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Lo shopping vive, la scuola muore

Chiara Saraceno

01/12/2020
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La Stampa

La debacle della scuola, piemontese, ma non solo, sta tutta nella risposta del presidente della Regione, Cirio, agli studenti che gli chiedono conto del mantenimento della didattica a distanza per le scuole medie anche dopo il passaggio della Regione da zona rossa a zona gialla: sarebbe stato irresponsabile aprire "senza aver ancora risolto i problemi di ciò che avviene prima e dopo l'ingresso in classe". Appunto. Non si è fatto nulla, non solo in Piemonte, durante l'estate per risolvere il problema dei trasporti, non solo nelle città, ma anche nelle valli, dove il pendolarismo studentesco è molto frequente e per tragitti molto più lunghi dei mitici 15 minuti che, secondo la ministra De Micheli, costituirebbero miracolosamente una soglia di sicurezza rispetto al contagio. Dove quindi bisogna anche riflettere con attenzione prima di proporre ricette miracolistiche su sfasamenti di orari durante l'intera giornata.

Non si è fatto nulla per organizzare le Usca, che avrebbero dovuto garantire la cura domiciliare a chi, contagiato, non richiede ospedalizzazione. Così come non si è fatto nulla per organizzare un efficiente, tempestivo e dedicato sistema di monitoraggio e tracciamento dei contagi a scuola. E si è continuato a non fare nulla durante il periodo in cui il Piemonte è rimasto in zona rossa. Tant'è vero che Cirio annuncia che sta aprendo soltanto ora tavoli di confronto con i vari soggetti. Eppure sono tutte questioni di competenza regionale, così come lo è la provvigione di vaccini anti-influenzali, tuttora latitanti (per dire, pur appartenendo alla categoria degli ultrasettantenni, anch'io come molti sono ancora in attesa di essere vaccinata).

Solo la mancanza di insegnanti, che non permette sempre neppure la didattica in presenza, non dipende dal governo regionale, ma dal ministero dell'Istruzione, che anche quest'anno ha fallito miseramente il compito di garantire la dotazione necessaria di insegnanti all'inizio dell'anno scolastico. Se fossi uno dei tanti studenti, delle medie inferiori e superiori, che da settimane chiede di poter tornare a scuola, anche solo in regime di didattica mista in presenza e a distanza, ma con la possibilità di uscire dall'isolamento della casa e di avere relazioni e confronti non solo virtuali, non mi accontenterei delle rassicurazioni di chi,

a livello centrale e regionale, afferma di agire in modo responsabile, ma non ne dà prova all'atto pratico. Non ha neppure l'onestà di chiedere scusa per l'inefficienza del proprio governo, che rischia di prolungare ulteriormente la chiusura delle scuole, con gravi danni non solo per gli apprendimenti, ma per l'allargamento delle diseguaglianze. È vero che la debolezza del sistema sanitario piemontese (e non solo) sul piano dei servizi territoriali è una eredità delle precedenti amministrazioni, ma non risulta che in questi lunghi mesi di pandemia sia stato fatto qualcosa per correggere la situazione. Allo stesso tempo, il Piemonte è tra le, molte, Regioni che non hanno preparato il piano di riorganizzazione ospedaliera e delle terapie intensive necessario per accedere ai fondi stanziati a livello centrale. È su queste cose che si misura la credibilità di un'amministrazione, non sulla retorica delle bune intenzioni.

Si tratta di mancanze tanto più inaccettabili a fronte della sventatezza con cui, un minuto dopo il passaggio di colore, è stato riaperto lo shopping senza preoccuparsi, come amministratori, delle folle che si sono, certo irresponsabilmente, ma prevedibilmente, riversate nelle strade dei negozi. Come spiegare ai ragazzi che non possono andare a scuola perché rischiano di contagiarsi e contagiare e invece permettere, salvo dolersene ex post, che ci si possa allegramente abbandonare allo struscio domenicale? Certo movimenterà l'economia, ma sicuramente anche il virus, fornendo una scusa per un'ulteriore dilazione della riapertura delle scuole.—