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LA NUOVA VENEZIA - LA SCUOLA VA CAMBIATA SENZA OTTICHE DI PARTE

LA SCUOLA VA CAMBIATA SENZA OTTICHE DI PARTE Vincenzo Milanesi SEGUE DALLA PRIMA li linee si muoverà nel prossimo quinquennio il Ministro, dato che sino ad ora non si può dire che sia emersa u...

26/11/2001
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Nuova Venezia

LA SCUOLA VA CAMBIATA SENZA OTTICHE DI PARTE

Vincenzo Milanesi

SEGUE DALLA PRIMA li linee si muoverà nel prossimo quinquennio il Ministro, dato che sino ad ora non si può dire che sia emersa una posizione ben definita del Governo in materia scolastica se non su punti specifici che solo occasionalmente sono venuti allo scoperto nelle esternazioni di esponenti governativi ed affini. Le dichiarazioni programmatiche rese da Letizia Moratti in Parlamento all'atto dell'insediamento sono necessariamente generiche e si limitano ad enunciazioni di principio spesso condivisibili nella loro genericità, pur contenendo talune affermazioni che lasciano adito a serie preoccupazioni.
Così come non è il caso di commentare (perché si commentano benissimo da sé) alcuni tra i primi provvedimenti (come certe immissioni in ruolo...) adottati dal Ministro, anche se non vanno disconosciute le buone intenzioni affidate magari a lettere ai docenti un po' strappacuore (intenzioni poi tutte da verificarsi alla prova dei fatti, che sono le cifre e le disposizioni scritte nella Finanziaria di prossima approvazione in Parlamento).
Non può essere di per sé considerata negativa la pausa di riflessione, il supplemento di istruttoria sulla riforma dei cicli scolastici. E se gli "stati generali" servissero a migliorare la legge varata dal precedente Governo, farebbero un buon servizio alla scuola ed al Paese. Ma sarà così? Oppure prevarrà una certa volontà revanscista che vediamo troppo spesso serpeggiare (per dirla con un eufemismo) nelle parole e nelle opere di uomini (e donne) di governo? Per ora, quella che emerge chiara è la direzione nella quale il Ministro si muoverà sulla delicata questione scuola pubblica- scuola privata. Non è e non deve essere un tabù un discorso anche coraggioso ed innovativo su questa tematica, ma un conto è riservare una attenzione doverosa verso la scuola non-statale ed i suoi problemi, ed un altro è l'affermare (come sembra fare Letizia Moratti ogni volta che può) che i problemi del nostro sistema educativo sono legati "alla mancanza di libertà di scelta da parte delle famiglie" tra scuola pubblica e privata, come si legge testualmente nelle dichiarazioni rese al Parlamento e in altri interventi pubblici del Ministro. Sono francamente dichiarazioni sconcertanti e stupefacenti, motivate solo da una pesante opzione ideologica, senza considerazione alcuna per le condizioni nelle quali i docenti delle scuole italiane sono chiamati ad operare in termini di strutture, di riconoscimenti professionali (anche a livello retributivo), di organizzazione complessiva del sistema-scuola. Non è infatti difficile vedere come è ridotta la scuola pubblica dove si è venuta affermando un'ideologia "liberista" in ambito di gestione delle istituzioni educative. Ed è arduo sostenere che i Paesi nei quali ciò è accaduto possano o addirittura debbano costituire per noi dei modelli cui ispirarci per riformare il nostro sistema formativo. Farlo vorrebbe dire essere in completa malafede. Chi ha davvero a cuore le sorti della scuola italiana non può oggi che rivolgere a Donna Letizia (ma non solo a lei) un appello, o forse è meglio dire una preghiera. Innanzi tutto, sottraiamo al conflitto ideologico la discussione sulle riforme necessarie, per generale ammissione, alla scuola italiana, riducendo il tasso di faziosità (da ambo le parti contendenti, politicamente parlando) e ricercando piuttosto valori etici e culturali comuni. Non è impossibile farlo, non è illusorio pensare di dar vita ad una riforma "bipartisan", se si rinuncia a lavorare in ottiche esclusivamente di parte. Tutti (almeno noi di una certa generazione) abbiamo letto don Milani, ma la società del 2000 è, almeno per molti aspetti, sensibilmente diversa rispetto a quella degli anni '50 e '60. D'altra parte, non conviene giurare, come qualcuno pensa sia bene fare, solo e soltanto su quanto affermano all'ufficio-studi di Confindustria. Potrebbe non essere il Vangelo. E dimentichiamo l'alternativa scuola di formazione-scuola professionale nell'ambito della scuola dell'obbligo. Fino ad una certa età scolare è un'alternativa non solo socialmente ingiusta, ma anche insensata, in era di learning society. Come anche in quell'ufficio studi sanno (o dovrebbero sapere). Altro che imporre scelte per la vita a 12 o a 13 anni!
In secondo luogo: per favore, basta con le litanie recitate in pedagogese stretto! Ne abbiamo tutti abbastanza (ad eccezione degli officianti... naturalmente). C'è bisogno di serietà vera, e di contenuti culturali trasmessi con metodo efficace ma non ridotti in burletta. Nell'interesse di tutti.