Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Ocse: «In Italia pochi laureati e poco valorizzati»

Ocse: «In Italia pochi laureati e poco valorizzati»

Negli ultimi quindici anni la performance economica dell’Italia è apparsa “piuttosto fiacca”: a fronte dei «miglioramenti nei tassi di occupazione, la produttività è rimasta stagnante, anche a causa di un livello di competenze relativamente basso, di una debole domanda di competenze avanzate e di un uso limitato delle competenze disponibili».

06/10/2017
Decrease text size Increase text size
Il Sole 24 Ore

Pierangelo Soldavini

Negli ultimi quindici anni la performance economica dell’Italia è apparsa “piuttosto fiacca”: a fronte dei «miglioramenti nei tassi di occupazione, la produttività è rimasta stagnante, anche a causa di un livello di competenze relativamente basso, di una debole domanda di competenze avanzate e di un uso limitato delle competenze disponibili». «Ravvisando la necessità di intervenire, il governo italiano ha varato un ambizioso pacchetto di riforme”, che “compongono una strategia di lungo periodo che comprende lo sviluppo e l’attuazione di politiche di promozione delle competenze».

Attuare le riforme 
Per questo l’Ocse sottolinea come nell'ambito della “Strategia nazionale per le competenze dell'Italia”, realizzata tra il luglio 2016 e il marzo 2017, «più di duecento stakeholder (rappresentanti il mondo delle imprese, dei lavoratori, dell'istruzione, degli istituti di ricerca e il governo) hanno rilevato la necessità di migliorare l'implementazione di queste riforme al fine di renderle più efficaci». Perché, non finisce mai di ribadirlo l’Ocse nel rapporto sulla “Strategia per le competenze dell’Ocse” dedicato all’Italia, la politica delle competenze deve essere considerata una priorità per l’intero paese, giungendo al pieno compimento delle riforme attuali, dalla Buona scuola al Piano Scuola digitale, dal Jobs Act al Piano per l’Industria 4.0.

D’altra parte la modesta performance delle competenze ha contribuito al ristagno economico dell'Italia; migliorare questa performance sarà, dunque, cruciale per favorire una crescita che sia sostenibile e inclusiva in tutto il territorio nazionale. Per questo la Strategia per le competenze dell’Ocse indica un piano strategico in dieci punti per affrontare il basso equilibrio delle competenze in cui si trova l’Italia, con una strategia fondata su quattro pilastri: sviluppare competenze rilevanti; attivare l'offerta delle competenze; utilizzare le competenze in modo efficace e rafforzare il sistema delle competenze.

Competenze insufficienti 
La modesta performance delle competenze “ha contribuito al ristagno economico dell'Italia; migliorare questa performance sarà, dunque, cruciale per favorire una crescita che sia sostenibile e inclusiva in tutto il territorio nazionale”. Dall’indagine dell’Ocse emerge che “i lavoratori italiani possiedono un basso livello medio di competenze e che hanno, rispetto a quanto avviene in altri paesi, minori probabilità di utilizzare specifiche competenze cognitive, che sono importanti nella performance dei lavoratori e delle imprese. Queste carenze si ritrovano anche tra laureati italiani”.

Ma non è solo il sistema scolastico a poter fare qualcosa: “Più alti livelli di competenze contribuiranno a una crescita più forte e più stabile solo se le imprese saranno capaci di usare pienamente ed efficacemente le competenze a loro disposizione. Attualmente l’Italia è intrappolata in un low-skills equilibrium, un basso livello di competenze generalizzato: una situazione in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese”. All’interno delle stesse aziende i modesti livelli di skills dei manager e dei lavoratori si combinano con bassi investimenti in tecnologie e con scarsa adozione di pratiche che ne migliorino la produttività. Il che “genera un circolo vizioso”.

A questa dinamica contribuisce il modo in cui il lavoro viene progettato e in cui le aziende sono gestite, soprattutto a causa della grande prevalenza in Italia di imprese a gestione familiare, che spesso non hanno le competenze necessarie per adottare e gestire tecnologie nuove.

Competenze squilibrate 
Il fenomeno dello skills mismatch, che si verifica quando le competenze di un lavoratore non sono allineate con quelle richieste per compiere uno specifico lavoro, è molto diffuso in Italia. Circa il 6% dei lavoratori possiede competenze basse rispetto alle mansioni svolte, mentre il 21% è sotto qualificato.

Sorprendentemente, “malgrado i bassi livelli di competenze che caratterizzano il paese, si osservano numerosi casi in cui i lavoratori hanno competenze superiori rispetto a quelle richieste dalla loro mansione, cosa che riflette la bassa domanda di competenze in Italia. I lavoratori con competenze in eccesso (11,7%) e sovra-qualificati (18%) rappresentano una parte sostanziale della forza lavoro italiana. Inoltre, circa il 35% dei lavoratori è occupato in un settore non correlato ai propri studi.

«Riequilibrare la domanda e l'offerta delle competenze richiede che le istituzioni nel settore dell'istruzione e della formazione siano più reattive ai cambiamenti, che ci siano politiche per il mercato del lavoro più efficaci, e un uso migliore di strumenti di valutazione e analisi dei fabbisogni di competenze attuali ed emergenti». Infine, sono anche necessari più sforzi da parte del settore privato e la disponibilità a collaborare con queste istituzioni pubbliche.

Riforme positive 
Riconoscendo la rilevanza di queste sfide gli ultimi governi hanno introdotto una serie di riforme ambiziose che hanno coinvolto il mercato del lavoro (Jobs Act), il sistema dell’istruzione (Buona scuola) e dell’innovazione (Piano nazionale scuola digitale e Piano nazionale Industria 4.0), riforme che “vanno nella giusta direzione e hanno il potenziale per generare quelle sinergie e complementarietà tra le politiche di cui il paese ha bisogno per rompere l’attuale equilibrio di bassa produttività e basse competenze”.

“Tutte assieme”, sostiene l’Ocse,queste novità hanno dato una spinta: sono
“circa 850mila i posti di lavoro creati da quando queste riforme sono state adottate” e “il numero di nuovi contratti a tempo indeterminato è aumentato”, anche grazie al “taglio temporaneo dei contributi” per le assunzioni stabili.

Pochi laureati, il Sud indietro 
Il livello dei salari in Italia - denuncia il rapporto - è spesso correlato all'età e all'esperienza del lavoratore piuttosto che alla performance individuale, caratteristica che disincentiva nei dipendenti un uso intensivo delle competenze
sul posto di lavoro.

La rilevazione Pisa 
D’altra parte, come risulta dalla rilevazione Pisa dell’Ocse, la stessa situazione della formazione è deficitaria: “Solo il 20% degli italiani tra i 25 e i 34 anni è laureato rispetto alla media Ocse del 30%”, mentre “gli italiani laureati hanno, in media, un più basso tasso di competenze” in lettura e matematica (26esimo posto su 29 paesi Ocse). Non solo, quelli che ci sono non vengono utilizzati al meglio: l'Italia è “l'unico Paese del G7” in cui la quota di lavoratori laureati in posti con mansioni di routine è più alta di quella che fa capo ad attività non di routine.

E, nonostante i progressi degli ultimi anni nel miglioramento della qualità dell'istruzione, resta forte il divario tra le diverse aree per le performance
degli studenti, “con le regioni del Sud che restano molto indietro rispetto alle altre”, tanto che “il divario della performance nel Pisa tra gli studenti della provincia autonoma di Bolzano e quelli della Campania equivale a più di un anno scolastico”.