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Il nuovo decreto 66 cambia l'inclusione scolastica: ma la scuola è pronta a cambiare?

Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato le Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, recante “Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità”.

22/05/2019
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Sara De CArli (da Vita)

Il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri sera un decreto che va a modificare il decreto 66/2017 collegato alla Buona Scuola con cui si rivede l'inclusione scolastica. Confermata la correzione già annunciata nei mesi scorsi: a quantificare le ore di sostegno sarà ancora il PEI. Speziale (Anffas): «Valutazione positiva, si cambia approccio. Ma la scuola sarà pronta?»

Il decreto avrebbe dovuto entrare in vigore con il 1 gennaio 2019 con tutte le sue novità, fra cui un nuovo sistema di analisi dei bisogni e del funzionamento degli alunni da cui far scaturire la predisposizione e l’attuazione dei vari supporti e sostegni. La data era stata poi rinviata dal Miur, che aveva “congelato” l’entrata in vigore del decreto legislativo 66/2017. Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato le Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, recante “Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità”.

I primi dettagli arrivano dal sottosegretario all’Istruzione Salvatore Giuliano, già dirigente del Majorana di Brindisi, che in un post su facebook questa mattina afferma che «il decreto inclusione è una rivoluzione copernicana per la disabilità a scuola».

Nel post il sottosegretario sottolinea come il correttivo sia stato messo a punto «in sinergia con l’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica e con la collaborazione delle maggiori associazioni e degli enti interessati all’inclusione scolastica» e «ascoltando tutte le realtà coinvolte». I «beneficiari diretti» «sono gli alunni certificati ai sensi della legge 104 del 1992», circa 200mila, scrive Giuliano, «ma cambiare la prospettiva dell’inclusione vuol dire intervenire sull’intero sistema scolastico, rendendolo migliore per tutti. Siamo dunque orgogliosi di dire che da oggi cambia lo sguardo con cui guardiamo alla disabilità a scuola e nel Paese e dunque la cultura dell’inclusione fa un importante balzo in avanti».

Quali i punti salienti, secondo il sottosegretario?

Uno, «affermiamo il principio, riconosciuto dalle Nazioni Unite, per cui la disabilità è data non solo e non tanto dalle condizioni di salute della persona ma da quanto il contesto sia in grado di garantire la massima autonomia e uguaglianza. Se il contesto è senza barriere e più ricco di opportunità, cambia il modo in cui la persona vivrà la propria condizione di disabilità. Estendiamo insomma l’attenzione dal soggetto a tutto ciò che gli sta intorno, affinché sia adeguato alle sue concrete ed effettive esigenze».
Due, «una delle nostre priorità è stata quella di intervenire sui Gruppi per l’Inclusione Territoriale: il testo originario prevedeva che fossero questi ad autorizzare le ore di sostegno richieste da ogni scuola, sulla base della documentazione e lontano dall’istituto e dalla classe in cui l’alunno trascorre buona parte della sua vita scolastica. Noi abbiamo voluto fare un’operazione diversa: abbiamo creato dei gruppi di docenti esperti nell’inclusione, a disposizione delle scuole per supportarle in tutti i passaggi e per svolgere attività di formazione e miglioramento dei processi di inclusione».
Tre, per andare al concreto: le ore di sostegno. «Le ore di sostegno le decide chi sta accanto allo studente e addirittura si decidono insieme a lui quando maggiorenne. A definirle, infatti, è come in passato quello che si chiamava GLHO, che ha il compito di redigere il Piano educativo individualizzato dell’alunno. Questo Piano, messo a punto da chi conosce sia le peculiarità dello studente sia le caratteristiche del contesto in cui apprende e vive la sua socialità, dovrà definire non solo le ore di sostegno, ma anche tutte le misure utili a rendere quanto più efficace possibile la partecipazione degli alunni con disabilità alle attività della classe e della scuola».

Fish e Fand, le due Federazioni che nell’Osservatorio rappresentano le associazioni, il 3 dicembre scorso avevano «accolto con favore il recepimento di alcune proposte già espresse e relative proprio al decreto legislativo 66/2017» ma avevano anche «indicato correzioni e aggiustamenti specifici»: verificheremo ora se siano state integrate o meno nello schema di disegno di legge. Perché una rivoluzione copernicana è quanto mai necessaria, ma non solo a parole.

Per Roberto Speziale, presidente di Anffas, la valutazione del nuovo decreto 66 è complessivamente positiva: «Il correttivo è nettamente migliorativo rispetto al testo iniziale e anche rispetto alla prima bozza che il Governo aveva presentato in Osservatorio a dicembre. Il testo finale devo dire che tiene conto di molte delle osservazioni e delle proposte fatte in sede di Osservatorio. È un testo che ci convince nel suo complesso e che sembrerebbe finalmente mettere al centro l’alunno e lo studente con disabilità, in un processo inclusivo. La riforma va fortemente in questa direzione, quella dell’ICF, della Convenzione Onu… il problema sarà se la scuola nel suo insieme, sarà in grado di cambiare per adeguarsi al nuovo approccio… come sappiamo infatti l’approccio alla disabilità della Convenzione Onu è distante anni luce dalle prassi… Servirà un accompagnamento formativo non solo e non tanto per imparare a usare l’ICF e il modello biopsicosociale ma per avere la cultura della CRPD. È una sfida grande, ma d’altra parte la strada è quella, non possiamo andare in una direzione diversa».

La nuova inclusione scolastica debutterà formalmente il 1° settembre 2019 (sempre che tutti i passaggi parlamentari siano stati completati) ma ovviamente alcuni punti andranno a regime solo con l’anno scolastico 2020/21. Partirà subito il nuovo sistema di accertamento e di certificazione, che ha ripreso il lavoro fatto dall’Osservatorio sulla disabilità e oggi linea di azione 1 del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità e anche il nuovo PEI, seppur lì c’è più di un dubbio dovuto al mancato raccordo fra le tempistiche fra i diversi articoli.

«Il dato rilevante è che il PEI per la prima volta è parte del progetto individuale, la scuola è un pezzo del progetto di vita, come previsto dall’art 14 della legge 328/2000, per la prima volta lo troviamo in un provvedimento normativo», evidenzia Speziale. «C’è la formalizzazione della responsabilità della scuola per l’attivazione della assistenza specialistica alla autonomia e alla comunicazione, con il DS che si fa parte attiva con il Comune. Per la prima volta nella scuola si parla di diritto all’autodeterminazione e alla autorappresentanza degli alunni, in più passaggi, anche nella valutazione. Questi elementi sono davvero rivoluzionari, ripeto, il punto è capire se la scuola saprà cogliere questa sfida e cambiare il paradigma».

Cosa rimane come criticità? «Nell’accertamento si fa riferimento a un certificato medico diagnostico funzionale contenente la diagnosi clinica a cura delle Asl, una sorta di “certificato introduttivo” da portare alle Commissioni, che sono sempre della Asl, ci pare un passaggio inutile, un aggravio per le famiglie. È vero che la deve fare la Asl e che è scomparsa la possibilità di farla presso strutture private accreditate, ma ancora non si capisce se è un Lea o se ci sarà anche un costo aggiuntivo per le famiglie… non ci convince. Come abbiamo perplessità, che vogliamo verificare, sulla Alternanza Scuola Lavoro che per gli studenti con disabilità sembra essere “edulcorata”, mentre è importante preparare i ragazzi con disabilità al passaggio dalla scuola lavoro, smettendo di pensare che siano destinati solo ai Centri diurni o a un mondo del lavoro fittizio».