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La fuga dei presidi pentiti «Torniamo a insegnare»

Dopo lìultimo concorso è scattata la retromarcia: troppi oneri e malpagati. Pesa l'effetto COVID

04/07/2020
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Il Messaggero

Lo hanno sognato per anni, hanno studiato duramente e hanno sostenuto un concorso per poi vincerlo. Ma ora che sono diventati dirigente scolastici, decidono di fare dietrofront. Come non detto, si torna ad insegnare. Accade anche questo nella scuola italiana dove molti presidi, entrati con l'ultimo concorso, dopo una vita nella scuola e dopo anni passati ad aspettare una selezione per diventare dirigenti capiscono che non fa per loro. Che quel ruolo, tanto ambito, è un impegno troppo gravoso. E allora chiedono di poter lasciare la poltrona da dirigente per tornare in cattedra, in classe con gli studenti. Dove la scuola si sente ancora, al contrario di quel che accade in presidenza dove carte e pratiche, firme e incombenze continue, responsabilità e ritardi di una burocrazia che non va d'accordo con la vita di una classe, portano i presidi all'esasperazione. 
L'EMERGENZAE poi come se non bastassero le difficoltà quotidiane, è arrivata l'emergenza sanitaria a stravolgere l'anno scolastico 2019-2020, il primo in servizio da dirigente per circa 2mila persone. Un anno decisamente complesso, da incubo, stravolto dall'allarme coronavirus che ha tenuto i presidi in prima linea ad organizzare la didattica a distanza, cercando di fare fronte alle necessità e alle difficoltà dei docenti e delle famiglie. Il risultato? Spesso deludente, pochi mezzi a disposizione e tante carenze. Senza contare che la salita deve ancora iniziare: l'estate sarà impegnata nell'organizzazione del prossimo anno, ci sono regole da rispettare e soluzioni da trovare. Perché la responsabilità dei presidi riguarda anche la salute e la sicurezza degli studenti e del personale scolastico. Insomma, non si può sbagliare. E allora ecco che inizia la fuga, il passo indietro da parte di presidi alle prime armi, spaventati da quello che hanno trovato e a cui non si aspettavano di dover fare fronte. Dietro front, tanti stanno decidendo di tornare ad insegnare. Possono farlo nei 5 primi anni di incarico. 
«Aumentano, mai come quest'anno i presidi che vogliono lasciare l'incarico per tornare in cattedra - spiega Paola Serafin, della segreteria nazionale della Cisl scuola con delega alla dirigenza scolastica - il fatto che dei presidi, dopo essersi impegnati tanto per vincere il concorso, decidano di rinunciare dopo aver lavorato in quel ruolo, ci rende l'idea di quanto sia complesso e difficile il lavoro da dirigente scolastico. Hanno responsabilità molto elevate, hanno iniziato questo percorso con le difficoltà del lockdown e della didattica a distanza, ora c'è al complessità delle riaperture. Parliamo di una professione bellissima ma sempre più appesantita dalla responsabilità penale e civile. Ad esempio, in vista di settembre e della possibilità di avviare la didattica fuori dai locali della scuola: un preside come può garantire la sicurezza di un teatro o di un cinema, per portare lì i ragazzi? Oppure pensiamo a quelle scuole in cui c'è un solo bidello per 120 alunni, vale a dire 4 classi: è una condizione standard, non straordinaria, ora come si farà a controllare gli spostamenti? In queste settimane si stanno aprendo incognite infinite. Con un superlavoro e un aumento di ore impressionante ma con stipendi tra i più bassi d'Europa. Purtroppo in tanti non se la sentono più e stanno lasciando».
I TAGLISul fronte degli stipendi si è aperta la questione del Fondo unico nazionale per l'integrazione dei compensi per i dirigenti scolastici: «Ci sono regioni - continua la Serafin - in cui i dirigenti stanno restituendo le somme percepite nel 2017, il problema si è esteso negli anni e quindi sul 2019 sarà ancora più grave»». Il braccio di ferro con il ministero dell'economia è aperto: «La decisione del Mef - spiega Antonello Giannelli dell'Associazione nazionale dei presidi - assume valore simbolico deleterio in un momento, come questo, in cui si continua a chiedere ai dirigenti di farsi carico di impegni gravosi e di significative responsabilità. La ministra Azzolina preparerà un provvedimento legislativo che aumenti la capienza del Fondo unico nazionale, nella prospettiva di una sua progressiva stabilizzazione strutturale». 
Lorena Loiacono