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La scuola è pronta, come al solito

Bambine e bambini che fuggono dall’Ucraina stanno iniziando a frequentare le nostre aule. Il racconto dei dirigenti scolastici impegnati sul campo, tra difficoltà e grande impegno per l’integrazione. Calza, Flc Cgil: “Il mondo dell’istruzione farà la sua parte, ma non può essere lasciato da solo”.

16/03/2022
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Collettiva.it

Stefano Iucci

La scuola come luogo d'incontro e inclusione: un collettore di conoscenza e integrazione che quasi sempre bypassa le difficoltà, le incomprensioni, le distanze e i divari. La scuola - piegata dall’emergenza covid e da una politica che al di là delle parole le offre davvero poco in termini di risorse e progettualità – sta già facendo la sua parte per accogliere bambine e bambini, ragazze e ragazzi, che arrivano lasciando l’Ucraina. Via dalla guerra e dal dolore per cercare un posto dove essere al riparo, almeno per ciò che riguarda l’incolumità fisica. 

Perché, per il resto, il dolore è tanto. Per esempio, ci racconta Angela Sclavi, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo Casteggio, in provincia di Pavia, “quasi tutti sono qui con mamme, nonne; zie, le figure maschili generalmente mancano. Anzi, i familiari che li hanno accolti, durante gli incontri ci hanno chiesto esplicitamente di non fare domande a proposito”. Dove sono? Forse a combattere, ma parlarne fa probabilmente male e i più grandi, spiega ancora la preside, “preferiscono addirittura lavorare in dad, per evitare che i compagni li interroghino su cose difficili da raccontare”.

La scuola di Angela Sclavi ha accolto sei bambini, due sorelle nella secondaria di primo grado e due fratelli: uno alla materna e uno alla primaria. Nei prossimi giorni ne arriveranno altri due. “Ma in questi giorni sono arrivati anche bambini albanesi ed egiziani, io credo sempre per movimenti legati alla guerra”. E cosa fa una scuola in queste condizioni? “Questa settimana – racconta – stiamo predisponendo i piani didattici personalizzati per i bambini, che in prima battuta seguiranno le materie per le quali non è necessaria la conoscenza della lingua, cioè le quattro educazioni: fisica, musicale, all’immagine e tecnica. Naturalmente partiamo anche con la prima alfabetizzazione e successivamente un po’ di matematica”.

La dirigente, ma non c’era da dubitarne, rimarca la grande disponibilità delle risorse interne, insegnanti che si sono messi a disposizione anche con lavoro aggiuntivo o rimodulando la loro presenza a scuola. E poi ci vuole anche un po’ di fortuna: “Una maestra ha studiato e conosce il russo: questo ci sarà molto utile”.

Poi c’è la questione delle risorse necessarie per retribuire il lavoro aggiuntivo. “Stiamo attingendo al fondo stanziato per il disagio psicologico – ci dice –, ma ovviamente non basta, anche perché al sostegno psicologico bisogna affiancare un lavoro di mediazione culturale. Intanto, il nostro animatore digitale si è attivato per realizzare un tutorial per l’utilizzo di google translator su smartphone, pc e monitor interattivi. Insomma, per ora ci arrangiamo”.

Ma la scuola non può fare tutto da sola. A questi ragazzi bisogna trovare un alloggio, perché, aggiunge Sclavi, “se è vero che tutti hanno raggiunto qui da noi dei parenti, parliamo di nuclei familiari anche di 10 persone, trovare alloggi è fondamentale. L’unità di crisi di Casteggio, che tiene insieme anche Croce Rossa, Protezione civile, scuole, si adopera con il Piano di zona sia per l’accoglienza, sia per organizzare l’invio di beni di prima necessità in Ucraina. Ma è chiaro che dobbiamo essere pronti ad arrivi ben più massicci, anche se dalla Prefettura ancora non abbiamo dati su ciò che potrà accadere nei prossimi giorni”.

E poiché emergenza si somma a emergenza, la dirigente lombarda fa un appello: “Chiediamo che l’organico covid sia prorogato oltre il 31 marzo. In questa situazione è prezioso: una delle docenti in questione è impegnata proprio sull’alfabetizzazione e se tra due settimane ci venisse a mancare, sarebbe un bel problema”.

