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I genitori-bulli e i pericoli della Rete Gli allarmi di Mattarella per i ragazzi

18/09/2018
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Corriere della sera

Marzio Breda

Per la prima volta nelle aule italiane entrano soltanto studenti nati nel nuovo millennio. Un cambiamento di forte valenza simbolica, perché proietta il mondo della scuola verso un futuro indefinito, mentre vacillano certi ancoraggi al passato, a partire dalla Costituzione.

Così, non è un caso che Sergio Mattarella ponga questo spunto al centro del messaggio per l’inaugurazione dell’anno scolastico. Aggiornandolo a fenomeni nuovi, con cui si misurerà, appunto, la scuola dei millennials. Come quello dei «genitori-bulli», che «non sono meno distruttivi degli studenti-bulli» quando aggrediscono gli insegnanti. O come quello del «lato oscuro della rete», che espone a grandi rischi i giovani e lo si è visto con la morte di un adolescente stroncato in un «perverso gioco in chat». O come i pericoli per la salute di bimbi e ragazzi derivati dall’incertezza delle regole, e qui l’allusione va ai contraddittori diktat sui vaccini.

Ma il punto di partenza del presidente resta, secondo il rituale, il significato classico della scuola come «anima del Paese». In cui l’istruzione è un «dovere inderogabile della Repubblica» e la garanzia di una formazione adeguata ai tempi «un’assoluta priorità politica e istituzionale». Per lui, infatti, «ogni attenzione, ogni risorsa destinata alla scuola e alla ricerca ritorna con gli interessi alla società». E se l’obiettivo di «rendere il sistema scolastico più forte sul piano culturale e formativo, più aperto alla società e al lavoro è anzitutto compito delle istituzioni», a quest’impegno deve comunque «concorrere l’intera comunità nazionale». Perché la scuola è «patrimonio comune».

Tutto si tiene, nella riflessione del capo dello Stato dall’isola d’Elba, scelta per la cerimonia di quest’anno (la prima dopo varie edizioni a non essere condotta in televisione da Fabrizio Frizzi, che Mattarella ricorda). Si tengono insieme, ad esempio, la vita e la storia, essendo «la scuola anche una cartina tornasole della condizione di giustizia, libertà e uguaglianza tra le persone».

Il cenno è a quanto accadde in Italia nel 1938, con le leggi razziali che espulsero dalle aule studenti e professori d’origine ebraica. «Una lezione che non dobbiamo mai dimenticare», dice, dal momento che «la scuola deve unire e non dividere o segregare… seminare odio, volontà di sopraffazione, discriminazioni di qualunque genere».

Poi, dopo aver esortato il governo a «ridurre il più possibile» l’emorragia provocata dalla dispersione scolastica («amputazione civile e perdita economica per tutti»), il presidente entra nell’attualità più sconcertante su cui l’Italia s’interroga.

«Non possiamo ignorare che qualcosa si è inceppato e qualche tessuto lacerato nella società… alcuni gravi episodi di violenza — genitori che hanno aggredito gli insegnanti dei propri figli — rappresentano un segnale d’allarme». Allarme in quanto, aggiunge, «il genitore-bullo non è meno distruttivo dello studente-bullo, il cui rifiuto cresce nell’animo degli studenti, a scuola e nel web».

E qui Mattarella, mentre elogia le chance offerte dagli strumenti digitali («grandi finestre sul mondo e sul nostro tempo»), si concentra sul «lato oscuro della rete». Quel dark side che pochi giorni fa ha falciato l’esistenza del quattordicenne Igor Maj, morto «in conseguenza di un’emulazione in un gioco perverso in chat». Una fine «assurda e crudele» che dimostra «la fragilità dei nostri giovani», che andrebbero messi «al riparo da insidie talvolta mortali veicolate sulla Rete». Insomma: se le nuove generazioni corrono avanti, «gli adulti devono cercar di tenere il loro passo e accompagnarle». Non è facile, riconosce il capo dello Stato. «Il web è spazio di libertà e non merita censure. Ma non deve trasformarsi in un mondo parallelo e incontrollato in cui succede di tutto». Perciò, «una comunità che si rispetti deve saper proteggere i propri giovani… e dunque governo e Parlamento sono chiamati ad affrontare questo problema sociale».