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Gli orfani della scuola

I dati Istat sulla Dad

10/07/2021
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Linda Laura Sabbadini

Concentrati sui nostri traumi nel nostro mondo di adulti ci stiamo occupando poco dell’impatto di questa pandemia sul mondo dei bambini. Non sono semplici ipotesi, non sono le valutazioni delle associazioni o degli insegnanti. Sono i dati Istat che parlano e preoccupano, quelli presentati ieri nel Rapporto annuale alla Camera dei deputati dal presidente Gian Carlo Blangiardo. Sì, perché un anno così critico per la formazione dei bambini rappresenta un grave rischio per il Paese, oltre che per la qualità della loro vita. Ricordiamocelo, abbiamo già un basso livello di competenze rispetto agli altri Paesi avanzati e più bassi livelli di istruzione. Non possiamo più permettercelo, questo è un punto cruciale per il futuro del Paese e per la qualità della vita dei bambini. Ci vuole una svolta. Solo 1 milione e 700 mila bambini, un terzo, hanno fatto lezione tutti i giorni e con tutti gli insegnanti. Si arriva a 2 milioni 630 mila, circa la metà, se si includono quelli che hanno dichiarato di aver fatto lezioni con la maggioranza dei docenti, mentre per gli altri la vita scolastica è stata connotata dalla saltuarietà delle lezioni e dalla parzialità degli insegnamenti erogati. E non dimentichiamoci dei circa 800 mila bambini per i quali l’emergenza sanitaria ha compromesso fortemente la continuità didattica, non pochi.

Per il 65% dei bambini è cresciuto l’impegno dei familiari nell’aiuto nello studio, ciononostante molti hanno avuto un abbassamento del rendimento scolastico, secondo la percezione soggettiva dei familiari. Per di più tra i bambini che hanno seguito le lezioni a distanza, anche se non assiduamente, 4 su 10 hanno avuto problemi di concentrazione e di motivazione, uno su 3 ha avuto difficoltà a seguire le lezioni in autonomia, senza considerare tutti i problemi di connessione a Internet e di carenza di computer in casa.

Ma c’è un altro aspetto critico che non va sottovalutato, l’impatto emotivo — comportamentale della Dad. Un bambino su tre ha espresso irritabilità o nervosismo. Uno su 10 disturbi alimentari, altrettanti del sonno e la paura del contagio. Insomma, si arriva a 4 bambini su 10 che hanno avuto almeno uno dei problemi elencati. Non più rimandabile sarà una assistenza psicologica per i nostri bambini, anche nelle scuole.

La ripresa dell’anno scolastico è stata migliore, ma non per tutti. È avvenuta in modalità mista per il 17,5% ed esclusivamente a distanza ancora per il 13,9%. Certo la continuità didattica è stata garantita in tutte le materie per il 92,7% dei bambini, che erano in gran parte contenti di tornare a scuola. Ma non va sottovalutato quel 15% che non lo era. Il rientro ha portato un miglioramento dell’atteggiamento dei bambini nei confronti della scuola soprattutto tra chi è stato sempre in presenza. Segnali di stanchezza e scarsa concentrazione emergono ancora, e anche problemi di socializzazione. Elementi che possono incidere fortemente sull’apprendimento e il livello delle competenze.

Dobbiamo investire di più sui nostri bambini. Dobbiamo comprendere i segnali di sofferenza che trasmettono.

Dobbiamo fare di tutto per garantire la scuola in presenza e le relazioni sociali, punto chiave dell’apprendimento e delle competenze. Se una cosa ci è chiara dopo quest’esperienza tragica è che nulla potrà sostituire il contatto umano, la socializzazione, il pathos e la percezione che lo stare insieme fra umani ha da sempre plasmato.

Abbiamo un problema culturale stratificato negli anni nel nostro Paese che dobbiamo affrontare: lo scarso valore dato alla formazione. Nel Pnrr, in questo senso, ci sono molti segnali positivi e investimenti. Ma dobbiamo cambiare anche il nostro atteggiamento culturale rispetto al valore del titolo di studio.

La laurea serve. I laureati hanno resistito di più alla crisi. In tutte le crisi, il livello degli studi raggiunto è fondamentale. I nostri giovani si laureano troppo poco. Non ci credono più. E invece la formazione è decisiva per il riscatto sociale.

Al governo il compito di tenere fermo il timone sui diritti dei bambini, fin dall’asilo nido, investendoci di più, e di potenziare le diverse figure professionali. Ai giovani e alle famiglie il compito di riscoprire il valore e la bellezza dello studio, uno strumento fondamentale di lotta alle disuguaglianze.

Linda Laura Sabbadini è direttora centrale Istat. Le opinioni qui espresse sono esclusiva responsabilità dell’autrice e non impegnano l’Istat