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La scuola riapre dimezzata: orari ridotti e precariato

Oltre cinque milioni di studenti sono tornati in classe in 12 regioni Dopo gli annunci poche certezze su organici, spazi e didattica. Conte si è detto «soddisfatto» che «le attività scolastiche siano riprese in modo ordinato»

15/09/2020
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il manifesto

Roberto Ciccarelli

È iniziata una scuola dimezzata, molto diversa da quella annunciata dal governo. Dopo sei mesi di chiusura totale per bloccare la diffusione del Covid ieri cinque milioni e seicentomila studenti sono tornati nelle classi di Lazio, Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Marche, Toscana, Liguria, Piemonte, Sicilia, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto e provincia di Trento. Hanno trovato meno ore di lezione o di durata inferiore, entrate e uscita scaglionati, lezioni alternate in presenza e online con classi divise in aula e a casa per mancanza di spazi. E, per chi non ha trovato spazio in parrocchie, teatri, tende o moduli prefabbricati costruiti a tempo di record è prevista una settimana al mese di video-lezioni e le altre in presenza per alcune ore al mattino. C’è chi invece alternerà un giorno a casa e un altro in classe fino a dicembre, per il momento. Questa scuola del tempo diminuito chiuderà tra pochi giorni per lasciare spazio ai seggi delle elezioni regionali e per il referendum. E riprenderà a scacchiera la prossima settimana quando, giovedì 24, aprirà anche in Puglia, Calabria, Basilicata, Abruzzo e Campania.

LA MINISTRA dell’Istruzione Azzolina ha assicurato che «solo» 50 mila studenti (su un milione) non avranno gli spazi adeguati per il distanziamento sociale e dovranno portare la mascherina in attesa di una soluzione. Ieri è apparso drammaticamente il rovescio di questo ragionamento. La corsa a ricavare spazi in un’edilizia fatiscente come quella italiana ha provocato quasi una tragedia. A Sansepolcro (Arezzo) uno studente di 16 anni è stata trasportato all’ospedale fiorentino di Careggi per i traumi e le fratture riportate dalla caduta di un lucernario. L’incidente è avvenuto durante l’ora di ricreazione in uno spazio adiacente l’edificio.

L’ATTESO e nervoso ritorno a una parvenza di normalità, sempre nel timore di nuove quarantene di classi o interi istituti (com’è accaduto ieri in una scuola materna paritaria a Bari), ha rivelato quella che potrebbe essere la didattica durante quest’anno: mescolata («blended» nella neoligua della pedagogia neoliberale), cioè frammentata tra presenza e online. E, per ora, senza intervallo, la «ricreazione» dalla disciplina. Per evitare contatti tra le classi in molti casi la ritualità del tempo liberato è stata annullata o rimodulata per classi. I primi segnali della costruzione di una nuova cittadinanza virale dove la protezione della salute può arrivare a danneggiare il diritto all’istruzione, la garanzia di una libertà passa dalla distanza, dall’autocontrollo e dal rispetto reciproco. Paradossi sono stati così descritti dal preside del liceo Tasso di Roma: «Andiamo verso una sorta di militarizzazione, ma c’è da scegliere. Vogliamo restare a scuola il più possibile? Allora bilanciamo le regole per assicurare il diritto alla salute e all’istruzione anche nei tracciamenti. Perché se non ci riusciamo chiudiamo. Ne parlerò con i ragazzi».

QUESTO DISPOSITIVO, basato sulla responsabilizzazione dei comportamenti, e non sull’imposizione di un comando, si è mosso dentro e anche fuori dalla scuola. Per esempio a Lodi e nel resto della provincia dove, a diverse fermate di autobus e scuolabus, all’entrata e all’uscita dalle scuole, polizia e carabinieri hanno controllato il rispetto del distanziamento e l’obbligo delle mascherine. Per motivi dettati essenzialmente dal risparmio governo e regioni hanno convenuto di aumentare la capienza massima del trasporto all’80%.

LA SCUOLA dimezzata è un problema sia per i genitori che a metà mattinata potrebbero essere costretti a riprendere i figli più piccoli da scuola, con evidenti problemi per il lavoro e i redditi, spesso precari. Ed è un problema soprattutto per gli organici dei docenti e del personale precario. S 85 mila posti le nomine sono state meno di 30mila. I presidi nomineranno i supplenti, anche se le graduatorie online sono piene di errori e si parla di contestazioni e ricorsi. I 70 mila «docenti e personale Covid» e licenziatili con «giusta causa» e senza indennizzo in caso di lockdown potrebbero non bastare, mentre continuerà la girandola infernale sul sostegno. Per dare un’idea della gravità della situazione andiamo all’istituto Pio La Torre a Torrevecchia, un’area di Primavalle a Roma. Un bambino di nove anni è stato rispedito a casa perché mancava il docente di sostegno. Oltre ai lavoratori, i più colpiti dalla povertà educativa saranno i più vulnerabili. Il governo ha avuto sei mesi per fare riforme strutturali. Da aprile non ha ascoltato il movimento «Priorità alla scuola». E, a chi come i sindacati, chiedeva una seria programmazione ha risposto con l’infondata accusa di «sabotatori». La realtà è quella vista ieri: poche certezze sull’organico, sugli spazi, sui banchi (arriveranno entro ottobre per il commissario Arcuri), riduzione del tempo scuola. Il premier Conte, in un vertice a Palazzo Chigi, si è detto «soddisfatto» che «le attività scolastiche siano riprese in modo ordinato». È l’ordine del caos, quello normale nella scuola italiana. Prima il Covid. E durante.

Mattarella inaugura l’anno scolastico a Vo’ Euganeo
«L’inaugurazione dell’anno scolastico, mai come in questa occasione – ha detto ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sul prato dell’istituto «Guido Negri» di Vo’ Euganeo dove c’è stata la prima vittima italiana per il Covid- ha il valore e il significato di una ripartenza per l’intera società. Se si è data continuità alla didattica pur in condizioni di inedita difficoltà questo è stato possibile grazie alla dedizione, all’impegno e al forte senso della missione educativa degli insegnanti». La ministra dell’istruzione Lucia Azzolina ha paragonato la scuola a Ulisse e al suo viaggio: «È arrivato il momento di riportarla al centro del sis