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Legge di Bilancio, il gioco delle tre tavolette con l’Università: 90 milioni dati, 100 congelati

Nella manovra previsti 40 milioni in più per l’università, 40 per la ricerca e 10 per il diritto allo studio. Ma il Miur si è impegnato ad accantonare per sei mesi 100 milioni di spese che arriveranno a luglio solo se i conti saranno a posto. Buone notizie per i ricercatori a tempo determinato: 1.500 contratti in più. Ma per il turnover delle università virtuose bisognerà aspettare dicembre per via del blocco delle assunzioni nella PA

10/01/2019
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Corriere della sera

Orsola Riva

Aumenti e accantonamenti

Con una mano dà, con l’altra toglie. La prima legge di Bilancio varata dall’esecutivo giallo-verde manda in rosso l’università. E non è un gioco di parole, ma l’ennesimo strangolamento di un «settore strategico per il Paese», come ormai da anni ripetono tutti i governi senza che alle parole seguano mai i fatti. L’università italiana soffre di un cronico sotto finanziamento: in rapporto al Pil spendiamo appena lo 0,9 per cento contro l’1,2 per cento dei tedeschi, l’1,5 dei francesi, il 2 per cento degli inglesi. L’anno scorso era andata un po’ meglio soprattutto grazie ai 271 milioni stanziati per i dipartimenti di eccellenza e ai 400 milioni investiti per la ricerca di base attingendo al tesoretto dell’IIT di Genova. Ma quest’anno si è partiti fin da subito col piede sbagliato. Nella prima versione della manovra - che pure spingeva il deficit fino al 2,4 per cento - per l’università non era previsto neanche un euro in più. In quella licenziata in fretta e furia dal Parlamento alla fine dell’anno con il placet di Bruxelles (e un deficit al 2 per cento) stati messi, più per la forma che per la sostanza, 40 milioni di euro in più nel Fondo di finanziamento ordinario dell’università (FFO). Un aumentino talmente striminzito (parliamo dello 0,5 per cento in più contro il 5 per cento dell’anno scorso) che lo stesso ministro Marco Bussetti, nel comunicato di fine anno sugli interventi previsti dala manovra, lo ha derubricato come «un primo incremento» in vista dei 100 milioni in più che dovrebbero arrivare nel 2020. Altri 40 milioni sono stati stanziati per la ricerca (30 per il CNR e 10 per gli altri enti di ricerca) e 10 milioni per il diritto allo studio (l’anno scorso i soldi messi per le borse di studio erano stati il doppio). Poca roba. Con una beffa ulteriore. Poiché il governo si è impegnato con i partner europei ad accantonare 2 miliardi di voci di spesa per i vari ministeri (Miur incluso), almeno fino a luglio è tutto bloccato. Se poi, al termine del monitoraggio dei conti pubblici, il Mef rileverà che è tutto ok quei soldi verranno sbloccati, altrimenti restano bloccati per tutto il 2019.

Aritmetica contabile e saldi di bilancio

Nel caso del Miur - come si legge nello specchietto dell’allegato 3 della manovra - gli accantonamenti previsti ammontano a 100 milioni - 40 per l’università, 30 per il diritto allo studio e altri 30 per la ricerca - che saranno congelati almeno fino a luglio (nella migliore delle ipotesi). Quindi da un lato il governo ha messo 90 milioni in più in università e ricerca. Dall’altro ne ha congelati 100 almeno fino a luglio, col rischio che non arrivino neanche dopo. Saldo contabile: meno 10 milioni.

Contratti a tempo determinato...

Quanto alle nuove assunzioni la legge di Bilancio stanzia 20 milioni per il 2019 e 58,63 milioni per il 2020 per 1500 ricercatori di tipo B (sono contratti triennali al termine dei quali puoi diventare prof associato). Una buona notizia considerando che nella versione iniziale della manovra ne erano previsti solo mille. Ma in realtà per i contratti a termine di questi 1500 nuovi ricercatori non vengono messi soldi nuovi ma si usano quelli stanziati dal governo Renzi per le contestatissime Cattedre Natta (le chiamate dirette di super ricercatori dall’estero mai decollate).

... e assunzioni (bloccate fino a metà novembre)

Il governo ha anche molto pubblicizzato il fatto che le università virtuose (quelle con i conti a posto) potranno assumere più gente di quella che esce, ossia superare il 100% del turnover. Per farlo avranno a disposizione nel biennio 2019-2020 25 + 25 milioni. Non si tratta però di soldi in più ma di una quota parte del FFO, che andrà a discapito delle università del Sud che hanno i conti dissestati per via dell’emorragia di studenti e perché non possono contare sulla leva delle tasse universitarie. Nella relazione tecnica della manovra si spiega che questi soldi corrispondono a circa 220 «punti organico» per ciascun anno. Per capirci: un prof ordinario equivale a 1 punto organico, un associato a 0,7, un ricercatore a 0,4-0,5 punti. Quindi si tratta in tutto di almeno 440 nuovi prof. Non da subito però: il turnover infatti sarà congelato fin quasi alla fine dell’anno per via del blocco delle assunzioni nella Pubblica amministrazione che scade a metà novembre. Solo i ricercatori di tipo B in scadenza sono stati graziati e potranno effettivamente entrare in ruolo come associati senza aspettare dicembre, altrimenti sarebbero rimasti senza stipendio per mesi perché il loro contratto non può essere rinnovato.