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Londra 2019, fuga da scuola: soldi ai prof che non lasciano l’insegnamento

L’iniziativa del governo britannico per fermare l’emorragia di docenti: bonus di 5.000 sterline ai docenti che insegnano per almeno tre anni di fila

06/02/2019
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Corriere della sera

Caterina Belloni

Incentivi ai professori se rimangono al loro posto. È questa la strategia lanciata dal governo inglese per cercare di arginare l’emorragia di docenti, di cui la Gran Bretagna soffre ormai da qualche anno. Il numero degli insegnanti che cominciano il percorso di preparazione alla docenza nelle scuole primarie e secondarie è in diminuzione costante da almeno sei anni e a settembre era del 17 per cento inferiore all’anno precedente. Mancano soprattutto i prof di materie tecniche, come ad esempio fisica, chimica e informatica, tanto che spesso in classe arrivano ad insegnare questi argomenti dei professori che hanno altre specializzazioni.

Due prof su tre via da scuola subito dopo l’apprendistato

Qualche anno fa, per cercare di ovviare alla penuria dilagante, il ministero ha lanciato la proposta di offrire una borsa di studio di un anno, pagata oltre 20 mila sterline, ovvero 23mila euro, in modo da rendere la fase di apprendistato appetibile come un lavoro vero e proprio. Una strategia che non ha aumentato poi tanto il numero dei candidati e che soprattutto non è servita a mantenerli nella professione. Dei pochi che iniziano a insegnare, infatti, molti abbandonano in fretta. Secondo le statistiche diffuse dal ministero, tanti neolaureati ottengono la borsa di studio, cominciano ad insegnare e dopo uno o due anni lasciano la carriera. Per il gruppo specializzatosi nel 2012, ad esempio, solo un terzo è rimasto al suo posto, mentre gli altri hanno intrapreso strade diverse. Colpa del carico di lavoro, della burocrazia, delle richieste pressanti da parte del dirigente didattico da un lato e dei genitori dall’altro, che attraverso le email tormentano i prof di sera, nel fine settimana, durante le vacanze e se non ricevono risposte tempestive sono pronti a presentarsi agguerriti dal preside avanzando rimostranze.

Troppo stress, colpa anche delle email dei genitori

Nel Regno Unito la vita di un insegnante ha ritmi frenetici. Si comincia prima delle otto e si finisce tra le 4,30 e le 5,30. La preparazione delle lezioni e la correzione dei test spesso si fanno a casa, fuori dall’orario ufficiale, con un impegno di almeno tre sere la settimana, specie nei primi anni, quando manca ancora l’esperienza. Così bilanciare vita privata e professione diventa complicato e molti non riescono a sostenere la pressione e se ne vanno. Adesso, per evitare che accada, il governo ha pensato di puntare sulla questione economica. D’ora in poi i professori che rimangono nella scuola per tre anni di fila riceveranno un bonus da 5 mila sterline, mentre un altro incentivo dello stesso valore verrà consegnato dopo cinque anni di carriera. Un premio per la continuità, che viene ritenuta fondamentale e va incentivata. Un po’ come accade in Italia, dove però la «fedeltà» a un istituto è sancita per legge e imposta ai neoassunti, senza alcun vantaggio in termini retributivi (anche se per il momento è saltata l’ipotesi di estendere a tutti i gradi di scuola il vincolo di 5 anni nella stessa scuola già in vigore per i docenti delle superiori).

La concorrenza dei privati

Questo incentivo, comunque, non è l’unico asso nella manica del Governo. Lo stipendio infatti è già stato aumentato del 3,5 per cento per molti degli insegnanti. Il salario minimo per chi comincia è di circa 23mila sterline, quasi 27 mila euro, e sale a oltre 28mila sterline (32 mila euro) a Londra, dove la vita è più cara. Certo, un laureato in matematica, scienze e statistica che sceglie la carriera in banca o in azienda, al primo impiego guadagna di più, in media tra le 30 mila e le 40 mila sterline (ovvero da 35 mila fino a 46 mila euro). Una differenza che pesa in termini pratici, anche se formare le nuove generazioni dovrebbe essere un compito appassionante e gratificante di per sé. Indipendentemente dallo stipend