Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Covid-19 e scuole chiuse fino a giugno? «Io preside e i miei prof che non vogliono fare le lezioni online»

Covid-19 e scuole chiuse fino a giugno? «Io preside e i miei prof che non vogliono fare le lezioni online»

Le difficoltà con la didattica a distanza. Al Chiodi di Roma tre prof su 5 non vogliono andare in video, mandano solo compiti e materiali. La preside: vado avanti

29/03/2020
Decrease text size Increase text size
Corriere della sera

Lo ha scritto anche nel messaggio ai genitori venerdì mattina, sul sito della sua scuola, l’Istituto comprensivo Chiodi di via Appiano a Roma: «Si informano le famiglie che i docenti della Scuola Secondaria di I grado si sono espressi, tramite questionario, con parere contrario alla attivazione delle lezioni on-line. Pur tenendo presente tale esito la Scuola ha deciso comunque di attivare le lezioni on-line per i docenti che si sono espressi con parere favorevole», sono le prime righe della circolare della preside Incoronata Sarni, da dieci anni dirigente della scuola. Nel questionario ha chiesto ai suoi docenti delle medie - sono dodici classi - che cosa vogliono e possono fare e perché: il 58 per cento, tre su cinque, le ha risposto che in video, a casa dai loro studenti, avrebbe preferenza di no. «Preferirebbero non avvalersi di questa di questa metodologia», racconta la preside in una conversazione informale: «Comunque apprezzo lo sforzo e il lavoro che tutti stanno facendo in questo momento di difficoltà».

Ma se lo aspettava un no così diffuso?
«C’è la libertà di insegnamento e forse i docenti fino ad ora pensavano che si sarebbe trattato di passare due o tre settimane senza scuola. Sono insegnanti non giovanissimi, poco abituati alle tecnologie anche se usano il registro elettronico».

In tre settimane, da quando le scuole sono chiuse non avete fatto ancora nessuna lezione?
«Certo, ci siamo attivati per mantenere il contatto con i ragazzi, hanno dato compiti, scritto mail e messaggi. Ci siamo mossi, ma le lezioni in video sono un’altra cosa. Ci vuole un computer, non basta un telefonino, non tutti ne dispongono».

Perché non le vogliono fare, non c’è un «obbligo» a fare comunque la didattica anche se con mezzi diversi?
«Non c’è alcun “obbligo” di fare video e lezioni a distanza: loro le loro ore le fanno perché danno compiti e li correggono e preparano materiali, sono in contatto. Non è questo il punto. C’è un po’ di diffidenza per il mezzo, temono che le loro lezioni possano venire registrate e usate dagli studenti in modo inappropriato. Forse c’è una presa di posizione, un pregiudizio, il desiderio di conservare le proprie prerogative. Su come fare lezione, il professore è sovrano».

Ma lei va avanti lo stesso?
«Lunedì cominciamo con quelli che sono pronti, abbiamo fatto dei tutorial, ho preparato un orario, anche se un po’ ridotto, e cominciamo. Io spero che anche i colleghi si convincano. Non potevo aspettare oltre, ricevo continue sollecitazioni dei genitori. E così ho scritto la circolare per spiegare anche a loro che cosa è successo in tutto questo tempo».

Gli insegnanti delle elementari invece sono stati favorevoli a cominciare la didattica a distanza?
«Sì per loro non ci sono stati problemi,così come quelli della materna inviano regolarmente i materiali ai genitori. E’ tutto molto complicato in questo momento: i bidelli e gli altri amministrativi vengono tutti da fuori regione, quindi sono a disposizione per le emergenze e basta. Per contattare tutti e organizzarci facciamo al telefono, via Skype ma è lungo e complesso. I docenti anche quelli che non vogliono andare in video comunque preparano materiali e passano molte ore a fare le correzioni per dare un feedback ai ragazzi, direi che lavorano più di prima».

Se i suoi prof non vogliono andare in video, come farete a dare i voti alla fine dell’anno, a fare le riunioni, i collegi dei docenti...
«Che le devo dire, ci organizzeremo. Per i voti stiamo aspettando le linee guida dal Miur, hanno fatto una nota ma è molto generica. C’erano voci di un allungamento dell’anno scolastico».

Per ora smentite.
«Peccato perché anche tornare a scuola due o tre settimane a giugno, rinviando gli esami a luglio, sarebbe stato utile almeno per la valutazione degli studenti. Per dare i voti»