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Pantaleo: «Questo non è un Paese per ricercatori»

Il segretario generale della FLC CGIL a RadioArticolo1: “I nostri migliori talenti ottengono grandi risultati all'estero, mentre il governo italiano li umilia. Per questo siamo pronti a una grande mobilitazione, che intrecceremo con la campagna per la Carta dei diritti".

27/02/2016
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Rassegna.it

La ricerca in Italia ha bisogno di essere salvata. Lo chiede in maniera esplicita la lettera pubblicata di recente da un gruppo di studiosi dell'Unione europea sulla rivista scientifica “Nature” .
”E questo accade perché il governo non crede alla funzione centrale della ricerca come motore per cambiare la specializzazione produttiva del paese, per innalzare i livelli di conoscenza, per globalizzare il nostro sistema e migliorare le nostre condizioni sociali.” A dirlo, ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1 è Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil.

“Il nostro governo - continua Pantaleo - non ha evidentemente capito che, ad esempio, la ricerca può migliorare la sanità e l'ambiente, e garantire condizioni di maggiore vivibilità delle nostre città. La politica continua invece a perseguire l'idea che la competitività della nostra economia possa essere determinata solo dall'abbassamento dei diritti e dei salari e non innovando profondamente il sistema economico e produttivo”.

Il sindacato della scuola e dell'università della Cgil, al contrario, “vuole sottolineare la funzione determinante che hanno i nostri ricercatori, che spesso sono costretti a emigrare perché qui non trovano le condizioni favorevoli per sviluppare appieno le loro tante competenze. Competenze invidiate in tutto il mondo e che stanno contribuendo a grandi scoperte sul versante scientifico e tecnologico. Il paradosso è che i ricercatori italiani all'estero vengono apprezzati, mentre qui da noi vengono umiliati”.  

Una situazione evidenziata anche dalla recente polemica sui ricercatori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare che hanno contribuito alla scoperta delle onde gravitazionali, e che sono stati elogiati al presidente del Consiglio e dalla ministra Giannini, anche se hanno lo stipendio bloccato da sette anni, nessuna possibilità di carriera, e un salario accessorio più basso rispetto agli altri enti italiani. “Un ricercatore in Italia - ricorda Pantaleo - se gli va bene prende 1.500 euro, ed è molto spesso precario. Eppure basterebbe affacciarsi in una università per scoprire la verità. La mancanza di prospettive, i pochi fondi, l'assenza di stabilità. Una cosa è certa: bisognerebbe investire molto di più su questi settori, sui talenti, sulle nuove generazioni. Solo così si può perseguire una strada di cambiamento del modello economico, sociale e produttivo di questo paese”. 

“Le politiche italiane, invece - continua il segretario Flc - sono finalizzate all'idea che quello che conta sono solo le decisioni dell'impresa, che l'impresa è al centro di tutto. Io credo che sia una visione sbagliata, perché i grandi paesi stanno invece puntando sui processi di sviluppo tecnologico e sociale. L'idea  che all'ideologia dell'impresa venga subordinato tutto non ci porterà molto lontano”.  

Anche per questo i sindacati hanno già annunciato una mobilitazione negli atenei capace di coinvolgere tutti, docenti, ricercatori e studenti, ma anche di intrecciarsi con la campagna confederale per la Carta dei diritti universali del lavoro. “La Carta - conclude Pantaleo - è un punto di riferimento importante anche nei nostri comparti, perché parla a tutti, e si rivolge alle tante condizioni di lavoro differenti che ci sono all'interno dell'università e della scuola. Crediamo che sia arrivato il momento di ricomporre il lavoro, di garantire a tutti i diritti universali sul versante contrattuale e sul versante legislativo. E soprattutto di dare pari dignità a ogni lavoro, anche negli atenei italiani”.