Accogliere e includere. Sempre
“Mi chiede cosa farà la scuola? La scuola farà la sua parte, come al solito. Le cose che fa sempre: accogliere e includere”. Così Sabrina Caneva, dirigente dell’Istituto comprensivo Cornelio De Simoni con sede centrale a Gavi, Alessandria, ma con 8 plessi tra collina e montagna: una realtà molto particolare dal punto di vista sociale e territoriale. “È evidente che fuggire da una guerra è una cosa tremenda e che richiede attenzione particolari, ma non è semplice neanche integrare bambini completamente sradicati, che vengono da contesti tutti diversi come Albania o India”, racconta. La sua scuola per ora ha accolto tre minori provenienti dall’Ucraina: una bambina è già in classe nel piccolo Comune di Carrosio (“si chiama Olexandra e ha 11 anni, lei e la madre grazie a dio sono fuggite prima che la situazione precipitasse), mentre altri due si sono presi ancora un paio di giorni di tempo per iniziare a frequentare. 

“Con Olexandra – spiega – abbiamo iniziato un lavoro di alfabetizzazione, abbiamo attivato una psicologa per il sostegno necessario all’inserimento, ma sta bene, l’ho vista allegra e naturalmente i bambini l’hanno accolta con grande gioia e la maestra aveva imparato alcune parole nella sua lingua per riceverla. Ovviamente sfruttiamo tutto ciò che non comporta la necessità di una padronanza linguistica: gioco, danza, musica”. In questo caso aiuta anche la particolare organizzazione della scuola, tarata su una piccola comunità locale. “La nostra è una pluriclasse – ci dice –, accoglie cioè tutti insieme bambini e bambine dalla prima alla quinta elementare. Per alcuni è una jattura, io invece lo trovo un sistema molto efficace e ancor di più in situazioni come questa: la didattica infatti è pensata per singoli gruppi. L’ideale per chi è in una condizione limite come quella di Olexandra che trova un contesto naturalmente vocato all’individualizzazione dell’insegnamento”.

Con la nota n. 381 del 4 marzo 2022 il ministero ha dato alcune indicazioni su cosa fare in queste situazioni: “Nell’accogliere i bambini e i ragazzi a scuola si potrà fare riferimento alle molteplici esperienze di peer education e peer tutoring (...)  come anche all’utilizzo sperimentato di materiali didattico bilingue o nella lingua madre. Si raccomanda pure di riservare la massima cura nel coinvolgimento del nucleo familiare con cui gli studenti sono arrivati e al collegamento fra tempo scuola e tempo extra-scuola, per l’offerta di occasioni di socializzazione, ricreative o sportive, ad esempio”.

“Il ministero continua a inviarci note che ci spiegano cose che sappiamo fare benissimo – osserva polemicamente Caneva –. Ma noi abbiamo bisogno di altro per affrontare queste situazioni, ad esempio risorse in organico, che però sia stabile e non straordinario”. 

La scuola non basta
Il governo, appunto, cosa sta facendo? Qualcosa si muove, anche se non è abbastanza. La citata circolare ministeriale fa riferimento al Testo unico sull’immigrazione che, spiega Manuela Calza, segretaria nazionale della Flc Cgil, “garantisce a tutti i minori a qualunque titolo presenti sul territorio nazionale il diritto allo studio e consente dunque l'iscrizione a scuola in qualunque momento dell’anno”. La circolare annuncia anche che verranno assegnati per l’accoglienza i 20 milioni di euro che la legge di bilancio aveva destinato alle conseguenze e ai disagi riconducibili all'emergenza epidemiologica, finalizzandoli al supporto psicologico per gli studenti ucraini e le proprie famiglie. È poi previsto un milione aggiuntivo per progetti di accoglienza, si legge nella circolare, sulla base “delle esigenze che verranno presentate dagli Usr in accordo con le prefetture”.

“È sicuramente un primo passo – commenta Calza – ma certamente non sufficiente. Innanzitutto perché le indicazioni sono troppo generiche e andrebbero invece definiti dei criteri nazionali. E poi perché la cifra è veramente inadeguata: sono 100 euro a scuola, neanche una goccia nel mare. Insomma: aspettiamo che le istituzioni statali e locali facciano il loro dovere stanziando risorse che siano all’altezza della situazione di emergenza che si è venuta a creare”. 

“Le scuole – aggiunge la sindacalista – saranno come al solito all’altezza di questa sfida e metteranno in campo le professionalità e il patrimonio culturale e valoriale che le rende da sempre luoghi privilegiati di accoglienza, inclusione e diritti. Però non basta: è l’intera comunità che deve farsi carico di questa tragedia. Anche perché i minori non arrivano da soli, ma con  famiglie che a loro volta sono accolte da altre famiglie. La loro vita, le loro necessità non si esauriscono nella scuola”.

Per questo, conclude Calza, “gli interventi devono essere trasversali e responsabilità di tutti, e dunque coinvolgere tutti i soggetti pubblici e privati  – mi riferisco al terzo settore - per un’accoglienza efficace sul territorio”. Le emergenze, purtroppo, cambiano, ma i nodi sono sempre gli stessi: programmazione e investimenti, quelli che da anni nel nostro paese mancano.