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Eurostat, la dispersione scolastica in Italia cala ma non abbastanza

Nell’ultima rilevazione europea il tasso di abbandoni è sceso sotto il 14 per cento ma restiamo comunque quintultimi in Europa: peggio di noi solo Portogallo, Romania, Spagna e Malta

10/09/2017
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Corriere della sera

Orsola Riva

L’obiettivo europeo

Il tasso di dispersione scolastica in Italia continua a scendere (siamo al 13,8 per cento su scala nazionale) ma è ancora lontano dall’obiettivo del 10 per cento fissato dall’Europa per il 2020. L’ultimo rapporto pubblicato oggi da Eurostat ci dà al quinto posto per numero di «early school leavers»: giovani 18-24enni con in tasca solo il diploma di scuola media. Peggio di noi fanno solo Portogallo Romania Spagna e Malta che però partivano da situazioni molto peggiori della nostra. Né possiamo consolarci del fatto che anche gli inglesi e per un soffio i tedeschi non abbiano ancora raggiunto la soglia europea perché da loro ci sono molti più immigrati, una fascia di popolazione particolarmente esposta all’abbandono scolastico.

Lo svantaggio dei ragazzi

In generale, nonostante il trend in discesa in tutta Europa, si conferma lo svantaggio dei maschi che praticamente ovunque (salvo che in Romania, Bulgaria e Repubblica Ceca) sono molto più a rischio delle ragazze: la media europea è del 12,2 per cento contro il 9,2.

La forbice Nord-Sud

Se si osserva il trend degli ultimi dieci anni si vede bene come, nonostante gli abbandoni siano in continuo calo, il passo dell’Italia sia troppo lento. Prendiamo il Portogallo, che oggi ha livelli di dispersione scolastica analoghi ai nostri (14 per cento). Nel 2006 avevano quasi il doppio dei nostri abbandoni: il 38,5 per cento contro il nostro 20 per cento di partenza. Ma quello che è ancora più grave è il persistere della forbice fra Nord e Sud e, a livello più capillare, fra aree avvantaggiate e svantaggiate, centro e periferie. Solo per fare un esempio, il Veneto ha già superato il traguardo europeo (8 per cento) mentre Sicilia e Sardegna sono ferme al 24 per cento. 
Il tasso di abbandono esplode nel primo biennio delle superiori, a dimostrazione del fatto che per ridurre la dispersione scolastica bisognerebbe intervenire prima di tutto sul passaggio delicatissimo fra scuola media e superiori mettendo in campo, a livello ministeriale, opportune politiche di orientamento che non possono essere demandate alle singole scuole. Qualche settimana fa si è aperto un dibattito sull’utilità o meno di innalzare il livello dell’obbligo a 18 anni, come auspicato dalla ministra Valeria Fedeli. Si è pure parlato di una revisione complessiva dei cicli scolastici, che un governo in scadenza come questo non è però in grado di affrontare. Forse si potrebbe incominciare col risolvere la contraddizione insita nel fatto che la fine dell’obbligo è fissata a 16 anni (cioè , salvo bocciature, al secondo anno delle superiori) ma per avere un diploma in tasca bisogna frequentare almeno un triennio di scuola dopo le medie.