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“La corruzione mette in fuga i cervelli”

L’allarme di Cantone: “Siamo subissati da segnalazioni sui concorsi universitari”. L’attacco alla riforma Gelmini: “Ha creato più problemi di quanti ne abbia risolti”. L’ex ministra forzista: “Sono stupita”

24/09/2016
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la Repubblica

Luana Milella

ROMA.
Lo «scandalo» della parentopoli universitaria Raffaele Cantone lo racconta con una storia. Quella accaduta in un ateneo del Sud in cui «è stato istituzionalizzato uno scambio». Proprio così: «Nella facoltà giuridica è stata istituita una cattedra di storia greca e nella facoltà letteraria una cattedra di istituzioni di diritto pubblico. Entrambi i titolari erano figli di due professori della stessa università ». Una parentopoli incrociata.
Il presidente dell’Autorità Anticorruzione parla per oltre un’ora all’Università di Firenze, più volte interrotto da applausi quando batte sul concetto di «scandalo della parentopoli». Racconta che il suo ufficio «è subissato da segnalazioni su questioni universitarie che spesso riguardano i concorsi». All’Anac arrivano centinaia di esposti, molti anonimi, ma ci sono anche le “gole profonde” – i famosi whistlerblower – che segnalano casi di concorsi pilotati dai baroni con esisti chiaramente clientelari.
L’Anac, tranne per casi eccezionali, non è competente, ma di fronte a episodi come quello delle cattedre incrociate dell’università del Sud – quella di Napoli a quanto pare – l’invio dell’esposto all’autorità giudiziaria è un passo obbligato. Come quello di provare a delineare «linee guida che consentano una discrezionalità senza che essa si trasformi in arbitrio ».
Cantone parla anche della riforma di Maria Stella Gelmini, l’ex ministro dell’Istruzione nel governo Berlusconi. «Ha creato più problemi di quanti ne abbia risolti ». Gelmini si risente: «Sono stupita da Cantone. Un ministro non può chiudere gli occhi di fronte a tanti casi di parentopoli e raccomandazioni negli atenei». Ma Cantone ribatte: «Io non ho affatto attaccato il ministro Gelmini. Ho solo messo in luce un paradosso, l’esistenza di una legge che vieta di far entrare all’università i parenti di chi è già in cattedra. È lo stesso paradosso della legge Severino, solo in Italia è stato necessario fare una legge per stabilire che i condannati devono essere cacciati dalla pubblica amministrazione, mentre in Inghilterra vengono mandati via senza bisogno di una legge ad hoc». Ma, chiude Cantone, «proprio le tante parentopoli universitarie hanno prodotto la norma draconiana che prova ad azzerarne l’esistenza».