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L’allarme della Svimez: la fuga dalle università del Sud sposta 3 miliardi l’anno al Nord

Bianchi: minori spese per affitti e consumi sul territorio

03/07/2018
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Corriere della sera

Claudia Voltattorni

Roma I più poveri sono i più giovani, i meno istruiti e vivono soprattutto al Sud. Lo ha certificato qualche giorno fa l’Istat nel suo rapporto sulla povertà in Italia nel 2017, dove nella fascia 18-34 anni si contano 1 milione e 112mila di poveri assoluti. Non solo. L’incidenza di povertà, dice l’Istat, aumenta con il calare dell’istruzione che «continua ad essere fra i fattori che più influiscono sulla condizione di povertà assoluta». Ma il problema rischia di aggravarsi a vedere l’ultimo rapporto Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno.

Ogni anno, il Sud perde 3 miliardi di euro a causa della migrazione di giovani verso le università del Centro-Nord: 175mila iscritti (su 685mila, oltre 1 su 4) che si trasferiscono in città del Centro-Nord, dove, secondo Svimez, portano un indotto di oltre 3 miliardi di euro, pari ad un terzo della crescita economica del Mezzogiorno dell’ultimo anno. Via da Sicilia e Puglia soprattutto (oltre 40mila). Ma Basilicata e Molise perdono oltre il 40% degli iscritti. E la maggioranza non ritorna. Le conseguenze? I territori si spopolano e impoveriscono. «La perdita di una quota così rilevante di giovani - spiega Luca Bianchi, direttore Svimez - implica una minore spesa per i consumi privati, cioè alloggi e principali voci del costo della vita». Circa 2 miliardi di euro. Ma le ricadute negative sono anche sulle stesse università del Sud: si riducono gli studenti e quindi anche il costo standard, il parametro Miur che assegna i fondi agli atenei. Così cala la spesa per corsi di studio, docenti, servizi didattici, infrastrutture, che si traduce, anche, in minore qualità e attrattività delle università.

Per contrastare il fenomeno, Mauro Fiorentino, rettore dell’Università della Basilicata propone: «Puntare sui piccoli atenei del Sud e potenziarli, tenendo conto delle loro specifiche situazioni e difficoltà legate al territorio». E Gaetano Manfredi, rettore della Federico II di Napoli, ricorda: «L’università può rappresentare una marcia in più per il futuro delle città e dei territori: deve essere il luogo dove la conoscenza è prodotta e la città il luogo dove la conoscenza è condivisa, per il benessere culturale (e quindi economico) della comunità».