezzi: "Li studio, cerco di interpretarli: ma poi, quando vado a fare la spesa, al mercato, quando compro la frutta e il pane, il latte e la carne, sono il primo a verificare se i nostri conteggi sono esatti". E sono esatti? A quanto è l'inflazione? "All'1,9%". Come se la cavano le famiglie italiane? "Faticano. Anzi, fatichiamo".
Ma almeno, dicono Carlo De Gregorio e gli altri manifestanti, "sappiamo quanto fatichiamo, e come, e perché". A questo, in fondo, serve il lavoro dell'Istituto nazionale di statistica. "Ma se ci tagliano i fondi, come faremo? Come potremo acquistare nuovi e più moderni sistemi informatici? Che poi...". Che poi, cosa? "Lasciamo pure stare l'acquisto di nuovi mezzi tecnologici: vogliamo parlare del taglio delle assunzioni?". Parliamone: quanti siete? "Sull'intero territorio nazionale, l'Istat ha 2100 persone, di cui 460 ricercatori. Poi ci sono 450 precari e 360 collaboratori, che in pratica costituiscono l'intera rete di rilevatori, quelli che, per intenderci, vanno casa per casa a fare domande". Ecco, appunto: siete pochi o tanti? "Rispetto alla Gran Bretagna, o alla Francia, siamo pochi, pochissimi. Per non parlare poi di Paesi come l'Irlanda, dove un ricercatore guadagna anche 3000 euro al mese". Il doppio rispetto a voi... "Perché lì, ai ricercatori, a certe statistiche, viene conferito il doppio, il triplo dell'importanza. Lì, i governi locali hanno capito quanto fondamentale siano certe ricerche, certi studi...".
Attraverso i numeri, spiegano, "si capiscono tante cose, ma qui, in Italia, il governo non s'è minimamente preoccupato della minaccia formulata, nello scorso mese di ottobre, dal Consiglio di istituto". Che ha annunciato, in assenza di risorse adeguate, il rischio di chiudere ogni tipo di indagine sui "consumi delle famiglie italiane". L'indagine analizza le spese dei nuclei familiari e poi la priorità che viene data ai vari beni di prima o seconda necessità. "Con questi calcoli si arriva a misurare il tasso di inflazione: ecco, è questo tipo di ricerca che rischia di chiudere. Solo che così, poi, non avremo più il termometro del Paese".
Fuori c'è un vento gelido. Tornano a casa. Provano a sorridere: "La nostra protesta, politicamente parlando, in fondo, fa statistica".
Fabrizio Roncone