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«Ho visto due giovani morire in Ateneo Difendo il rigore ma serve umanità»

Il docente sotto choc

11/04/2018
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Corriere della sera

Simona Brandolini

«Una studentessa della Federico II, una di noi, ha deciso di lasciarci. Lo ha fatto tragicamente seguendo percorsi della mente che nessuno ha saputo intuire».

Piero Salatino, presidente della Scuola politecnica e delle Scienze di base della Federico II, con un post su Facebook ha chiesto ad alunni e docenti di fermarsi a mezzogiorno di ieri. Di raccogliersi. Ne è nato un corteo, spontaneo, che ha sfilato nel campus di Monte Sant’Angelo.

Professore, nel 2013 un’altra studentessa si tolse la vita, nella facoltà di Ingegneria.

«Lo ricordo con dolore, erano i miei ultimi giorni da preside di Ingegneria: quel periodo è legato a questa esperienza devastante. Oggi, anche se sono episodi diversi, si ripropone il tema della fragilità dei ragazzi e la scelta di porre fine alla propria vita in ateneo ci fa pensare».

A cosa?

«La scuola e l’università devono formare, ma anche educare. Si vuole accreditare l’idea di un percorso di studi competitivo e spietato, quando mai come ora l’attenzione a formare persone complete sta diventando un aspetto rilevante. Vivere l’università come competizione, annichilendosi, non è la chiave del successo. Va vissuta con equilibrio e serenità. Con ciò non voglio chiamar fuori la nostra istituzione: alcune difficoltà sono legate a condizioni di contesto esterno. Ma gli atenei vanno percepiti come il luogo dove trovare realizzazione. Non sempre è così».

Questa tragedia rischia, in qualche modo, di rendervi esaminatori troppo comprensivi e meno rigorosi?

«È un punto delicatissimo. Abbiamo da tempo rivisto i paradigmi della nostra didattica. Il dialogo è ricorrente. Il timore che episodi del genere possano produrre atteggiamenti di benevolenza che non fanno crescere, è un tema su cui ci interroghiamo. Il rischio sarebbe una perdita della potenza formativa dell’università. Abdicare rispetto al rigore sarebbe banale e dannoso. Umanità e attenzione sono altra cosa. Non ho risposte, convivo con i dubbi che la nostra professione ci impone».

Cosa ha detto agli studenti?

«Il corteo spontaneo e silenzioso mi è parso un elemento di condivisione, può rafforzare l’idea che siamo dalla stessa parte, docenti e studenti. Non c’è nulla che noi facciamo che non sia per il loro futuro, possiamo sbagliare, ma in queste vicende si vince tutti o si perde tutti».