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Precario uno su tre così vive la ricerca

Generazioni tradite

22/11/2017
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la Repubblica

Sono eccellenti, sono precari. Matteo, Salvatore, anche Danilo.

Costruiscono successi industriali, successi altrui, a 1.680 euro netti al mese, se il mese è senza conguagli. Daniela brevetta, invece, terapie anticancro. Sonia ha il record di missioni in Antartide e il record di precariato al Consiglio nazionale delle ricerche: venticinque anni a spezzoni di contratto. Era sulla Barriera di Ross la dottoressa Migliorini quando nel 2006 la sede amministrativa di Piazzale Aldo Moro 7, Roma, dirimpetto l’Università La Sapienza, aprì una finestra per l’assunzione: così lontana, non pots coglierla.

I precari del Cnr costruiscono successi per altri, brevettano salvavita, non progettano però la loro vita. Dopo tre mesi quei milleseicentottanta euro possono smettere di arrivare. Fine contratto. Poi il Cnr rinnova. Non promuove ns stabilizza, ma rinnova quasi sempre. Un assegno di ricerca senza ferie ns malattia pagata, un “co.co.co” più l’assicurazione: l’interruzione del rapporto di lavoro ogni volta fa cadere gli scatti d’anzianità maturati.

Si deve spesso ripartire da capo, e da precari, sul piano inclinato di una scienza pubblica che al Consiglio nazionale delle ricerche è fatta di 4.731 lavoratori a tempo determinato sugli 11.703 distribuiti nei 108 istituti del Paese. Sono il 40,4 per cento, gli assunti a tempo. Due ogni cinque. E sono ventidue gli enti di ricerca, vigilati da sette ministeri: contano quasi diecimila precari per oltre trentamila dipendenti.

«Ho un compagno, non ho un figlio», dice Daniela Gaglio, biologa clinica, laureata a Palermo, dottorata alla Bicocca di Milano, volata al Mit di Boston dopo l’università italiana, oggi proprietaria con altri tre scienziati del brevetto per una terapia personalizzata contro il cancro al polmone, alle ovaie, alle mammelle. «Ho 40 anni e vorrei un figlio». Non può non per il matto e disperatissimo lavoro che l’assorbe, piuttosto per l’incertezza di quei 1.680 euro mensili. Se il brevetto dei due farmaci oncologici — già esistenti, ma per la prima volta da provare insieme — agirà sull’uomo come oggi agisce sui topi fermando la proliferazione delle cellule tumorali, la dottoressa sarà milionaria. Nell’attesa Daniela Gaglio inizia ad accusare questo precariato d’eccellenza lungo quattordici anni, gli ultimi sei trascorsi al Cnr. «Al Mit ho rifiutato due post-doc, 4.500 euro al mese l’uno, poi un terzo contratto in Belgio. Volevo fare qualcosa per il mio Paese e sono rientrata. I nostri ricercatori fanno crescere gli Stati Uniti, la Francia, l’Olanda, perchs non dare un’opportunità all’Italia?».

In via Vallerano, Roma Pontina, Salvatore Marrone, ingegnere ambientale di 33 anni, mostra la seconda vasca sperimentale più grande d’Europa, la più larga catapulta industriale. È l’ex Insean, la Vasca navale. Un’idea grande realizzata nei Sessanta quando l’Italia credeva nella sua ricerca, credeva in ss. Soppresso come ente inutile da Giulio Tremonti nel 2010, l’Insean è stato accorpato al Cnr. Oggi in questa piana attraversata dai cinghiali quarantun ricercatori (soltanto) sottopongono modelli di imbarcazioni a violenti moti ondosi. In Francia i singoli gruppi di lavoro su un dossier di ingegneria navale sono formati da trenta persone, «noi siamo in tre».

Per dire, quelli della Vasca navale sono stati chiamati dalla Hyundai, multinazionale coreana: 200mila euro su un progetto per mitigare il rischio del trasporto gas sulle navi. Ma i privati pagano a fine lavoro e il Cnr ha dovuto chiedere un prestito agli altri enti di ricerca per far lavorare i suoi sulla commessa privata. Non aveva soldi in cassa.

«Le nostre giornate sono un’affannosa ricerca di denaro per l’ente, una caccia a contratti privati di scarso spessore scientifico», spiega Luca Mauro, progettista meccanico e navale, portavoce dei Precari uniti del Consiglio. «Quando siamo entrati al Cnr abbiamo smesso di pubblicare cose rilevanti, non ne abbiamo più il tempo». Il loro ranking scende, il Cnr si impoverisce, il Paese non cresce.

Ieri sera i precari hanno occupato la sede di Palermo: dormono lì.

Insieme ai colleghi scienziati assunti, i precari uniti ogni anno raddoppiano il budget del Consiglio nazionale: i finanziamenti pubblici per il 2017 sono stati pari a 562,8 milioni di euro (erano 700 milioni prima di Tremonti), il fatturato finale è arrivato a un miliardo e 135 milioni. Gli assegni in surplus alla ricerca italiana sono arrivati grazie a matematici come Matteo Antuono, 37 anni, precario dal 2008, chiamato in quattro giorni a calcolare la potenza delle onde che s’infrangevano contro il relitto della Costa Concordia appoggiata sulla roccia dell’Isola del Giglio.

Grazie a ingegneri come Danilo Durante che hanno messo a punto qui — lui da precario, in ogni stagione — le avventure oceaniche del Moro di Venezia, di Azzurra, di Luna Rossa.

Qualcuno, alla fine, non ha retto alla mancanza di risorse pubbliche. Sara Di Lonardo, Istituto di biometeorologia di Firenze, nel 2013 ricevette un premio da 5.000 euro dal presidente del Senato. Il Cnr l’ha scaricata, è andata a insegnare scienze alle scuole medie.