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La Stampa-Riecco l'assemblea: e addio decisionismo

. Riecco l'assemblea: e addio decisionismo LA SEQUENZA DEGLI INTERVENTI SI SNODA LENTA, INTERMINABILE, SOPORIFERA: ANCHE LA "LETIZIA DI FERRO" DEVE INCHINARSI ALLA CITAZIONE CLASSICA Riec...

20/12/2001
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La Stampa

. Riecco l'assemblea: e addio decisionismo
LA SEQUENZA DEGLI INTERVENTI SI SNODA LENTA, INTERMINABILE, SOPORIFERA: ANCHE LA "LETIZIA DI FERRO" DEVE INCHINARSI ALLA CITAZIONE CLASSICA

Riecco l'assemblea: e addio decisionismo

ROMA È vero, vengono tassativamente rispettati i cinque minuti assegnati a ciascun oratore. Ma la sequenza degli interventi si snoda lenta, interminabile, soporifera, ripetitiva, maniacalmente fissata sui particolari come solo un consiglio d'istituto vecchio stampo può essere. Se gli Stati generali dell'istruzione convocati da Letizia Moratti dovevano essere la vetrina del verbo efficientista, l'immagine sprint e decisionista di una scuola che cambia senza indugio lessico e ritmi, la vecchia scuola dei presidi e dei professori convocata al Palazzo dei congressi dell'Eur, quella che alla moda della gergalità all'inglese preferisce la citazione di un proverbio in latino, quella che si accalora più sulle modalità del tempo pieno che sulle "tecnicalità" manageriali, ha decisamente preso il sopravvento. Perfino la Moratti, solitamente aliena dalla citazione umanistica e dall'ossequio ai Padri della patria, ha esibito nel suo intervento introduttivo il riferimento a Salvemini, a don Sturzo, a Luigi Einaudi e persino all'ottocentesco Rosmini. Azienda sì, ma con tutti i ritratti polverosi appesi alle pareti. Tutti, per la verità, s'aspettavano gli effetti speciali. Gli studenti della protesta temevano l'incubo della dittatura mediatica, la scuola trasformata in palcoscenico sotto le luci dei riflettori della tv: sbagliavano anche su questo. Gli stessi organizzatori degli Stati generali si sono affaticati per giorni per lodare le sinergie con Rai educational, la conferenza in videostreaming, l'apoteosi internettista, la rilevanza persino spettacolare che l'evento avrebbe dovuto avere. Ma la scuola dei professori dall'eloquio lento e forbito, quella degli studenti che si accapigliano per le formule politiche astruse, il profluvio di sigle, associazioni, consulte e consultine che si è abbattuto impetuoso nella sala del Palazzo dei Congressi ha messo in luce il corpaccione della sempiterna scuola all'italiana, prudente, gommosa, timorosa dei cambiamenti. E si capisce perché il ministro Moratti, pur di non apparire oltremodo sbrigativa e decisionista davanti a una platea suscettibile e disincantata, abbia voluto sottolineare che lei senza il "consenso" del mondo scolastico non vuole andare alla prova di forza, allo strappo con le abitudini consolidate di un mondo timoroso di ogni novità. E faceva una certa impressione nel Palazzo dei Congressi la recita degli studenti di una scuola di Foligno ricavata dall'Antigone di Sofocle, croce e delizia di generazioni di studenti intenti a compitare quei testi in greco. Oltretutto, in prossimità del Natale, la recita scolastica appare in perfetta sintonia con i tempi. Oppure il piccolo show dei bambini di una scuola elementare che rappresentano i veri eroi della giornata, immobili come statue per ore e ore mentre al microfono si succedevano gli interventi di esperti e consulenti. O il religioso silenzio con cui gli addetti ai lavori, l'ossatura di questi Stati generali fortissimamente voluti dal ministro Moratti, hanno ascoltato Giuseppe Bertagna, il consulente principe del ministro, mentre sciorinava necessariamente complicati discorsi sui benefici effetti del "5 più 3 più quattro" in confronto a più avveniristici "sei più sei" o addirittura "quattro più quattro più quattro" in fase di riordino dei cicli scolastici. La platea ha seguito tutti i lavori con un'attenzione silente e rispettosa, ha preso appunti, ha intrecciato commenti in corridoio sulla differenza tra "formazione" e "istruzione", dando l'impressione di un'assemblea attenta e competente, appassionata sui più minuti problemi della scuola e devota al culto della pedagogia e dell'educazione. Ma, appunto, senza che gli effetti speciali tanto decantati alla vigilia e tanto paranoicamente enfatizzati dagli oppositori modificassero sostanzialmente il tono da serioso seminario sui temi della scuola che la convention ha voluto adottare. E se proprio c'è da rintracciare un segno culturale dominante nei discorsi degli esperti e nelle esibizioni degli studenti non è certo quello dell'aziendalismo senz'anima. Scorre in sala il video sulle meraviglie dell'approccio "interculturale". I bambini sceneggiano uno spettacolino ecumenico dai forti connotati solidaristici. Gli studenti sardi e quelli calabresi, quelli lombardi e quelli siciliani si mostrano, tutti e indistintamente, attenti alla salvaguardia delle proprie "radici" e all'integrità delle culture locali, e molto istruttivo è apparso l'intervento sulla tutela di bachi e bozzoli allestito da un istituto d'arte di Cosenza. Altro che dittatura del mercato. Altro che tirannia mediatica. Fuori dovrebbe esserci l'assedio degli antimorattiani intransigenti. Proteste, cortei, proclami altisonanti. In mezzo, uno spiegamento imponente di polizia e carabinieri a cavallo. E dentro? Dentro fa davvero impressione che un seminario di studio sui problemi della scuola possa aver suscitato tanto rumore, tante aspettative, tanti terrori. Chi si attendeva paillettes e luci multicolori ha decisamente sbagliato indirizzo. Chi temeva l'Azienda ha ritrovato la vecchia, indistruttibile scuola di sempre: composta ma verbosa, appassionata ma fatalmente incline alla retorica autocelebrativa. Il decisionismo può attendere.