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Ma l’ascensore sociale è bloccato fin dalla scuola*

L’origine sociale non è una condanna, ma le statistiche dicono che la probabilità di ottenere una laurea è spesso legata al fatto di avere genitori a loro volta laureati. Come altri paesi, l’Italia dovrebbe introdurre l’università professionalizzante.

14/05/2018
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lavoce.info

Marco Leonardi e Marco Paccagnella​

Quanto conta la famiglia

L’origine sociale ha una grande importanza nel determinare l’indirizzo di studi superiore e, dunque, anche le scelte successive in materia di istruzione e gli esiti sul mercato del lavoro. In questo articolo cerchiamo di ricostruire i principali passaggi della stratificazione scolastica (il tipo di scuola superiore, i risultati ottenuti, le aspirazioni a laurearsi, la probabilità di laurearsi davvero e le competenze da adulto misurate da indagini Ocse).

Andiamo per punti.

1) Secondo i dati Invalsi, in Italia il 73 per cento degli studenti con almeno un genitore laureato frequenta un liceo, contro solo il 43 per cento degli studenti senza genitori laureati.

2) I dati Pisa (un’indagine Ocse sugli studenti 15enni che misura le loro competenze in comprensione del testo e matematica) confermano però che nei risultati scolastici il tipo di scuola frequentato conta più del livello di istruzione dei genitori. Nel 2015 i liceali italiani avevano un punteggio medio di 525 punti, 78 punti in più degli studenti degli istituti tecnici e professionali (il punteggio medio è di 178 punti). Per contro, i quindicenni con almeno un genitore laureato avevano punteggi in lettura superiori di soli 17 punti rispetto ai coetanei con genitori meno istruiti.

3) Allo stesso modo, l’87 per cento dei liceali si aspetta di conseguire un titolo terziario, contro il 31 per cento degli studenti degli istituti tecnici e professionali. Il divario in base al grado di istruzione dei genitori è molto più ridotto, in quanto aspirano alla laurea il 69 per cento dei ragazzi con almeno un genitore laureato e il 52 per cento dei ragazzi con genitori meno istruiti.

Lauree professionalizzanti per la mobilità sociale

Ma come evolvono i divari nel corso del tempo? E le aspirazioni sono destinate a realizzarsi?

Per rispondere possiamo guardare ai dati Piacc (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) raccolti nel 2011/12 fra la popolazione adulta (dai 16 ai 65 anni). Come Pisa, Piaac testa le competenze degli intervistati, oltre a raccogliere molte informazioni sul loro percorso educativo e professionale. Ovviamente si tratta di persone diverse nate in anni diversi, ma un confronto fra i divari all’età di 15 anni e quelli in età adulta risulta comunque istruttivo e può essere indicativo di come individui di differente estrazione sociale abbiano una differente transizione verso l’età adulta e il mercato del lavoro.

La tabella 1 riassume i principali risultati, mettendo l’Italia a confronto con Francia e Germania.
Innanzitutto, è interessante notare come, fra i 20-24enni, il divario nei punteggi al test Piaac fra i figli di genitori laureati e non laureati sia maggiore in Italia (45 punti) che in Francia e in Germania (rispettivamente 30 e 25 punti).
Inoltre, se guardiamo agli individui di età compresa fra i 30 e i 44 anni, vediamo che le aspettative sul conseguimento di un titolo di studio terziario si realizzano, in Italia, solo per i figli di genitori laureati: il 65 per cento di essi infatti ha una laurea in età adulta, contro appena il 14 per cento di chi ha genitori meno istruiti. In Francia arriva alla laurea il 30 per cento dei ragazzi con genitori non laureati (e il 77 per cento dei figli dei laureati). In Germania le quote sono, rispettivamente, il 23 per cento e il 60 per cento.
Il divario è legato soprattutto al fatto che gli studenti figli di genitori non laureati hanno una probabilità molto maggiore di abbandonare l’università dopo l’iscrizione: il 36 per cento di loro infatti non termina l’università dopo essercisi iscritto, contro il 15 per cento dei figli di genitori laureati. Nel confronto internazionale, il tasso di abbandono dei figli di laureati è in linea con quello osservato negli altri maggiori paesi europei, mentre quello degli studenti con genitori meno istruiti è nettamente superiore.

Tabella 1

Punteggio PIAAC, 20-24anni
Figli di genitori laureati Figli di genitori non laureati
ITA 295 249
FRA 301 271
GER 298 272
% Laureati, 30-44 anni
Figli di genitori laureati Figli di genitori non laureati
ITA 65% 14%
FRA 78% 30%
GER 60% 23%
% Abbandoni universitari, 30-44 anni
Figli di genitori laureati Figli di genitori non laureati
ITA 16% 36%
FRA 13% 22%
GER 4% 8%

Ricapitolando: se i tuoi genitori non sono laureati, andrai probabilmente all’istituto tecnico, avrai minori aspirazioni a laurearti e ti laureerai solo nel 14 per cento dei casi. Inoltre, se ti iscrivi all’università, avrai circa un terzo di probabilità di non terminare il percorso di studi.

Il basso numero di laureati in Italia è anche dovuto al fatto che nel nostro paese esiste sostanzialmente solo una laurea accademica (Tertiary type A), mentre negli altri paesi ne esiste anche una professionalizzante (Tertiary type B).

Figura 1

In quasi tutti i paesi europei la mobilità sociale è stata favorita dalla creazione di titoli terziari (universitari) professionalizzanti, che hanno attratto nella sfera dell’università i figli di genitori senza laurea. Tradizionalmente (e aggiungeremmo anche culturalmente) l’Italia non ha mai investito in un canale vocational di pari dignità del canale accademico. La riforma del 3+2 degli anni Duemila è stata un fallimento nel suo tentativo di creare corsi professionalizzanti perché ha preteso che fossero i professori accademici a insegnare le professionalità. Infatti la riforma 3+2 non ha aumentato la mobilità sociale.

Nella legislatura appena iniziata è necessaria una riforma che introduca in Italia quel che in altri paesi c’è da 20 anni: un canale professionalizzante che parta dagli Its, gli istituti tecnici superiori che oggi realizzano corsi professionalizzanti per 8 mila studenti, e non ripeta gli errori del passato con il 3+2.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono degli autori e non investono la responsabilità delle istituzioni di appartenenza.

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