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Porte aperte sulla ricerca

È scontro sull'open access tra studiosi e riviste scientifiche

04/09/2019
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La Stampa

Stefano Massarelli


Tempesta nel mondo della ricerca e dell'editoria scientifica: a scatenarla, un anno fa, il 4 settembre 2018, è stato il documento «Plan S» per l'accesso aperto ai risultati della ricerca ad opera di Science Europe, l'associazione che riunisce alcuni dei più importanti istituti di ricerca europei, tra cui l'Infn.
«Nessun articolo scientifico deve rimanere bloccato dietro i contenuti a pagamento», è l'ammonizione nel documento, secondo cui i ricercatori che ricevono fondi pubblici dagli istituti aderenti al programma - i quali finanziano studi per 7,6 miliardi di euro l'anno - saranno obbligati a pubblicare in forma aperta - in open access - dal 2020. Ad appoggiare il documento sono oggi la Commissione Europea, l'Oms e la Fondazione Bill&Melinda Gates e la sua portata rivoluzionaria è dimostrata dal fatto che l'85% delle riviste scientifiche, tra cui «Nature» e «Science», non rispondono ai requisiti del «Plan S».
Ciò significa che buona parte del mondo della ricerca europea potrebbe non pubblicare più i suoi studi sulle riviste d'eccellenza, a patto che non si registrino importanti cambiamenti nell'editoria. «Nella bozza del documento si indicava il 1° gennaio 2020 come data oltre la quale i ricercatori finanziati da quegli istituti avrebbero dovuto avviare le pubblicazioni solo in open access. La data è stata ora prorogata al 1° gennaio 2021», racconta Barbara Nelli, docente all'Università dell'Aquila e tra i protagonisti del XXI Congresso dell'Unione Matematica Italiana in corso a Pavia, con al centro del dibattito il tema proprio dell'open access.
«L'accesso aperto ha molti aspetti positivi - spiega Barbara Nelli. - Permette, per esempio, di diffondere liberamente i prodotti del proprio lavoro con ricadute positive sul sistema produttivo. Tuttavia esistono aspetti su cui è necessario discutere». Tra questi, il fatto che oggi la carriera dei ricercatori è valutata dalle pubblicazioni su riviste autorevoli che, nella maggior parte dei casi, non sono ad accesso aperto. Ricevere un finanziamento pubblico, quindi, potrebbe avrebbe l'effetto paradossale di danneggiare una carriera. In secondo luogo non è chiaro se i dettami del «Plan S» siano necessari anche nel caso di studi condotti da ricercatori europei in collaborazione con colleghi statunitensi o cinesi.
Sul tavolo, infine, ci sono i modelli di business che permetterebbero alle riviste di pubblicare liberamente le ricerche, con risvolti negativi per alcuni ricercatori. Uno dei modelli più diffusi - chiamato "Article Processing Charges" - prevede che il ricercatore stesso o l'istituzione paghino la rivista per rendere i contenuti accessibili. I costi della pubblicazione sono compresi tra i 2 e i 6 mila euro. «Considerando le cifre, le istituzioni con risorse limitate si trovano nella delicata posizione di dover scegliere cosa pubblicare. Inoltre i ricercatori che non hanno un istituto importante alle spalle avrebbero non poche difficoltà a pubblicare», sostiene Nelli. Una soluzione potrebbe arrivare dalle contrattazioni collettive nazionali tra enti di ricerca ed editori.
In Germania, per esempio, alcune istituzioni hanno raggiunto un accordo con l'editore Wiley per la pubblicazione libera. «Ci auguriamo che accordi simili siano portati avanti anche nel nostro Paese». Intanto, dopo i recenti scontri («se ritenete che le informazioni debbano essere gratuite andatevene su Wikipedia», tuonava il vicepresidente di Elsevier), sembra essere tornato un clima più sereno. Il merito va ad alcune modifiche nel «Plan S» che, oltre a prorogare l'inizio della nuova era open access al 2021, permetterebbero ai ricercatori di pubblicare anche su riviste ad accesso ibrido, come «Science» e «Nature», a patto che gli editori avviino trasformazioni in direzione open access. Così Steven Inchcoombe, direttore della casa editrice che diffonde «Nature», ha promesso nuovi sviluppi per le riviste del suo gruppo. Obiettivo: venire incontro alle esigenze di apertura della ricerca verso la società. —