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Così scattano le lezioni a distanza «In 24 province contagi oltre i limiti»

Stop in tutte le zone rosse. Decisione ai governatori nelle aree con oltre 250 casi ogni 100 mila abitanti in 7 giorni. Le forze di governo divise

03/03/2021
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

D ice il ministro della Salute Roberto Speranza che c’è «massima attenzione» sulla scuola e che c’è «l’impegno di tutto il governo perché questo passaggio venga vissuto nel modo migliore». Ma la chiusura di tutte le scuole nelle zone rosse, dalle materne alle superiori, «con la didattica a distanza per ogni ordine e grado» e solo nei casi di eccezionale gravità quando si verificano «oltre 250 casi ogni 100mila abitanti, nei 7 giorni», è la misura più importante e combattuta del primo Dpcm dell’era Draghi. Ci sono volute diverse riunioni con i governatori, il parere del Cts e lo studio dell’Istituto superiore di sanità per decidere. Ancora ieri mattina, un ultimo aggiornamento: la chiusura, se si supera il limite dei 250 casi, non sarà automatica ma decisa dai governatori. Questo permette subito alle due province autonome di Trento e Bolzano di annunciare che non chiuderanno le scuole elementari perché hanno scelto la via del monitoraggio e dei tamponi.

Non è passata neppure la proposta del ministro Patrizio Bianchi di legare la chiusura delle scuole a quella dei negozi. Anzi, per i servizi di asporto si sono allargate le maglie dei divieti. E la scelta drastica di poter ricorrere alla Dad per tutti anche nelle zone arancioni se i contagi nel Comune superano la soglia indicata nel Dpcm vuol dire che nel giro di poco tempo i due terzi degli studenti potrebbero essere a casa. Oltre a Basilicata e Molise che sono già «rosse», secondo la simulazione di YouTrend (sui dati del bollettino della Protezione civile e non su quelli dell’Iss che conteggiano solo i tamponi molecolari), sono 24 le Province in cui i governatori potrebbero proporre la chiusura di tutte le scuole: Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Chieti, Como, Forlì, Frosinone, Imperia, Macerata, Mantova, Modena, Monza e Brianza, Pescara, Pistoia, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Salerno, Siena, Trento, Udine, Verbano-Cusio-Ossola. E ce ne sono altri venti in cui i contagi sono già oltre i 200 ogni 100.000 abitanti e tra queste c’è anche Milano, assieme ad Arezzo, Ascoli Piceno, Caserta, Cremona, Cuneo, Ferrara, Gorizia, Lecco, Lucca, Massa-Carrara, Napoli, Parma, Pavia, Perugia, Prato, Taranto, Torino, Varese, Vercelli.

Il rapporto

Da settembre al Nord i ragazzi sono andati in classe il doppio dei giorni rispetto al Sud

Anche nel governo ci sono voci dubbiose sulla scelta. Italia Viva, con Teresa Bellanova e Gabriele Toccafondi non è d’accordo con la misura: «Abbiamo sempre detto che la scuola a distanza non aiuta i ragazzi. E non si possono tenere a casa quando si garantisce che i negozi possono restare aperti». E anche gli M5s con Gianluca Vacca chiosano: «Si poteva fare qualcosa di più». Mentre Matteo Salvini plaude alle decisioni: «Se lo dice la comunità scientifica i ragazzi si lasciano a casa».

Il ministro Speranza promette che ci sarà una riflessione sulle misure da prendere per la fine dell’anno — si era parlato di allungare il calendario — e il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli spiega che si può valutare se vaccinare in futuro anche i più piccoli. La ministra Gelmini annuncia aiuti alle famiglie, ma le chiusure provocano reazioni contrastanti nel mondo della scuola. Anita, la ragazzina simbolo del no alla Dad annuncia che tornerà in piazza e così le mamme del movimento Priorità alla scuola si stanno preparando a «un mese di proteste e ricorsi». Save the children pubblica un rapporto inquietante: da settembre nelle regioni del Nord, si legge, i ragazzi sono andati a scuola il doppio dei giorni rispetto ai ragazzi del Sud. Gli studenti delle scuole medie a Napoli sono andati a scuola 42 giorni su 97 mentre quelli di Roma sono stati in classe per tutti i 108 giorni previsti.