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Efficienti e aperte al mondo ecco le università migliori d’Italia

I voti del Censis agli atenei

03/07/2018
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la Repubblica

Ilaria Venturi

Bologna è da record: ancora prima per il nono anno consecutivo tra i mega atenei.

Migliora La Sapienza, Padova raggiunge Firenze.

L’Università della Calabria balza in avanti, Pavia scivola al quarto posto, Teramo retrocede. Chi sale e chi scende. Anche quest’anno il Censis pubblica le classifiche delle università italiane, suddivise in categorie omogenee per dimensioni e valutate in base ai servizi, le strutture, le borse di studio offerti agli studenti, ma anche sulla comunicazione e l’internazionalizzazione. Ed è su quest’ultima voce che l’istituto di ricerche accende i riflettori: «Sul fronte dell’offerta, la dimensione internazionale acquisisce un peso sempre più consistente». Insomma, è sull’apertura all’Europa e al mondo — viene suggerito — che l’accademia si gioca la partita del futuro.

Nel 2016-17 più di 44mila iscritti, quasi il 4% del totale, hanno studiato e dato esami all’estero, e più del 23% di loro lo ha fatto con l’Erasmus. Gli atenei hanno ospitato 29mila studenti stranieri in mobilità. Crescono anche i corsi in lingua inglese (quasi il 9% nel 2016) e che rilasciano il doppio titolo (13%).

«Questi dati indicano una sempre maggiore articolazione dei percorsi universitari, a cui è opportuno accedere con grande consapevolezza», avverte il Censis che per la prima volta offre, oltre al ranking degli atenei, anche l’analisi non solo dei corsi triennali e a ciclo unico, ma anche delle lauree magistrali biennali, quel “+2” sulle quali le università competono sempre più. E se il primo titolo è preso solitamente nell’università più vicina, per la specializzazione gli studenti sempre più seguono interessi, cercano qualità e titoli spendibili sul mercato del lavoro.

La classifica dell’edizione 2018-19 (dossier completo on line in www. censis. it) è un supporto all’orientamento, quantomeno sottrae al “sentito dire” la scelta di una laurea. A fronte, scrive il Censis, di «una ripresa delle immatricolazioni per il terzo anno consecutivo e di rinnovata attrattività dell’istruzione universitaria», scelta da oltre il 47% dei 19enni italiani. Più in dettaglio, la gara tra atenei nel confronto con l’anno prima. Tra i “mega” Bologna si tiene stretta il primato, con un punteggio complessivo pari a 91,2, seguita da Firenze e Padova (che sale di una posizione acquisendo 4 punti nella comunicazione digitale). La Sapienza cresce di due posti grazie a 4 punti in più sulle strutture per gli studenti.

Ultima rimane la Federico II di Napoli, preceduta da Catania e dalla Statale di Milano. Tra i grandi atenei (da 20 a 40mila iscritti) Perugia rimane in vetta pur perdendo 5 punti alla voce strutture. L’Università della Calabria arriva seconda (con 22 punti in più per le borse di studio, 12 in più per i servizi digitali). Si conferma terza Parma, perde due posizioni Pavia, che è quarta. Siena guida gli atenei medi, dove Sassari sorpassa Trento e stabile al quarto posto è Trieste. Tra i piccoli atenei primeggia nuovamente Camerino, poi Foggia che sale di due posizioni scalzando Teramo retrocessa al quarto posto, mentre Cassino sale dalla quinta alla terza posizione. Stabile la classifica dei politecnici: in testa sempre Milano. E non riserva sorprese la gara tra gli atenei non statali: la Bocconi è prima tra i grandi, la Luiss tra i medi e Bolzano guida i piccoli.

Intervista

Il direttore del Censis

“Corsi più competitivi contro il calo di iscrizioni”

«Il mio è un grido di allarme: andiamo verso una strutturale riduzione delle immatricolazioni legata al declino demografico del nostro Paese. E dunque la sfida che attende le università italiane si gioca tutta sul piano dell’internazionalizzazione.

Non vedo altra strada».

Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, offre una chiave di lettura alla nuova classifica degli atenei: nei prossimi anni sarà necessario, dice, andare a caccia di matricole fuori dai confini nazionali.

«Il nostro ranking, oltre ad orientare i giovani e le loro famiglie, innesca meccanismi di concorrenza positiva e permettere di andare a vedere, laddove ci sono, i possibili margini di miglioramento, per ciascun ateneo, e la capacità attrattiva del sistema universitario».

Eppure, direttore, le immatricolazioni sono in ripresa.

«C’è un ritorno ad iscriversi all’università, ma non reggerà.

Nei prossimi anni si ripercuoterà la flessione della natalità che significa meno giovani».

Lei suggerisce di attirate iscritti dall’estero?

«È la sfida: competere sul piano internazionale. È vero che gli atenei stanno migliorando rispetto a questa voce. Ma siamo in ritardo».

In che senso?

«Gli universitari stranieri iscritti all’università in Italia sono il 4,4% contro il 7,7 della Germania e quasi il 10 della Francia. Per non parlare del Regno Unito, dove rappresentano il 18,5%».

Quale strada indica per questa sfida?

«I corsi in lingua inglese, sui quali ho trovato anacronistica la polemica, è una misura. E poi vanno valorizzate le eccellenze che il mondo ci riconosce, dal design alla moda. Va costruita un’offerta formativa che parli il linguaggio della globalità» .– i.v.

Il rettore di Bologna

“La ricetta? Lezioni in inglese ed Erasmus per i ricercatori”

Detiene il primato nella classifica Censis da nove anni.

Ma l’ateneo di Bologna è da record anche sul fronte dell’internazionalizzazione: prima università in Europa per numero di studenti in Erasmus. E con un tasso elevato di studenti stranieri iscritti. «Ma non basta», osserva il rettore Francesco Ubertini.

Il Censis indica come necessaria per le università italiane la sfida dell’internazionalizzazione, anche ponendosi il problema di attrarre iscritti dall’estero.

Concorda?

«Assolutamente sì. Quest’anno abbiamo l’8% degli immatricolati con cittadinanza estera, cresciamo dell’1% ogni anno. Ma è un dato ancora troppo basso. L’obiettivo è arrivare a una media di ateneo del 10%».

Puntate molto sui corsi in lingua inglese?

«Nelle Scuole che sono partite prima con questi corsi, come Ingegneria-Architettura ed Economia e Statistica, arriviamo al 18% di iscritti stranieri nelle magistrali internazionali».

Basta attivare questi corsi per attirare iscritti dall’estero?

«Una sola azione non è sufficiente: contano la qualità della didattica, i servizi e le infrastrutture, l’attrattività della città».

Bologna ha siglato un’alleanza con altre cinque università, tra cui la Complutense, la Sorbona e la Freie Universität di Berlino,per far nascere un mega-ateneo europeo.

«L’idea è avviare nuove forme di mobilità e di integrazione: corsi e titoli in comune, la condivisione di laboratori e biblioteche. Una sorta di Erasmus esteso garantito anche ai ricercatori. L’obiettivo a breve sarà portare oltre la metà dei nostri studenti in Erasmus. Per poi andare oltre: creare uno spazio unico di alta formazione in Europa». – i.v.