Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Italia senza merito. Perché escludere i dottori di ricerca dal concorso prof?

Italia senza merito. Perché escludere i dottori di ricerca dal concorso prof?

Bocciati dal Tar: non sono abilitati, non possono partecipare. Ma molti di loro già insegnano a scuola e sono supplenti amatissimi dagli studenti. Perché tagliarli fuori?

26/06/2018
Decrease text size Increase text size
Corriere della sera

Un piccolo esercito di più di duemila persone ha atteso che la sentenza del TAR arrivasse e si sciogliesse la riserva: può una persona che ha conseguito il Dottorato di ricerca, ma non ha avuto la lungimiranza di abilitarsi all’insegnamento, partecipare al concorso-scuola, che si sta svolgendo in questi giorni e che immetterà i docenti in ruolo? No, non può.

Le motivazioni dell’esclusione sono oscure, soprattutto nel caso in cui a possedere il titolo, che costituisce il più alto grado di formazione, è una persona che insegna da anni nella scuola. Nessuna improvvisazione, dunque, nessun cambio di rotta repentino con la precisa volontà di salire sul treno del posto fisso assicurato.

Nella maggioranza dei casi parliamo di persone competenti, motivate e valide. Competenti perché non si sono limitate alla Laurea, ma vi hanno aggiunto almeno tre anni con frequenza di seminari, laboratori, attività didattica, produzione di articoli e, ovviamente, stesura della tesi. Come minimo è gente che sa parlare e scrivere, cosa non scontata tra coloro che insegnano, forti del loro anno di abilitazione. Persone motivate, perché non si sceglie il Dottorato se non si ama la cultura e la conoscenza. Persone valide, perché il Dottorato non è per tutti. Solo l’eccellenza vi arriva e lo Stato ne garantisce il valore con un concorso di accesso e l’assegnazione ai più meritevoli di borse di studio. Insomma, stiamo parlando di quei cervelli che l’Italia rimpiange, una volta che sono partiti verso nazioni veramente meritocratiche.

Immaginate ora una scuola ripensata, che abbia davvero voglia di traghettare i ragazzi verso il mare della conoscenza. La prima cosa che andrebbe potenziata è l’eccellenza del corpo docente. La selezione non dovrebbe basarsi su un insignificante anno di abilitazione all’insegnamento, ma su altri parametri ben più importanti: la persona che ho davanti padroneggia la materia che insegna? Conosce l’arte della comunicazione? I ragazzi la seguono con interesse? Si mette in gioco con creatività? Questo è ciò che conta e fa la differenza. Posso conoscere a memoria tutti i formulari di didattica e pedagogia, ma se non sono animato dalla passione verso ciò che insegno niente arriverà ai ragazzi. Sono loro i giudici più competenti, anche se ci ostiniamo a considerarli dei bambocci. Sono loro a decretare il tuo successo come insegnante, ogni volta che ti guardano con riconoscenza perché gli hai aperto un mondo e li hai guidati alla scoperta dei paesaggi nascosti un libro, in un documento, in un quadro, in uno spartito.

Per far questo ci vogliono competenza e motivazione, le stesse qualità che contraddistinguono molti tra i Dottori di ricerca che, pur senza abilitazione, svolgono il mestiere dell’insegnante-supplente. I ragazzi li stimano, li apprezzano, piangono e scrivono toccanti lettere di arrivederci, quando questi «prof a metà» sono costretti a lasciare la classe, perché è arrivato l’avente diritto o è terminata la supplenza. Chiedete a loro se i docenti non abilitati, ma con un Dottorato alle spalle, sono meritevoli di occupare a pieno titolo la cattedra per cui sono stati occasionalmente chiamati. Se il TAR fosse composto da studenti e genitori che vivono la scuola, avremmo ottenuto la piena accettazione del ricorso e il ringraziamento per aver deciso di mettere a disposizione della scuola italiana il nostro bagaglio di esperienze culturali.