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Liberazione-Il bisogno di essere studenti

Il bisogno di essere studenti Partecipare e contare, l'identità feconda del nuovo movimento Salvatore Cannavò La ragazza è appena uscita dal gruppo "creativo" incaricato di preparare la ma...

20/12/2001
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Liberazione

Il bisogno di essere studenti
Partecipare e contare, l'identità feconda del nuovo movimento
Salvatore Cannavò
La ragazza è appena uscita dal gruppo "creativo" incaricato di preparare la manifestazione. Siamo all'assemblea del Mamiani - convocata per discutere il documento degli studenti contro Moratti e per fare il punto della situazione tra le due giornate di mobilitazione - e lei chiede di contribuire a realizzare una delle iniziative previste per oggi: cambiare i nomi di alcune strade. Le chiediamo quali idee sono state già elaborate. "Beh, viale delle Americhe si potrebbe chiamare "viale della globalizzazione", a piazza Civiltà del Lavoro basterebbe aggiungere "precario" e poi si potrebbe creare "piazza dei Popoli di Seattle"". In questo piccolo gioco di parole e di fantasia c'è una buona parte dello stato di famiglia di questo movimento studentesco che, dopo lo spostamento degli Stati generali di Moratti da Foligno a Roma, si è già guadagnato il diritto di incidere sulla vita politica del Paese. I figli di Genova Nelle piazze di tutta Italia, nelle occupazioni scolastiche, nelle facoltà universitarie in lotta ci sono i "figli di Genova", quelli che, anche senza aver partecipato alle giornate di luglio, ne hanno assaporato il clima sociale, l'esuberanza ideale e il messaggio politico. Che questo movimento abbia qualcosa di diverso da quelli che abbiamo conosciuto storicamente - le classiche mobilitazioni stagionali d'autunno - lo sanno e lo dicono tutti. Nell'aria si percepisce una tonalità più densa e più satura di potenzialità, la stessa, ad esempio, che consente un'interlocuzione meno faticosa del passato con altri soggetti in lotta - gli insegnanti o "quelli dei social forum". E' anche vero però che pochi sanno definire questa tonalità, questa tendenza di fondo. Per arrivarci devi insistere con le domande, cercare di capire qual è la vera motivazione degli studenti, la loro spinta a mobilitarsi. "E' un bisogno insopprimibile di partecipazione" spiega Massimo di Roma: "la ragione principale dell'ostilità verso gli stati generali è la loro natura escludente". Gli studenti vogliono contare, decidere, partecipare. E' un desiderio che si esprime con le occupazioni, da sempre, ma che oggi si intreccia con la parola d'ordine del movimento antiglobalizzazione: democrazia partecipativa. E questa aspirazione non è altro che la traduzione moderna di un tema che ha caratterizzato le "scalate al cielo" del Novecento e che oggi si ripresenta in forme apparentemente più blande o più soffici, ma cariche comunque della stessa utopia. In realtà, anche questi studenti esprimono un "anticapitalismo latente" - per usare le parole di Fausto Bertinotti - riscontrabile nella fiera opposizione alla "morattizzazione" della scuola, efficace neologismo che sta per privatizzazione; così come si oppongono alla legge dominante dell'aziendalizzazione incarnata dal governo Berlusconi. "La scuola è mia" Ma quello che fa divampare meglio la loro politicità e la loro latente alternatività è l'attaccamento, sbalorditivo, alla scuola pubblica così come la netta contrarietà a mercificare l'istruzione. Difendere "la mia scuola" è un riflesso istintivo ereditato da decenni di lotte, ma è anche la forma con cui viene interpretato, spontaneamente e istintivamente, un bisogno più generale e universale. La scuola, infatti, è quel luogo in cui esercitare germi di democrazia diretta, forme confuse di protagonismo sociale. "Riappropriamoci della nostra scuola" è lo slogan degli studenti; "riappropriamoci del nostro mondo", quello del movimento antiglobalizzazione. Quest'ultimo pensa che "un altro mondo è possibile", quello è convinto che sia possibile "un'altra scuola". Entrambi pongono una domanda politica e un'istanza di partecipazione e democrazia che nessuna delle forme politiche e istituzionali esistenti può soddisfare, tanto meno la parata di Moratti e soci. Per questo possono incontrarsi, interloquire, viaggiare insieme. La nascita della soggettività Questa identità generale, però, non cancella la specifica soggettività studentesca che anzi è il tratto dominante di lotte, dibattiti, manifestazioni comuni. Gli studenti non si definiscono e non si pensano "no global": nel documento introduttivo dell'assemblea del Mamiani, i social forum sono un soggetto esterno, "con cui condividere una causa comune, ma comunque senza strumentalizzazioni". Gli studenti sono studenti, non qualcosa di indifferenziato o indefinito. Ma questa "gelosia" della propria specifica identità non corrisponde a un'arretratezza o a un'incomprensione politiche. "Strutturare una piattaforma - dice Alessio - non vuol dire rinunciare a una maggiore politicità, anzi vuol dire qualificarla meglio, rendendola comprensibile a un numero sempre maggiore di studenti". Rivendicando la materialità della loro condizione e conferendo così concretezza alle lotte e alle parole d'ordine - no alla riforma Bertagna, no alla scuola-azienda, sì alla scuola pubblica - gli studenti non fanno altro che assaporare il loro anticapitalismo latente, scoprendone la valenza grazie a un percorso reale, autoformativo e autodeterminato. Per questo non nascondono una lieve diffidenza per possibili "strumentalizzazioni" esterne. Non siamo in presenza della diffidenza propria dei movimenti di altri tempi, quando l'intervento sbagliato del "leaderino" di turno era sommerso da fischi e insulti. Oggi gli universitari possono parlare in assemblea quanto vogliono e, forti di una loro capacità di lotta (a Roma lo scorso anno il movimento studentesco è stato solo universitario), sono interlocutori reali. E così gli insegnanti. Ma la politica organizzata deve passare al vaglio di una reale internità alle lotte, altrimenti si pone come soggetto esterno e straniero. E' una lezione interessante che fa di questi giovani una speranza per il futuro.