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La scuola è il primo presidio della Repubblica

Il 17 giugno nove reti composte da centinaia di organizzazioni del civismo educativo - che da decenni lavorano con bambini/e e ragazzi/e a fianco alle scuole, spesso nei tanti luoghi dell’esclusione sociale ed educativa - hanno concordato un documento in cinque punti e lo hanno fatto avere al presidente del Consiglio Giuseppe Conte con una richiesta urgente di incontro.

01/07/2020
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L'Huffington Post

MArco Rossi Doria

Il 17 giugno nove reti composte da centinaia di organizzazioni del civismo educativo - che da decenni lavorano con bambini/e e ragazzi/e a fianco alle scuole, spesso nei tanti luoghi dell’esclusione sociale ed educativa - hanno concordato un documento in cinque punti e lo hanno fatto avere al presidente del Consiglio Giuseppe Conte con una richiesta urgente di incontro.

Mentre si attende l’incontro, la scuola, l’infanzia, l’adolescenza finalmente stanno rientrando nel dibattito pubblico dopo i lunghi mesi di rimozione dei loro diritti, che sono il nostro futuro, il nostro investimento strategico.

Questa è una prima importante notizia. La seconda è che centinaia di agenzie educative di ogni parte d’Italia, diversissime per impegno, ispirazione e sensibilità, hanno trovato un accordo forte sulle priorità da presentare ai decisori pubblici con grande, comune determinazione e che ciò è avvenuto mentre anche le scuole riprendono la scena.

Così diventano proposta politica: poli educativi per bimbi/e da zero a 6 anni, sotto il coordinamento del Ministero dell’Istruzione, con garanzia di accesso gratuito per le famiglie in difficoltà economica; possibilità di raggiungere i più colpiti dal black out educativo a partire dall’estate, con una offerta educativa personalizzata, con un’attenzione speciale al benessere psicologico, alle necessità degli alunni disabili e agli adolescenti usciti dal circuito scolastico, dotare le scuole delle risorse necessarie, migliorare la qualità dell’istruzione rendendola più equa e incisiva, contrastare la povertà educativa e la dispersione, definire un piano strategico nazionale sull’infanzia e sull’adolescenza, con obiettivi chiari e sistemi di monitoraggio.

Nel proporre non si parte da zero. Migliaia di docenti ed educatori si sono attivati con passione e intelligenza in questi mesi. A monte avevano un’enorme quantità di esperienze, che sono quelle che tengono insieme il Paese e possono farlo ripartire, a partire dalla cura dei più piccoli e dall’apprendere tutti e tutte, presto e bene.

Entro questo “paesaggio di possibile riscatto” è stata particolarmente importante l’esperienza diffusa della costruzione di comunità educanti, intorno alla scuola e entro processi di sviluppo educativo locale che coinvolgono tutti gli attori dell’educare, con l’aiuto spesso decisivo del Fondo per la lotta alla povertà educativa minorile’e dell’Impresa sociale Con i bambini.

Nel tempo delle scuole chiuse decine di queste esperienze di esperta collaborazione tra scuola e civismo educativo hanno, nel concreto, mostrato di sapere raggiungere bambini/e e ragazzi/e nelle aree di grave crisi sociale tenendoli dentro il campo della scuola, della partecipazione, della comunità.

Dove non vi erano queste condizioni, costruite nel tempo, la battaglia contro l’estendersi delle povertà è stata ed è ben più dura. La questione che, dunque, si pone durante l’estate, alla riapertura delle scuole e nel prossimo anno scolastico è come estendere le esperienze di comunità educanti. Il dibattito in corso riconosce che il fulcro di ogni ripartenza educativa sta nell’alleanza su base paritaria, territorio per territorio, tra comuni, autonomie scolastiche, civismo, sulla base dell’art. 118 della Costituzione.

Per dare continuità a queste alleanze, sostenere la prima infanzia, contrastare povertà minorile ed educativa e fallimento formativo sono indispensabili risorse nella misura del 15% delle spese complessive dedicate alla ripartenza. E deve tornare a essere chiaro che la scuola è il primo presidio della Repubblica, e che per “rimuovere gli ostacoli” che impediscono il “pieno sviluppo della persona” all’inizio della vita, la spesa in istruzione, crollata al 3,5% in rapporto al PIL, deve rientrare nella media dell’Unione Europea, al 4,5%.

Sono queste le sfide per noi tutti.