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P-c-t-o! Anche con un acronimo diverso l’alternanza scuola-lavoro crea conflitto

La chiamavano "alternanza". L'hanno rinominata «Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento». Ma il contenuto, e il senso, è rimasto lo stesso: gli studenti andranno a scuola del realismo capitalista. E' polemica: la viceministra dell'Istruzione Ascani: «Vanno ripristinate le ore». Flc-Cgil: «No, va ripensata tutta». Qual è la posta in gioco? Il senso della scuola: da un lato si dice di imparare ad imparare ad usare le competenze secondo le esigenze del mercato. Dall'altro lato gli studenti possono apprendere che il diritto all'esistenza viene prima del mercato.

14/11/2019
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il manifesto

Roberto Ciccarelli

La chiamavano «alternanza scuola-lavoro». Tre anni fa gli studenti la contestavano in centinaia di piazze. In questa legislatura, con il governo «Conte 1», è stata rinominata con quel gusto sadico per il sapore tecnocratico delle cose: «Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento». L’acronimo ha un suono onomatopeico. Provate ora a scandire P-C-T-O! Significa la stessa cosa, ma la neo-lingua ministeriale ha esplicitato il vangelo che oltre un milione di studenti devono recitare non per trovare un lavoro, ma per imparare a cercare uno. Questa è la vita dove il lavoro… è quello di cercare un lavoro. Precario.

In tre anni l’«alternanza» è stata messa sotto il tappeto. Diminuite le ore obbligatorie, definanziata, sospesa l’obbligatorietà per accedere all’esame di maturità. Ma, anche sotto il tappeto, i problemi scalciano. Leggendo le nuove linee guida del P-C-T-O, approvate poche settimane fa, abbiamo avuto una conferma: siamo nella società «delle competenze». Nel «Sillabo per l’educazione all’imprenditorialità», emanato dal Miur come Pio IX nel 1864 quando elencò gli 80 errori del mondo moderno, si spiega a cosa servono le «competenze»: a diventare imprenditori di se stessi che investono il «capitale umano» non su un lavoro specifico, ma nella capacità di apprendere ad apprendere. Lo studente non è considerato un soggetto capace di affermare il proprio diritto all’esistenza. Invece si «alterna» su se stesso: si fa concavo e convesso rispetto alle richieste dell’impresa. Quando sentirete P-C-T-O! significa: come tu mi vuoi, padrone. Non è esattamente l’idea della scuola ispirata alla Costituzione. È la scuola del realismo capitalista. La scuola che viviamo tutti i giorni.

Il sei novembre il ministro dell’Istruzione Fioramonti (Cinque Stelle) ha annunciato che non rinnoverà una delle convenzioni più simboliche del progetto: quella con Mc Donald’s. Poche ore dopo la notizia di un’«alternanza» in un’industria di munizioni a Lecco (Il Manifesto 8 novembre) è diventata l’oggetto di un’interrogazione parlamentare di Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). Gli studenti dell’Uds hanno manifestato a l’otto novembre scorso contro l’«approvazione antidemocratica» delle nuove linee guida dell’«alternanza» scritte quando al Miur c’era il leghista Bussetti. In più sono state bocciate dal Consiglio superiore della pubblica istruzione. Fioramonti ha mostrato di condividere le critiche di chi ha chiesto «criteri chiari ed etici»: «Le aziende – ha detto – devono svolgere un ruolo formativo e orientare i ragazzi al bene comune ambientale». Un’espressione usata dal ministro in un forum con «La tecnica della scuola» del 13 ottobre è interessante: «Basta con gli stage nei fast food, servono aziende con pedigree» ha detto. Pedigree indica l’albero genealogico degli animali e si usa in genetica umana e in botanica. Ora anche per le aziende.

Nel ministero di Viale Trastevere si vorrebbe ripristinare la riforma renziana nella sua pienezza, «L’alternanza è un diritto dei giovani a capire cosa c’è dopo la scuola – ha detto la vice ministra all’Istruzione, Anna Ascani (Pd) in un incontro con i giovani imprenditori di Confartigianato – La riduzione delle ore è un errore molto grave. Vanno ripristinate». Ovvero: 200 ore per i licei e 400 per i tecnico-professionali. Perché fuori e dentro la scuola resta la divisione tra lavoro intellettuale e lavoro esecutivo sulla quale è costruita la scuola. «È sorprendente come Ascani non abbia saputo cogliere le elaborazioni e i segnali di difficoltà arrivati dalla scuola – ha replicato la Flc Cgil che chiede il ritiro delle «linee guida»- L’alternanza va riportata a una libera opzione, una possibilità di apprendimento laboratoriale e scelta dalle scuole, non imposta dall’alto e con l’amplificazione della disuguaglianza di opportunità tra Nord e Sud». Non sarà forse il pedigree delle aziende a rendere etica l’alternanza. Pardon: P-C-T-O!ù