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La ministra Messa: "Così rifaccio il Cnr, ma io lavoro per non perdere la generazione Covid"

Intervista con la titolare dell'Università e della Ricerca: "Una nuova commissione guidata dal fisico Parisi sceglierà il presidente del Consiglio nazionale delle ricerche. Negli atenei le lezioni restano online fino a giugno. Gli studenti sono stremati, adesso dobbiamo somministrare una terapia d'urto per farli diventare adulti robusti"

06/03/2021
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la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – Ministra Cristina Messa, partiamo dal primo problema che ha trovato al suo insediamento al dicastero dell’Università e della Ricerca: che ne farà del Consiglio nazionale della ricerca e del suo presidente? Oggi il più importante ente pubblico di ricerca non ha una guida.

“Ho deciso, ripartiamo da capo. In due anni, il bando per la presidenza era stato pensato nel gennaio 2019, è cambiato tutto. Il Covid, il Piano nazionale della ricerca, adesso arriva il Recovery Fund. Dobbiamo dare al Cnr criteri più simili a quelli con cui sono stati nominati i presidenti degli altri enti. La commissione precedente è decaduta all’inizio dell’anno e in queste ore stiamo insediando il presidente di un nuovo Search committee e gli altri quattro membri. Saranno loro, con nuovi criteri, a trovare il presidente e il Consiglio di amministrazione del Cnr”.

Chi è, adesso, a capo della commissione che sceglierà il Cda del Consiglio nazionale delle ricerche?

“Il fisico Giorgio Parisi, presidente dell’Accademia dei Lincei”.

E gli altri quattro membri?

“Tutti autorevoli, ma li ha nominati il mio predecessore. Le dico le aree disciplinari di appartenenza, è giusto tutelare il loro lavoro da qualsiasi forma di pressione. Sono un latinista ed ex rettore, una biologa molecolare dell’Università La Sapienza, un ingegnere chimico della Federico II, una giurista dell’Università di Bologna”.

Quando avremo il nuovo presidente del Cnr?

“Entro l’estate”.

Oltre a rischiare ricorsi da parte dei quattro scelti dalla precedente cinquina, anche loro decisamente autorevoli, non si rischia una paralisi nel funzionamento dell’ente da qui all’estate?

“No, il Cnr è stato messo in sicurezza con la nomina del vicepresidente, Lucio D'Alessandro, rettore dell'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, e di due membri. Può lavorare”.

Lei era stata inserita nella cinquina precedente: se non avesse fatto la ministra, sarebbe stata la presidente del Consiglio nazionale delle ricerche?

“Evidentemente no, il precedente ministro ha deciso di non scegliere dai cinque individuati al primo turno”.

"Bisogna andare a una velocità doppia"

Non crede che un ente di questa importanza per il Paese viaggi, oggi, a scartamento ridotto? Sulla ricerca di un vaccino Covid italiano, il progetto Rheitera, il Cnr si è limitato a fare da bancomat senza portare alcun contributo scientifico.      

“Il Cnr deve andare  a una velocità doppia rispetto a quella di oggi. Detto questo, dobbiamo ricordare due cose per dare le dimensioni del Consiglio nazionale: è il primo ente di ricerca italiano per premi vinti, progetti accettati e, quindi, competenze certificate. Ha una rete scientifica, secondo, che arriva nei posti più sperduti del Paese. Per far esplodere queste competenze e superare le attuali criticità, il nuovo Cnr salderà un forte raccordo con questo ministero, con lo Sviluppo economico, con i Trasporti”.  

Ci aiuta a fare una ricognizione delle lezioni e degli esami nelle università del Paese?

“Nelle regioni in rosso è tutto fermo. Gli atenei che risiedono in aree gialle o arancioni hanno, in alcuni casi, laboratori aperti e possibilità di lezioni per gli iscritti al primo anno. Con la nuova situazione epidemiologica, tuttavia, c’è la forte possibilità che si torni online fino a giugno, quindi fino al prossimo settembre. La didattica a distanza da noi ha funzionato bene, ma gli studenti sono stremati. L’unica questione che può contrarre i tempi di ripresa sono le vaccinazioni”.

C’è una polemica in corso sull’università che toglierebbe vaccini alla scuola.

“Sono due mondi che corrono in parallelo, anche se mi rendo conto che la scuola ha numeri e fragilità superiori. Se il problema è il numero di vaccini, il mondo universitario deve fare un passo indietro. Se il problema è organizzativo, il mondo universitario ha dimostrato di saper affrontare le vaccinazioni in modo autonomo, liberando forze per altri settori. Devo dire che non sarà facile riportare questa generazione, soprattutto gli studenti a cavallo tra scuola e università, alla normalità”.

Preoccupata per i ragazzi del 2021?

“Preoccupata non è un atteggiamento che mi appartiene, vedo i problemi e cerco di risolverli. Sono stata rettrice e poi conosco molto da vicino studenti, maturandi. Credo che la resilienza dei giovani li porterà, nel lungo periodo, a recuperare tutto quello che hanno perduto, ma nel breve periodo vanno aiutati. Da medico, paragono il percorso di questa generazione alle cure che abbiamo usato negli anni per i bimbi malati di leucemia. Li abbiamo sottoposti a terapie d’urto e molti di loro sono cresciuti diventando adulti robusti. Ecco, dobbiamo aiutare questa generazione adesso con cure massicce, metterli al centro della nostra attenzione, per non farli perdere. Più avanti, si ritroveranno da soli”.

