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"Regalerò i soldi del premio ai miei alunni nei sobborghi”

Il Global teacher Prize ad Andria Zafirakou, professoressa di arte in uno dei quartieri multietnici più difficili di Londra

19/03/2018
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la Repubblica

Cristina NAdotti

Essere insegnanti non è una scelta, è più una vocazione, un destino che si compie, il mio è un modo di intendere la vita. È qualcosa dentro di te, che si riflette su come ti proponi agli studenti. È molto di più che lavorare e guadagnare uno stipendio». Andria Zafirakou, insegnante inglese di arte, 39 anni, è la migliore al mondo secondo il comitato della “Varkey Foundation”, che le ha assegnato il “Global teacher Prize”. Non solo un riconoscimento formale, avrà un milione di dollari da spendere in progetti di istruzione.

Cosa hanno visto in lei?

«Credo la mia determinazione a dare a ogni ragazzo una possibilità, perché mi creda, tutti la meritano, tutti possono riuscire in qualcosa».

Figlia di immigrati dalla Grecia e ora docente in una scuola di immigrati, è casuale?

«No, ho scelto la scuola di Brent, uno dei sobborghi più degradati di Londra, perché ho sempre amato la diversità e la multiculturalità. I miei studenti, che hanno dagli 11 ai 18 anni, parlano 35 lingue diverse, spesso quando arrivano da noi non sanno una parola di inglese. Sono poveri, le loro famiglie vivono in case dove loro non hanno neanche un tavolino per fare i compiti. E noi abbiamo il dovere di fare di tutto perché, come è successo, diventino medici laureandosi a Oxford o disegnatori di moda».

Sul palco, dopo l’annuncio, è sembrata a suo agio. In fin dei conti è abituata perché anche insegnare è organizzare uno spettacolo?

«In un certo senso (ride di gusto).

Però ho un uragano dentro, non mi sono mai sentita così vulnerabile.

Ero una insegnante e ora ho tutta questa attenzione. Per fortuna la fondazione ci sostiene non soltanto con il premio».

Si sente vulnerabile su un palco e non in un quartiere come Brent, con un tasso di omicidi ben sopra la media di Londra?

«È vero, il quartiere è difficile, ma proprio per questo dobbiamo sentirci al sicuro nella scuola, dove i ragazzi sono se stessi. Fuori devono fare cose da adulti, come sostenere le loro famiglie o occuparsi dei fratelli più piccoli. In classe no, altri si prendono cura di loro».

Qual è il modo migliore per farli sentire protetti?

«Ai nuovi colleghi dico che la cosa più importante da fare è creare subito un rapporto personale con i ragazzi, il nostro è un insegnamento molto personalizzato. Hanno vite durissime, noi siamo coloro a cui possono rivolgersi con fiducia, perché abbiamo sempre a cuore prima di tutto il loro bene».

Le gang del quartiere vi creano problemi?

«Sì, ma non ne voglio parlare. Abbiamo un’ottima collaborazione con la polizia locale, per queste cose ci vuole un aiuto professionale».

Quanto di quel che fa è iniziativa personale e quanto programmazione didattica condivisa?

«Certi obiettivi si raggiungono solo con una rete di intenti e sostegno di tutta la scuola. Io insegno una sola materia, la loro formazione non è fatta soltanto di arte».

Quanto tempo passa a scuola?

«Quel che conta è quanto lavoro per la scuola. In pratica ogni momento della mia giornata, perché anche quando mi occupo dei miei due figli mi vengono idee o rimugino su strategie didattiche. E dopo averli messi a letto torno al computer».

Come investirà il milione?

«In iniziative per promuovere l’arte nella scuola e nella comunità».