Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » La fuga dei cervelli costa un punto di Pil

La fuga dei cervelli costa un punto di Pil

L’allarme della Confindustria: ogni anno il sistema Italia perde 14 miliardi di euro investiti nella formazione Gli industriali vedono una crescita dell’1,5% nel 2017. Padoan: “Sarebbe sbagliato interrompere le riforme”

15/09/2017
Decrease text size Increase text size
la Repubblica

Una piccola guerra in cui abbiamo perso una parte della nostra migliore gioventù. In otto anni, dal 2008 al 2015, 260 mila giovani sotto i 40 anni, soprattutto laureati e qualificati, hanno scelto di lasciare l’Italia e di emigrare all’estero. Si tratta un fenomeno in crescita: nel 2008 i «cervelli » in fuga erano 21 mila; nel 2015 sono più che raddoppiati a quota 51 mila. È questo l’allarme lanciato dal Centro studi della Confindustria che ieri ha presentato il rapporto «Le sfide della politica economica» alla presenza del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e del leader degli industriali, Vincenzo Boccia.

Quella che viene definita l’«emergenza giovani» e il «vero tallone d’Achille della nostra economia », comporta per Confindustria una enorme distruzione del capitale umano nel nostro Paese. Il rapporto del Centro studi, guidato da Luca Paolazzi, calcola in circa 70 miliardi in otto anni le spese sostenute per istruzione e formazione dei giovani che successivamente mettono a frutto quello che hanno imparato all’estero. Lo Stato ha speso 28,8 miliardi mentre per le famiglie si valuta che la spesa di un nucleo per la crescita e l’educazione di un figlio fino a 25 anni arrivi mediamente a 165 mila euro, ne deriva dunque un costo complessivo di circa 42,8 miliardi. Solo nel 2015 il costo per il sistema Italia è stato, tra pubblico e privato, di 14 miliardi, circa un punto di Pil.

La ragione di base della nuova emigrazione giovanile sembra addebitarsi alle scarse possibilità di occupazione per i giovani, soprattutto gli under 25. I dati del 2016 dicono che in Italia solo un sesto (il 16,6 per cento) era occupato, contro poco meno della metà in Germania (45,7 per cento) e quasi un terzo (31,2 per cento) nell’Eurozona. Differenze che si attenuano solo parzialmente salendo alla fascia successiva, tra i 25 e i 29 anni: il tasso di occupazione cresce al 53,7 per cento ma il divario con l’Eurozona aumenta. La mancanza di posti di lavoro, spesso di posti qualificati, dunque in prima fila, ma - si può aggiungere - anche l’arrivo sul mercato del lavoro dei Millennials, più inclini alla mobilità internazionale e spesso a disagio nel sistema-Italia per organizzazione della vita civile e dei servizi.

La questione giovani è comunque destinata ad atterrare direttamente sul menù delle prossima legge di Bilancio ed è proprio alla manovra del prossimo anno che si è guardato ieri, a cominciare dal dato del Pil di quest’anno prodotto dalla Confindustria che si colloca al livello più alto, all’1,5 per cento (1,3 per il 2018). «L’Italia è fuori dal tunnel della crisi, ma evitiamo di cominciare con il balletto dei tesoretti da distribuire », ha avvertito Vincenzo Boccia. Il ministro dell’Economia Padoan, che ha annunciato il varo della nota di aggiornamento al Def nel Consiglio dei ministri della prossima settimana, si è espresso con cautela anche in vista delle richieste che si cumulano sul dossier legge di Bilancio. «L’economia sta crescendo, si sta tornando alla normalità», ha detto ma ha aggiunto ch