A ottobre scorso era stato registrato un aumento delle immatricolazioni universitarie. Ha resistito, questo boom inaspettato, o ci sono segnali di abbandono?

“Conosceremo questi dati ad aprile. Ora posso dire che i finanziamenti del Recovery Fund metteranno al centro la dispersione e proveranno a contenerla attraverso l’orientamento scolastico, la formazione, l’incentivazione economica. Dobbiamo cercare più iscritti, ma soprattutto dobbiamo mantenerli dentro l’università. L’abbandono è ancora troppo alto”.

I soldi del Recovery Fund per l’università e la ricerca saranno gli stessi del governo precedente? Il ministro Gaetano Manfredi aveva parlato, a metà ottobre, di 12-15 miliardi in un quinquennio.

“Lo capiremo tra un mese, ora stiamo facendo un grande lavoro di valutazione sulla destinazione dei fondi. Negli investimenti ci muoveremo insieme ad altri ministeri, Istruzione, Sanità”.

Che cosa le ha chiesto Mario Draghi? Nel discorso di insediamento il presidente del Consiglio ha parlato così diffusamente di istruzione e saperi, di università e ricerca.

“Ha parlato di giovani e di una ripresa economica impostata su di loro. La percentuale dei giovani nella ricerca è bassa, in maniera allarmante. I docenti con meno di 40 anni nel 2018 erano il 13 per cento contro il 54 per cento della Germania. E siamo andati indietro di tre punti rispetto a cinque stagioni prima. Tra dieci anni la mia generazione sarà in pensione, e allora che succederà? Sì, è un miracolo vedere come i ricercatori italiani continuino a vincere premi Erc e produrre un volume di pubblicazioni così alto”.

"Dopo la laurea non più di sei anni di precariato"

Metterà mano a una riforma sull’arruolamento? Le fatiche della ricerca italiana sono anche dentro un precariato sempre più largo e spesso senza sbocchi.

“C’è una legge alla Camera che seguiamo con attenzione e che consentirà una linearità del percorso post-laurea. Non si può essere ricercatori precari o assegnisti tutta la vita. Dopo la magistrale ci vogliono incentivi per far intraprendere la strada della ricerca o dell'accademia, con borse di studio per esempio, poi si deve immaginare un percorso che in sei anni porti alla stabilizzazione”.

Ci sarà uno sviluppo delle lauree industrializzanti sotto il suo ministero?

“Sì. Ci sono esigenze di mercato non più rimandabili, ruoli fondamentali per l’industria di cui c’è fame. Penso all’Ingegneria meccatronica, all'Intelligenza artificiale. Alle lauree in Agraria e a tutte quelle che, sotto il profilo economico, energetico e ambientale, rientrano sotto l’aggettivo sostenibile. E il turismo, che tornerà nuovamente a spingere la nostra economia. I corsi di laurea degli atenei italiani dovranno diventare più flessibili, più liberi di cambiare in corsa”.

Che fine farà l’Agenzia nazionale per la ricerca, battezzata due ministri fa e ad oggi senza decreti attuativi. Si dice che non decolli perché dà fastidio al Cnr.

“Iniziamo a dire che due ministri fa l’università e la ricerca erano sotto lo stesso tetto della scuola, e ne erano fagocitate. Per la ricerca c’è bisogno di una struttura che segua e curi i bandi di assegnazione dei progetti, l’assegnazione stessa, il loro finanziamento. In Italia siamo lentissimi nel bandire, anche se negli ultimi tempi siamo leggermente migliorati. Ci sono stati anni senza neppure un bando. Non so ancora dire se questa struttura sarà l’Agenzia nazionale per la ricerca o lo stesso ministero che guido”.

Ministra, che pensieri le ha dato il caso Suarez: un’università inchinata a un giocatore famoso che balbetta un italiano da barzelletta e a un potente club di calcio?

“Quel caso ha avuto un’eco forte, ma certo non rappresenta l’università italiana. Ha messo in luce, comunque, la necessità di correttezza e responsabilità individuali. Noi, soprattutto noi che viviamo di finanziamento pubblico, dobbiamo poterci guardare allo specchio tutte le sere”.

Lo sa che il Governo Conte, con la riforma dell'abuso d'ufficio, ha praticamente cancellato la possibilità di allestire processi sui concorsi universitari su misura? Cosa pensa di questa materia?

"Penso che dovremo rivedere il nostro sistema dei concorsi alla luce delle risposte a due domande. Uno, con il sistema attuale stiamo dotando università e centri di ricerca pubblici dei profili necessari a guidare la transizione che ci aspetta in Italia e all'estero? Due, con il sistema attuale stiamo individuando correttamente il percorso di responsabilità delle scelte? Ecco, le risposte a queste domande potrebbero guidarci in proposte concrete".